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Notiziario Marketpress di Mercoledì 04 Luglio 2012
 
   
  SEQUENZIATO IL GENOMA DEL MOSCERINO DEI PICCOLI FRUTTI

 
   
  Trento - Dopo il sequenziamento del genoma della vite, del melo e della fragola a San Michele all’Adige è stato raggiunto un altro importante risultato in questo campo. Un team multidisciplinare di ricercatori della Fondazione Edmund Mach, infatti, ha sequenziato il genoma di Drosophila suzukii, il moscerino che preoccupa da qualche anno i produttori di piccoli frutti in tutto il mondo. La scoperta è stata illustrata oggi in conferenza stampa dal presidente della fondazione Edmund Mach Francesco Salamini e dal direttore del centro ricerche e innovazione Roberto Viola, alla presenza del presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai. Accanto a loro anche il ricercatore del Mach Omar Rota-stabelli e il presidente della cooperativa Sant´orsola Silvio Bertoldi. Per raggiungere l’obiettivo si è partiti da alcuni insetti raccolti in Valsugana, la zona più importante per la produzione di piccoli frutti in Italia e che ha fronteggiato le conseguenze più gravi dagli attacchi dell’insetto. Si è fatto uso delle moderne tecnologie di sequenziamento che rispetto ad un recente passato sono molto più efficaci ma anche di gran lunga meno dispendiose. I dati sono stati depositati in una banca dati internazionale al fine di condividerli con la comunità scientifica mondiale che si occupa di questa problematica. Il progetto dei ricercatori della Fondazione Edmund Mach di San Michele prevede di utilizzare questi dati per chiarire gli ancora numerosi punti oscuri sull’origine dell’insetto ed accelerare la messa a punto di metodi di controllo innovativi, sfruttando anche l’enorme mole di conoscenze prodotte su Drosophila melanogaster, il moscerino dell’aceto, parente stretto di Drosophila suzukii e organismo modello per eccellenza. Questa scoperta potrebbe quindi contribuire a capire come contrastare in maniera efficace il moscerino dei piccoli frutti, favorendo l’attività agricola dei produttori. Originario del sud-est asiatico, Drosophila suzukii si è diffusa contemporaneamente negli Stati Uniti e Canada, ed in Europa nel 2008-2009. Attualmente è segnalata nella maggior parte delle regioni d’Italia, in Francia, Spagna, Svizzera, Austria, Germania, Belgio, Slovenia e Croazia. Questo insetto può infestare un’ampia gamma di piante e le sue femmine, a differenza delle altre drosofile che attaccano frutti già in deperimento, inseriscono l’uovo direttamente nella polpa dei frutti sani prima che essi giungano a completa maturazione, portandoli al disfacimento in pochi giorni. Finora l’efficacia dei trattamenti chimici è risultata insufficiente e la mancanza di adeguate strategie di controllo alternative in particolare per le colture di piccoli frutti sta destando sempre più preoccupazione tra i produttori del settore. Alla Fondazione Mach un gruppo di lavoro composto da ricercatori e sperimentatori del Centro Ricerche e Innovazione e del Centro di Trasferimento Tecnologico è impegnato in numerose indagini volte a individuare mezzi di controllo sostitutivi o integrativi alla difesa chimica. Risultati incoraggianti si sono ottenuti utilizzando trappole e reti anti-insetto. Promettenti su lungo periodo sembrano essere anche le metodiche biologiche che sfruttano l’azione di limitatori naturali o che operano interferendo con il comportamento riproduttivo e sul rapporto con le piante ospiti. “Il sequenziamento del genoma di Drosophila suzukii – ha affermato il direttore del Centro Ricerca e Innovazione, Roberto Viola - rappresenta un ulteriore tassello che contribuirà allo sviluppo di biotecnologie mirate al controllo di questa nuova specie invasiva. E’ un’occasione per stabilire anche un ponte più diretto tra la ricerca di base e l’applicazione e per creare una task force pronta ad intervenire nei confronti di altre specie esotiche invasive, problematica sempre più d’attualità in campo agricolo e sanitario. Il raggiungimento di questo risultato – ha concluso Viola – è stato possibile anche grazie al recente accordo di collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler, che ha consentito un rapido assemblaggio del genoma”. Un team multidisciplinare di ricercatori della Fondazione Edmund Mach (Fem) ha sequenziato e reso pubblico il genoma di Drosophila suzukii, il famigerato moscerino che sta destando preoccupazione tra i produttori di piccoli frutti in Trentino e in tutto il mondo. Il genoma della Drosophila suzukii nuove opportunità per il controllo sul territorio. La Drosophila suzukii Originario del sud-est asiatico, negli ultimi 4 anni la D. Suzukii si è diffusa contemporaneamente negli Stati Uniti e in Europa. A differenza dei comuni moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) che troviamo nelle nostre case, questo insetto predilige un’ampia varietà di piccoli frutti freschi, soprattutto fragole e lamponi, ma anche alcune varietà di uva. Le femmine utilizzano un ovopositore robusto e seghettato per inserire l’uovo direttamente nella polpa dei frutti sani prima che essi giungano a completa maturazione, portandoli al disfacimento in pochi giorni. Finora l’efficacia dei trattamenti chimici è risultata insufficiente e un gruppo di lavoro composto da ricercatori del Centro Ricerche e Innovazione e del Centro di Trasferimento Tecnologico della Fem è già ora impegnato in numerose indagini volte a individuare mezzi di controllo sostitutivi o integrativi alla difesa chimica. Risultati incoraggianti si sono ottenuti per esempio utilizzando trappole e reti anti-insetto. Promettenti su lungo periodo sembrano essere anche le metodiche biologiche che sfruttano l’azione di limitatori naturali o che operano interferendo con il comportamento riproduttivo e sul rapporto con le piante ospiti. L’efficacia e lo sviluppo di queste metodiche sono però fortemente legate alla conoscenza dettagliata della biologia dell’animale e del suo corredo genetico. Un genoma per la ricerca Il genoma di D. Suzukii è un’occasione unica per stabilire un ponte diretto tra la ricerca di base e quella applicativa. In particolare Il genoma di D. Suzukii rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo di biotecnologie mirate al controllo di questa nuova specie invasiva. Questa iniziativa è anche il punto di partenza per la creazione di una task force pronta a intervenire nei confronti di altre specie esotiche invasive, problematica sempre più d’attualità sia in campo agricolo che sanitario. Non saranno solamente vari gruppi di ricerca in Fem a giovare dal sequenziamento del genoma. Infatti, come afferma il direttore del Centro di Ricerca e Innovazione della Fem, Roberto Viola, un “rilascio” pubblico del genoma consentirà a decine di gruppi sparsi per il mondo di aver un valido compendio per la ricerca e lo sviluppo di nuovi sistemi di lotta per quello che è un problema per l’agricoltura di molti paesi. Il gruppo di lavoro - L’avvento di moderne tecnologie consente oggi di sequenziare piccoli genomi come quello di D. Suzukii a fronte di un minimo investimento. Rispetto a qualche anno fa, quando il lavoro di sequenziamento rappresentava la maggior parte del lavoro, oggi è fondamentale avere macchine di calcolo e personale in grado di decifrare correttamente il genoma. È proprio mediante l’uso di queste risorse computazionali, in parte fornite anche dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento e dall’Università di Edimburgo (Uk), che è stato possibile ottenere in tempi molto brevi questa prima “versione“ del genoma. I bioinformatici del centro di Biologia Computazionale hanno poi lavorato in sinergia con i genetisti del gruppo di Ecogenomica e con gli entomologi del gruppo di Chimica Ecologica, che hanno guidato e coordinato il progetto. Dice Gianfranco Anfora coordinatore del gruppo di Chimica Ecologica nel Dipartimento Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse “la sfida che pone questa specie invasiva a tutti coloro che lavorano in agricoltura è molto complessa. Riteniamo che non sarà possibile mettere a punto una unica strategia di contenimento ma sarà necessario integrare tutte le armi a disposizione. Il sequenziamento del genoma di D. Suzukii in Fem si inserisce nella stessa ottica, la collaborazione tra le diverse discipline scientifiche e l’integrazione delle conoscenze”. Un parassita venuto da lontano - L’analisi del genoma è appena cominciata nei laboratori Fem e si è concentrata inizialmente a capire dove e come si è evoluta D. Suzukii. Omar Rota Stabelli e Lino Ometto, che hanno guidato le analisi evolutive, dicono: “L’areale di distribuzione suggerisce che la specie si sia originata nel sud della Cina, a ridosso delle catene montane che confinano col Tibet. Le nostre ricostruzioni evolutive suggeriscono che ciò sia avvenuto circa 7 milioni di anni fa, durante un forte periodo di raffreddamento del pianeta. D. Suzukii è pertanto una specie perfettamente adattata ai climi temperati con inverni freddi: ecco perché si è ambientata così bene al clima trentino ed è possibile trovarla fino a 2000 metri. Analisi di evoluzione molecolare hanno inoltre rivelato una serie di geni importanti per questa specie, che potranno darci informazioni utili sulle basi genetiche del suo successo di invasione”. Sviluppi futuri Un valido approccio per utilizzare a fini applicativi le informazioni presenti nel genoma è la comparazione con altre specie. Parte del lavoro degli scienziati del Centro di Ricerca e Innovazione della Fem sarà quindi rivolto a un’analisi comparata del genoma e delle reti di geni di D. Suzukii con quelle di altri insetti non pericolosi, quali il comune moscerino della frutta D. Melanogaster. Gli studi del Dipartimento Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse guidato da Ilaria Pertot e del Centro di Biologia Computazionale si concentreranno sul definire quali reti di geni siano associate all’olfatto, al comportamento e allo sviluppo dell’organo ovopositore e come questi differiscano fra D. Melanogaster e D. Suzukii. Dice Duccio Cavalieri, coordinatore del Centro di Biologia Computazionale: ”Dallo studio comparativo dei network genici e dei pathway metabolici ci aspettiamo di individuare dei bersagli specifici per i metodi di lotta integrata, andando per esempio ad interferire con le capacità olfattive di D. Suzukii o riducendone la fertilità”. Dettagli tecnici - I genomi di D. Melanogaster (il comune moscerino) e D. Suzukii sono risultati essere molto simili: circa 9 000 geni su 15 000 risultano chiaramente omologhi fra le due specie, così come le dimensioni dei due genomi sono comparabili (quello di D. Suzukii è di circa 167 milioni di basi, contro i circa 180 milioni per D. Melanogaster). Il numero delle proteine individuate per D. Suzukii è 24 000, alcune delle quali mancano in D. Melanogaster, mentre altre sembrano divergere in maniera significativa. Sarà proprio dall’analisi delle famiglie geniche divergenti e dalla loro classificazione funzionale che inizieranno gli studi tesi allo sviluppo di nuove strategie di lotta a questo insetto. Quest’analisi comparativa e funzionale consente, infatti, di comprendere come indirizzare strategie di lotta biologica mirata, inibendo quei meccanismi genetici che rendono questa specie così pericolosa. L’analisi dei genomi e lo studio di come questi si traducano in caratteri morfologici e comportamentali può fornire quindi un importante contributo allo sviluppo di applicazioni biotecnologiche utili al contenimento di questa minaccia in modo rispettoso dell’ambiente.  
   
 

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