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Notiziario Marketpress di
Lunedì 02 Luglio 2012 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: IL REGIME ITALIANO SUL RIALLINEAMENTO FISCALE APPLICABILE AL SETTORE BANCARIO, ISTITUITO NEL 2004, COSTITUISCE UN AIUTO DI STATO ILLEGITTIMO CHE DEVE ESSERE RESTITUITO DAGLI ISTITUTI BANCARI
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Tale regime implica un vantaggio selettivo, non giustificato dalla natura del sistema fiscale La normativa europea relativa al regime fiscale comune delle fusioni, scissioni, conferimenti di attivi e scambi di azioni di società situate in due o più Stati membri ha previsto un regime di neutralità fiscale in caso di conferimenti di attivi tra società. Il meccanismo di «disallineamento fiscale» o di «neutralità fiscale» consiste, nel caso di un’operazione di conferimento di attivi, nel non adeguare immediatamente il valore fiscale al valore contabile. Per contro, il meccanismo di «riallineamento fiscale» è un’operazione fiscale consistente nell’adeguare il valore fiscale degli attivi al loro valore contabile ed introduce il riconoscimento della plusvalenza fiscale risultante dal conferimento il quale viene, quindi, assoggettato ad imposta. Nel 1990, la normativa italiana prevedeva che il conferimento di attivi fosse assimilabile, sul piano fiscale, alla cessione di attivi ed era soggetto ad imposta sulla plusvalenza (differenza tra il valore contabile dell’attivo conferito ed il suo valore fiscale). Inoltre, la legge n. 218/90 perseguiva l’obiettivo di razionalizzare le attività bancarie in Italia e, in particolare, di consentire agli istituti bancari pubblici di assumere la forma di società per azioni. Al fine di agevolare tali operazioni, detta normativa prevedeva un regime di neutralità fiscale parziale a concorrenza dell’85% della plusvalenza realizzata al momento del conferimento degli attivi bancari. Tale regime di neutralità fiscale parziale implicava un doppio disallineamento, tanto a livello degli attivi conferiti (nella contabilità delle società beneficiarie dei conferimenti), quanto delle azioni ricevute in cambio (nella contabilità degli istituti conferenti). Gli istituti conferenti erano immediatamente assoggettati ad imposta sul restante 15% della plusvalenza, all’aliquota ordinaria di imposizione sulle società. Una legge del 1993 ha successivamente imposto agli enti pubblici del settore bancario di cui lo Stato detenesse il fondo di dotazione di assumere la forma della società per azioni. Nel 2000 è stato poi istituito un regime di rivalutazione contabile degli attivi ed un regime di riallineamento fiscale ai valori contabili per le società di cui alla legge n. 218/90 nonché per le altre società . Le leggi finanziarie del 2002 e del 2004 hanno prorogato il regime di rivalutazione e di riallineamento istituito nel 2000. Tuttavia, la legge finanziaria del 2004 non ha prorogato il regime di riallineamento fiscale per i conferimenti di attivi di società al di fuori di quelli operati nell’ambito della legge n. 218/90. Nel 2008 la Commissione ha adottato una decisione , secondo cui i regimi di riallineamento fiscale istituiti nel 1990, nel 2000 e nel 2001 costituivano misure fiscali generali giustificate dalla logica del sistema. Esse non potevano essere qualificate come aiuti di Stato. Infatti, l’imposta sostituiva era applicabile secondo le stesse modalità a tutte le società, a prescindere che esse fossero bancarie o meno. Per contro, la Commissione ha rilevato che la legge finanziaria del 2004 – peraltro non notificatale – non costituiva una misura generale, in quanto riservava dei vantaggi a taluni istituti di credito, nell’ambito delle sole riorganizzazioni attuate in applicazione della legge n. 218/1990. Gli altri istituti di credito e le altre società non avrebbero potuto beneficiare di tale regime di riallineamento fiscale. Conseguentemente, la Commissione ha ritenuto che il regime applicabile al settore bancario implicasse un vantaggio selettivo che si ripercuoteva sul miglioramento della competitività di talune imprese, non giustificato dalla natura del sistema fiscale italiano. Conseguentemente, tale regime costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, illegittimamente attuato dall’Italia, aiuto che doveva essere quindi recuperato nei confronti delle banche beneficiarie. Con sentenza pronunciata nel 2010 , il Tribunale ha respinto la domanda di annullamento della decisione della Commissione proposta dalla Bnp Paribas e Bnl, beneficiarie dell’aiuto di Stato in questione. Con l’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di giustizia, la Bnp Paribas e la Bnl contestano, in particolare, al Tribunale di non aver verificato se il regime fiscale controverso fosse, o meno, giustificato dalla natura e dall’economia generale del sistema fiscale italiano. La Corte ricorda che la nozione di aiuto di Stato ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione, il giudice dell’Unione deve esercitare, tenuto conto degli elementi concreti della causa e del carattere tecnico delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo delle misure nazionali. La Corte ritiene che il Tribunale, non avendo esercitato un controllo completo sulla questione se il regime di riallineamento fiscale costituisse un aiuto di Stato, è incorso in un errore di diritto: la sentenza impugnata dev’essere conseguentemente annullata. La Corte ritiene, tuttavia, che lo stato degli atti consenta la decisione della controversia. Essa ha quindi esaminato l’argomento, dedotto dalla Bnp Paribas e dalla Bnl dinanzi al Tribunale, secondo cui il regime fiscale controverso risulterebbe giustificato dal complesso del sistema fiscale italiano. La Corte rammenta, a tal riguardo, che la nozione di aiuto di Stato non riguarda i provvedimenti statali che stabiliscono una differenziazione tra imprese, qualora tale differenziazione risulti dall’economia del sistema in cui tali provvedimenti si collocano. La Corte rileva che la normativa italiana ha successivamente istituito due regimi distinti di neutralità fiscale sulle plusvalenze realizzate a seguito di operazioni di conferimento di attivi tra società, l’una dell’ambito della ristrutturazione del settore bancario e l’altra per le operazioni di conferimento di attivi in cambio di azioni realizzate tra le altre società. Nel 1995 è stato istituito un regime di riallineamento fiscale riservato alle plusvalenze generate da operazioni di conferimento di attivi in cambio di azioni realizzate nell’ambito della ristrutturazione del settore bancario. La Corte riconosce che i regimi di riallineamento previsti dalle leggi nn. 342/00 e 448/01 consentivano di riconoscere le plusvalenze realizzate a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva uniforme per tutte le imprese e potevano essere considerate quali misure fiscali generali, giustificate dalla logica del sistema fiscale italiano. Per contro, la legge finanziaria del 2004 ha prorogato il regime solamente per le società beneficiarie dei conferimenti di attivi a seguito di operazioni realizzate nell’ambito della legge n. 218/1990. Il governo italiano ha d’altronde riconosciuto che il regime procurava un vantaggio fiscale per gli istituti bancari, mentre le altre società non potevano più beneficiarne. Conseguentemente, la Corte dichiara che il regime fiscale controverso previsto a favore degli istituti bancari non era giustificato dalla logica del sistema fiscale italiano e respinge, quindi, i ricorsi della Bnp Paribas e della Bnl. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 21 giugno 2012, Sentenza nella causa C-452/10 P, Bnp Paribas e Banca Nazionale del Lavoro Spa (Bnl) / Commissione) |
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