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Notiziario Marketpress di Giovedì 05 Luglio 2012
 
   
  MILANO NON SI ARRENDE ALLA CRISI MA SI INCRINA LA FIDUCIA DELLE IMPRESE

 
   
   Milano, 5 luglio 2012. Nonostante una crisi economica internazionale che tarda a risolversi, Milano comunque non arretra. Nella media del periodo 2011-2014 il valore aggiunto è stimato in crescita (+1%) il doppio di quello italiano del 2011 (+0,4%), e se le previsioni per il 2012 sono negative, quelle a medio termine tornano ad essere prudentemente positive. E se la sua forza sta nella sua vocazione internazionale: le esportazioni milanesi nel 2011 sono cresciute dell’8,8%, sopravanzando i livelli pre-crisi, trainate dalla domanda dei paesi emergenti, come la Cina (+15,6%), il Brasile (+15,7%), la Turchia (+21,6%), la Russia (+63% dal 2005 ad oggi), ma anche Emirati Arabi (+36,4%), sempre più interessati dalla qualità del made in Milan soprattutto del sistema moda (+17,3%). Bene anche la capacità di Milano di attrarre investimenti diretti dall’estero: al nono posto in Europa, grazie a una produttività del lavoro e totale dei fattori maggiore del resto d’Europa che rende conveniente spostarsi nel capoluogo lombardo. La dinamica congiunturale ha segnato una crescita del settore manifatturiero (+3,1%) grazie ancora una volta alla domanda dei mercati esteri, mentre più difficile la situazione per i servizi e per il commercio (entrambi con una crescita negativa). E la crisi non ferma le imprese milanesi: +0,5% nel numero di unità attive, che porta il numero di imprese milanesi a quasi 285 mila, di cui un quarto (24,2%) con una titolare donna, il 10% con un titolare under-35 e l’11,2% con un titolare (o un controllo) straniero. E sono proprio le imprese straniere a mostrare la maggiore vivacità: rappresentano 1 nuova impresa iscritta su 5, e tra le ditte individuali la crescita raggiunge l’8,5%. Pur con affanno, anche il mercato del lavoro milanese tiene: la disoccupazione si mantiene stabile, mentre cresce l’occupazione, soprattutto grazie agli stranieri. Tra i contratti di lavoro, boom nel lavoro dipendente dei contratti a tempo determinato (+10,7%), mentre scendono le collaborazioni coordinate (-5,5%). E se anche l’occupazione giovanile cresce, pur con forme di lavoro non stabili come l’intermittente (+25,9%), aumenta il peso a Milano della cosiddetta generazione Neet (l’acronimo di “Not in Education, Employment or Training”). Se degli oltre 72 mila giovani con meno di 30 anni che non studiano e non lavorano quasi 52 mila sono in cerca di occupazione, i rimanenti 20 mila risultano del tutto “scoraggiati”, ovvero non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione (3,7% del totale tra i giovani milanesi, +14%). Emerge dal rapporto annuale “Milano Produttiva”, a cura dell’Ufficio studi della Camera di Commercio, giunto alla 22° edizione, con un bilancio dell’economia di Milano e provincia nel 2012. L’indagine Ispo-camera di commercio sulla fiducia delle imprese. Le imprese milanesi continuano a rimanere scettiche nella possibilità di una ripresa economica del Paese a breve. L’indice di fiducia a febbraio è infatti del 29,4 (dove 0 è nessuna fiducia, 100 è massima fiducia), in calo di quasi 7 punti rispetto ad aprile 2011, ma comunque in leggera ripresa rispetto a gennaio (28,8). Oltre 1 imprenditore su 3 ritiene però che la maggior parte delle imprese stia dimostrando una buona capacità di reazione alle difficoltà imposte dalla crisi, e quasi 1 su 4 (24%) comincia a vedere i primi segnali di ripresa. Tra le cause di difficoltà si segnala anche i problemi legati all’accesso al credito: tra le imprese che hanno provato a bussare alle porte degli istituti di credito, 1 su 4 non ha ottenuto ascolto e un altro 28% l’ha ottenuto in misura solo parziale. Emerge da una ricerca condotta da Ispo su un campione rappresentativo di 500 imprese milanesi per conto della Camera di commercio di Milano. “Una situazione molto difficile dove non mancano punti di forza che fanno ben sperare - ha dichiarato Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano -. E’ questa l’immagine che emerge dall’analisi dell’economia milanese nel corso del 2011, ed è anche la rappresentazione dell’economia incerta e altalenante degli ultimi tre anni. Certo, Milano, rispetto al resto del paese, resiste grazie al dinamismo imprenditoriale e alla vocazione internazionale: basti pensare all’incoraggiante saldo di +7.675 unità tra le imprese iscritte e cessate o ai dati sull’export. Ma dobbiamo fare di più perchè le aspettative negative delle imprese sono un elemento su cui riflettere. Per ridare fiducia diventa ancora più centrale in questo momento il ruolo delle istituzioni. Bisogna mettere in atto azioni sinergiche che puntino al rilancio dell’economia, del lavoro e al miglioramento infrastrutturale che è alla base di un territorio competitivo.” Tutti i dati della ricerca - L’andamento della ricchezza. Il 2011 è stato un anno di rallentamento per l’economia globale, e i suoi effetti si sono fatti sentire anche su Milano, che tuttavia mostra un andamento decisamente migliore rispetto all’Italia. Mentre nel triennio della crisi (2008-2011) il reddito disponibile dei milanesi è nonostante tutto cresciuto: +0,7%. Le previsioni per il 2012 sono invece più pessimiste per Milano: -0,7% comunque sempre migliore del dato nazionale (-1,2%). Meglio le previsioni di medio periodo nell’intervallo 2011-2014: +1% come media nella crescita del valore aggiunto, grazie soprattutto al settore dei servizi e delle costruzioni (+1,1% e +1,4% rispettivamente). La dinamica congiunturale. Un trend comunque positivo del valore aggiunto a Milano che è dovuto soprattutto all’andamento del settore manifatturiero, che ha registrato nel corso del 2011 una crescita della produzione pari al 3,1% (anche se leggermente inferiore al dato regionale: +3,7%) grazie in particolare al trend della prima parte dell’anno. Un aumento legato in particolare al fatturato realizzato nei mercati esteri (+5,3%) che cresce ad un ritmo quasi doppio rispetto alla componente interna (+2,9%), con positive ricadute sul fatturato complessivo (+3,8%). Bene soprattutto i settore portanti del manifatturiero provinciale: meccanica (+4,8% nella produzione), chimica (+5,7%) e gomma-plastica (+4,2%). Più difficile la situazione del commercio (volume d’affari: -1,8%), anche se migliora rispetto al 2010 (-2,1%). In particolare risulta in difficoltà il settore alimentare (-5,9%) e i piccoli esercizi commerciali (-3,4% rispetto al +0,8% dei grandi centri commerciali). Pur mostrando nel periodo tra il 2008 e il 2011 una crescita del valore aggiunto positiva (+0,8%) il 2011 è stato problematico anche per il settore dei servizi, che registra una flessione dell’1,3% nel suo volume di affari, anche se presenta una notevole variazione al suo interno: meglio le imprese di servizi grandi (+2,7% per le imprese con oltre 200 addetti) rispetto alle piccole (-3,8%), bene i trasporti e le attività postali (+0,8%). La dinamica imprenditoriale. Crisi o non crisi, le imprese milanesi confermano il loro attivismo crescendo dello 0,5% (da 283.097 a 284.538 imprese attive), un dato in controtendenza ancora una volta rispetto a quello italiano (–0,1%) e in linea con quello lombardo (+0,3%). Le piccole imprese continuano a rappresentare la spina dorsale del tessuto produttivo milanese: il 90,5% ha infatti meno di 10 addetti, mentre le medie e grandi imprese (oltre 50 addetti) raggruppano il 2% (dato italiano: 0,7%, dato lombardo: 1,2%). Le imprese milanesi occupano oltre 1,8 milioni di addetti, quasi la metà di quelli lombardi (49,5%) e oltre l’11% del dato italiano. Più della metà degli addetti è impiegata nei servizi (51,6%) e quasi 1 su 4 nel commercio (19,4%). Le donne imprenditrici rappresentano invece un quarto delle imprese milanesi (24,2%), occupano il 7,6% degli addetti (140 mila) e operano soprattutto nei servizi (56,4%), mentre le imprese con un titolare under-35 sfiorano il 10%. A livello settoriale la crescita più elevata si registra nei servizi (+1,6%, in particolare: servizi alloggio e ristorazione: +4,6%; noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese: +3,5%; attività professionali, scientifiche e tecniche +1,9%). Bene anche il commercio (+0,6%) e le costruzioni (+1%), mentre l’industria segna un calo pari a -1,5% (in controtendenza l’abbigliamento +0,9%, l’alimentare +2,2% e la riparazione e manutenzione di macchine +5,9%). Si conferma anche l’irrobustimento crescente dal punto di vista organizzativo del tessuto produttivo milanese: durante il 2011 le società di capitale sono cresciute del 3% rispetto al +1,7% delle ditte individuali. Assieme alle società di persone, le società di capitale rappresentano oramai oltre le metà delle operanti (55,6%). Complessivamente, Milano si conferma economia ad alta terziarizzazione: il 48% delle imprese è attiva nei servizi (percentuale che sale al 72,8% se includiamo anche il commercio). L’imprenditorialità etnica. Sono quasi 32 mila (31.917) le imprese straniere a Milano (con partecipazione di controllo e di proprietà detenuta in prevalenza da persone non nate in Italia), pari all’11,2% del totale (una percentuale superiore sia al dato lombardo, 9,4%, che nazionale, 7,4%). Sono particolarmente attive nei servizi (37,4%, di cui il 10,6% in ristorazione e alloggio), nelle costruzioni (28%) e nel commercio (27%), e dimostrano di essere in forte crescita, dato che rappresentano 1 nuova iscrizione su 5 nel corso del 2011 a Milano. Il 76% delle imprese straniere sono ditte individuali, pari oramai al 21% delle piccole imprese presenti a Milano. Rispetto allo scorso anno la crescita di questo settore è stata pari all’8,5% che diventa di ben il 145,8% negli ultimi dieci anni. I paesi che nell’ultimo anno crescono di più sono il Bangladesh (+24,4%), l’Ucraina (+20%) e la Moldavia (+18,9%), anche se le comunità con più imprese continuano ad essere quella egiziana (5.153 imprese), cinese (3.868) e rumena (2.161). L’etnia invece più imprenditoriale di tutte è quella argentina (rapporto tra imprenditori e residenti: 23%), seguita dal Bangladesh (17,4%). La presenza di imprenditoria rosa è maggiore nella comunità cinese (45,6% del totale) e in quella ucraina (36,9%). La dinamica dell’internazionalizzazione: import e export… In un contesto di forte difficoltà economica, Milano ha trovato nell’export un prezioso alleato per lo sviluppo. Le esportazioni milanesi nel 2011 sono cresciute dell’8,8%, sopravanzando i livelli pre-crisi. La principale destinazione delle esportazioni è l’Ue che da sola rappresenta il 58% dell’export complessivo, ma in crescita appaiono i flussi verso i paesi emergenti, in particolare Cina (+15,6%), Brasile (+15,7%), Turchia (+21,6%) e Russia (+63% dal 2005 ad oggi), che appaiono sempre più strategici per l’economia milanese. Aumenta anche l’export verso i paesi dell’area del Mediterraneo e del Golfo (specialmente Emirati Arabi: +36,4%, Tunisia: +14,6%). Sono in particolare i settori tradizionali del made in Italy (sistema moda +17,3%, e sistema casa, ma anche alimentare +3,9%, meccanica +7,7% ed elettronica +11,3%) a mostrare i migliori tassi di crescita delle esportazioni, grazie alla capacità di molte imprese di intercettare la domanda di “lusso accessibile” (la quota di prodotti di fascia alta sulle esportazioni di moda complessiva ha raggiunto ad esempio il 70%) proveniente soprattutto dai paesi a maggiore crescita. L’impresa milanese che esporta è mediamente medio-piccola (tra i 10 e 49 addetti), impegnata nel settore manifatturiero, e fortemente internazionalizzata (in 6 casi su 10 è attiva in altre 6 paesi). Francia, Germania e Spagna i tipici mercati di riferimento, ma il sogno è penetrare anche in Cina e in Russia. Diminuiscono invece le importazioni (-3,8%) a causa del forte calo della domanda. …e la Milano multinazionale. Milano rimane protagoniste in Italia e in Europa anche quando consideriamo gli investimenti diretti esteri (Ide). Nel ranking tra le metropoli europee, Milano nel 2011 si posiziona infatti al nono posto per numero di nuovi progetti di investimento diretti da parte delle imprese milanesi verso l’estero (93), precedendo città come Dublino, Zurigo, Stoccarda e Bruxelles. D’altra parte investire a Milano conviene, grazie a una produttività del lavoro e totale dei fattori maggiore del resto d’Europa: una unità aggiuntiva di capitale investita in un’affiliata estera a Milano rende il 16% in più rispetto alla media europea in termini di margine lordo, il 19% in più come fatturato e il 24% in più in termini di produttività. Il mercato del lavoro. Grazie soprattutto all’andamento positivo nei primi tre trimestri del 2011, il tasso di disoccupazione a Milano rimane sostanzialmente stabile e pari al 5,8%, anche se più marcato tra le donne (6,3%). Cresce anche l’occupazione, un trend che è da attribuire interamente alla componente immigrata (in particolare alle donne straniere). Tra le tipologie di lavoro, diminuiscono i collaboratori (-5%), sostanzialmente tiene il lavoro dipendente (+0,5%, grazie ai contratti a tempo determinato: +10,7%, diminuiscono quelli a tempo indeterminato: -0,3%, in calo anche le collaborazioni coordinate: -5,5%) mentre cresce l’occupazione autonoma (+4,1%: in particolare imprenditori professionisti: +5,2%). Cresce anche il numero di avviati a Milano minori di 30 anni, ma ancora una volta grazie agli stranieri (+9,5%; italiani: -2,5%) e su tipologie di lavoro non stabili, come l’intermittente (+25,9%), mentre cresce il numero di avviati giovani con un lavoro autonomo dello spettacolo (+25,9%). Ma se l’occupazione giovanile aumenta, aumenta anche il peso degli inattivi e della cosiddetta generazione Neet (l’acronimo di “Not in Education, Employment or Training”). Su oltre 72 mila giovani con meno di 30 anni che non studiano e non lavorano (il 13,1% del totale milanese), quasi 52 mila sono in cerca di occupazione mentre 20 mila risultano del tutto “scoraggiati”, ovvero non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione (3,7% del totale, +14%).  
   
 

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