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Notiziario Marketpress di
Lunedì 25 Giugno 2012 |
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UNO STUDIO RIVELA CHE NON VI È ALCUN LEGAME TRA LA DEPRESSIONE E LA SOLITUDINE DEGLI ANZIANI
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Bruxelles, 25 giugno 2012 - A nessuno piace essere solo, ma gli anziani sono i più vulnerabili perché soffrono di una miriade di problemi di salute e sono a più alto rischio di morire, mostra un nuovo studio dell´Università della California, San Francisco (Ucsf) negli Stati Uniti. I risultati sono stati presentati sulla rivista Achives of Internal Medicine. I ricercatori dell´Ucsf hanno esaminato i dati in uno studio rappresentativo di tutta la nazione, chiamato Studio sulla salute e la pensione e condotto dall´Istituto nazionale per l´invecchiamento nel periodo 2002-2008, per studiare gli effetti della solitudine sugli anziani. "Nel nostro tipico modello medico, non pensiamo che i sentimenti soggettivi abbiano effetti sulla salute," ha detto l´autore principale, la professoressa Carla Perissinotto del dipartimento di geriatria presso l´Ucsf. "È interessante scoprire che la solitudine è indipendentemente associata a un più alto tasso di mortalità e declino funzionale." Precisiamo che i ricercatori hanno determinato che non c´è alcun legame tra la solitudine e il fatto di vivere da soli. Hanno osservato che del 43% dei soggetti che si sentivano soli, appena il 18% viveva da solo. "Ci interessa identificare i diversi fattori che causano un deterioramento funzionale degli adulti e li mettono a rischio di essere ricoverati in una casa di riposo," ha spiegato la dott.Ssa Perissinotto. "L´invecchiamento della nostra popolazione e le maggiori probabilità di essere ricoverati in un istituto fanno si che sia per noi importante pensare a tutti i fattori che mettono gli anziani in pericolo, compresi i rischi sociali e ambientali." Il team di Ucsf ha concentrato la sua attenzione sulla mortalità e sulla diminuzione della capacità di una persona di svolgere attività di routine, come camminare e salire le scale. I risultati hanno mostrato che i soggetti che si sentono soli hanno un tasso di rischio normalizzato di 1,59 ovvero il 59% di rischio in più di deperimento. Il tasso di rischio è risultato 1,45 ovvero un rischio maggiore del 45% di morte per casi fatali. "È uno di quei risultati che non si vorrebbero mai ottenere perché è stato terribile scoprire che era proprio vero," ha sottolineato la professoressa Perissinotto. "Abbiamo cominciato l´analisi pensando che c´era il rischio di non trovare niente, ma c´è in realtà una forte correlazione." Secondo i ricercatori, gli effetti che la solitudine ha sugli anziani sono diversi dall´impatto che la depressione ha su di loro. La solitudine colpisce persone che sono pienamente funzionali ma si sentono abbandonate. Le persone che soffrono di depressione non hanno motivazione, energia e sono infelici. Il team ha detto che la popolazione che invecchia della generazione del "baby boom", persone nate tra il 1946 e il 1964, raddoppierà entro il 2050, raggiungendo gli 88,5 milioni. La professoressa Perissinotto ha detto che la cosa fondamentale è introdurre servizi medici e sociali completi per gli anziani. È anche importante ricordarsi di quali tipi di interventi sociali gli anziani hanno bisogno, ha aggiunto. "Chiedere delle malattie croniche non è abbastanza," hanno detto i ricercatori dell´Ucsf. "Ci sono molti altri fattori nelle case delle persone e nelle loro comunità che hanno effetti sulla loro salute. Se non chiediamo che ce ne parlino, tralasciamo un fattore di rischio molto importante e indipendente. Non pensiamo di poter cambiare la genetica, ma possiamo intervenire quando qualcuno si sente solo e aiutare a prevenire in qualche modo il declino funzionale." Per maggiori informazioni, visitare: University of California, San Francisco (Ucsf): http://www.Ucsf.edu/ Archives of Internal Medicine: http://archinte.Jamanetwork.com/journal.aspx |
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