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Notiziario Marketpress di Mercoledì 18 Luglio 2012
 
   
  ALLO STUDIO 63 NUOVE MOLECOLE PER MALATTIE MENTALI, AUTOIMMUNITARIE, ONCOLOGICHE L’ATTIVITÀ FISICA RIDUCE DEL 50% IL RISCHIO DI DEMENZA E DEL 40% QUELLO DI ALZHEIMER.

 
   
  Londra, 18 luglio 2012 – Ad elevato potenziale le ricerche della multinazionale farmaceutica americana Eli Lilly che vanta una pipeline di 63 molecole in sperimentazione. Rinnova, in particolare, lo sforzo nell’ambito delle neuroscienze: morbo di Alzheimer, schizofrenia, depressione, disturbo bipolare sono tra le aree più importanti per cui ci sono molecole in fase di studio. Giunti alla fase avanzata della sperimentazione i farmaci per psoriasi, artrite reumatoide, oltre che diverse patologie oncologiche e per il diabete. “I disturbi neuropsichiatrici sono sottostimati: si pensi che da soli rappresentano il 28% dei casi nel mondo di disabilità rispetto all’11% del cancro, quasi il triplo”spiega Andrea Fagiolini, Direttore Dipartimento Interaziendale di salute mentale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese “i fattori più comuni concomitanti con la diagnosi della malattia sono i anche i momenti del vissuto dei pazienti con importanti ricadute sulla loro vita sociale, ad esempio il pensionamento, la compromissione dello stato di salute generale o anche il lutto di un familiare stretto come il coniuge”. Sulla base di una recente pubblicazione della prestigiosa rivista scientifica internazionale Lancet emerge che l’esercizio fisico riduce del 50% il rischio di sviluppare una demenza e del 40% il morbo di Alzheimer. Inoltre, un articolo pubblicato dal professor Thorlakur Jonsson sulla prestigiosa rivista scientifica Nature l’11 luglio 2012 spiega come, intervenendo sull’App, la proteina precursore della molecola beta-amiloide responsabile delle placche senili, si possa avere una protezione dalla malattia di Alzheimer. È stato infatti dimostrato che, modificando un gene di codifica dell’App, si svilupperebbe un effetto protezione dalla malattia di Alzheimer e dai declini cognitivi legati all´età. Diagnosi Alzheimer, approvata negli Usa molecola che la rende più mirata - Nel mese di aprile 2012 l’Fda ha approvato florbetapir, un agente diagnostico sviluppato da Eli Lilly per l´imaging della malattia di Alzheimer attraverso la Pet cerebrale. La molecola permette ai medici che interpretano la Pet per definire il trattamento del paziente di individuare i depositi cerebrali della proteina amiloide, uno dei principali agenti che causano l´Alzheimer. Da giugno 2012 l’agente è disponibile in 16 centri di produzione americani. Dagli studi clinici, la Pet con flobetapir ha mostrato una sensibilità e specificità elevata nell’identificare le placche di beta amoliode. Al momento l’agente è alla revisione da parte dell’Ema, l’Agenzia Europea del Farmaco. Florbetapir viene iniettato in vena, viaggia attraverso il sangue e raggiunge il cervello dove si lega alle placche amiloidi qualora queste siano presenti. Questa molecola produce un segnale (di positrone) rilevato dagli scanner Pet ed utilizzato per creare l´immagine del cervello. Il medico nucleare interpreta poi l´immagine per valutare la presenza o assenza di placche amiloidi – o senili – significative; rileva cioè la presenza di questi depositi extracellulari nel cervello caratteristici della malattia di Alzheimer. Le informazioni rilevate dalla Pet vengono segnalate al medico di riferimento, che decide i passi successivi nella valutazione e nella gestione del paziente. L’impegno di Lilly nell’ambito della malattia di Alzheimer non si limita alla diagnostica ma comprende anche il settore terapeutico. "L´orizzonte della ricerca farmacologica nel campo delle malattie neurodogenerative è capire il motivo per cui, in caso di demenza, le cellule celebrali muoiono e quali sono i fattori che ne scatenano la morte” spiega Pier Luigi Canonico, Presidente della Società Italiana di Farmacologia “Sappiamo che alcune cellule celebrali muoiono mentre altre, sottoposte alla stessa azione, non muoiono: stiamo cercando di capire il perché e quali siano i fattori di protezione che entrano in gioco. In particolare per l´Alzheimer l´obiettivo è individuare le ragioni per cui si verifica l’accumulo del peptide beta amilode e prevenirne la conseguente azione tossica. I farmaci in sviluppo per l´Alzheimer stanno lavorando sul prevenire o impedire l’azione e la formazione delle placche di beta amiloide, il che rappresenta un nuovo approccio di cura che apporterebbe un valore aggiunto alla terapia rispetto a quanto disponibile oggi. Infatti, mentre oggi utilizziamo per l´Alzheimer solo farmaci sintomatici, ad esempio per aiutare la memoria, i nuovi meccanismi potrebbero prevenire o quanto meno rallentare l’evoluzione della patologia, cioè influenzare i meccanismi che sono alla base della progressione della malattia: un farmaco “disease modifier” che nella peggiore delle ipotesi rallenterebbe la malattia, nella migliore la interromperebbe". Diffusione e costi - La malattia di Alzheimer è un processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l’individuo che ne è affetto incapace di una vita normale. In Italia ne soffrono circa 800.000 persone, e 26.6 milioni nel mondo secondo uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora in Usa. In Europa si stima che la demenza di Alzheimer rappresenti il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultrasessantacinquenne del 4,4%. Aumenta con l’età e risulta maggiore nelle donne. Tra tutte le demenze quella di Alzheimer è la più comune. In Italia il costo sanitario connesso alla malattia dell’Alzheimer annuo varia, secondo lo stadio di evoluzione della malattia, da 15.000 a 50.000 euro pro capite. Sempre nel nostro paese il costo socio – sanitario è di 14,5 miliardi di euro l’anno con una spesa per famiglia pari a 53.982 euro ogni dodici mesi. È di 800 miliardi di euro annui il costo sanitario della demenza nel mondo. Psoriasi: con nuovo farmaco via tre macchie su quattro, New England Journal of Medicine - Psoriasi con i giorni contati, almeno in base ai risultati della sperimentazione di un nuovo trattamento, pubblicati sul New England Journal of Medicine il 28 marzo 2012. Lo studio ha evidenziato che su un totale di 142 pazienti con psoriasi a placche cronica da moderata a grave coloro che hanno assunto l’ixekizumab (anticorpo monoclonale) hanno ottenuto un miglioramento di almeno il 75 percento nell’Indice di Gravità dell’Area della Psoriasi (Pasi) rispetto al placebo, dopo tre mesi di trattamento. “Questi dati suggeriscono che l’ixekizumab può essere un trattamento effettivo per i pazienti con psoriasi a placche cronica da moderata a grave e potrebbe rappresentare un nuovo approccio per il trattamento per i pazienti con queste condizioni”afferma Craig Leonardi, docente di Dermatologia Clinica presso il Saint Louis University School of Medicine nel Missouri e principale autore del lavoro. Diffusione - Negli Usa la psoriasi è la malattia della pelle più diffusa che interessa circa 7,5 milioni di persone, dei quali circa il 17% è affetta da psoriasi a placche da moderata a grave. In Italia la psoriasi colpisce due milioni e mezzo di persone, soprattutto di sesso maschile rispetto a quello femminile. La malattia esordisce più frequentemente in soggetti adulti (30/40 anni) ma nessuna età è esclusa. La psoriasi insorge quando il sistema immunitario invia segnali difettosi che accelerano il ciclo di crescita delle cellule della pelle. “Anche se esiste un certo numero di trattamenti comunemente utilizzati per le malattie autoimmuni, sono necessari opzioni di trattamento nuove e alternative per quelle influenzate da condizioni potenzialmente debilitanti, tra cui la psoriasi”prosegue Eiry Roberts, vice presidente dello sviluppo dei prodotti autoimmuni Eli Lilly. “Siamo impegnati a sviluppare nuove terapie autoimmuni come l’ixekizumab, che è stato scoperto nei nostri laboratori di ricerca ed è ora in fase di ricerca nella Fase Iii per la psoriasi”. Artrite reumatoide, si possono ridurre i sintomi - A Berlino l’8 giugno 2012 durante il Congresso Annuale Europeo di Reumatologia, Eli Lilly e Incyte Corporation hanno annunciato la presentazione dei risultati di uno studio di Fase Iib su una nuova terapia assumibile per via orale, baricitinib, per i pazienti affetti da artrite reumatoide. Lo studio ha coinvolto un totale di 301 pazienti che hanno ricevuto in maniera randomizzata il placebo o il farmaco per 12 settimane. Lo studio ha dimostrato un miglioramento statisticamente significativo alla prima valutazione avvenuta dopo due settimane di trattamento e si è mantenuto fino alla settimana 12. La malattia è caratterizzata da anomali meccanismi immunitari che portano all’infiammazione delle articolazioni e gonfiore con la progressiva distruzione delle articolazioni. Diffusione e costi - In Italia circa 300.000 persone di ogni età sono affette da artrite reumatoide. La malattia interessa maggiormente le donne, da 3 a 4 volte più colpite degli uomini. Il costo medio annuo stimato in Italia per pazienti con artrite reumatoide di età maggiore di 18 anni è pari a 3.388.593.910 Euro, di cui 2.330.006.283 Euro sono costi diretti, mentre 1.058.587.627 Euro sono i costi indiretti. Eli Lilly e le neuroscienze - L’olanzapina è stato uno dei primi antipsicotici atipico per il trattamento della schizofrenia e del disturbo bipolare, segnando la storia delle neuroscienze. La scoperta fu fatta da parte dei ricercatori Lilly nei laboratori della sede inglese ed è disponibile nel 1998. Ancora oggi Eli Lilly l’azienda continua a cercare nuove soluzioni nell’ambito delle neuroscienze, con particolare attenzione al trattamento dei disordini neurodegenerativi e dei disturbi cognitivi, dell’emicrania, e dei disturbi del sonno. La depressione e la rivoluzione Prozac - Chi non conosce il Prozac, il farmaco che ha permesso di trattare in tutto il mondo milioni di persone con depressione. E’ stato messo a punto da Eli Lilly: questo fu il primo di una serie di farmaci per il trattamento delle malattie mentali e contribuì in modo significativo a connotare l’azienda come leader mondiale delle neuroscienze. Tutto cominciò negli anni sessanta con la scoperta della serotonina, un neurotrasmettitore in grado di modificare l´umore. Dopo lunghe sperimentazioni dei ricercatori di Eli Lilly, venne individuata una molecola in grado di interagire con la serotonina, la fluoxetina. Questo composto, noto inizialmente soltanto come Lilly 82816, venne in seguito denominato Prozac e cambiò la vita a milioni di persone, restituendo loro una quotidianità vivibile.  
   
 

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