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Notiziario Marketpress di Martedì 13 Febbraio 2007
 
   
  IL TFR MATURANDO DEI LAVORATORI DEL SETTORE PRIVATO ALLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE PONE LE BASI PER LA FORTE CRESCITA DEL SECONDO PILASTRO PREVIDENZIALE

 
   
  Roma, 13 febbraio 2007 - Convegno Assoprevidenza - Assonime: entrata in vigore del d. Lgs. N. 252/2005: aspetti e problematiche connesse allo sviluppo della previdenza complementare La scelta governativa di anticipare al 1° gennaio 2007 la decorrenza della cosiddetta “riforma Maroni”, è figlia dell’urgente necessità di riequilibrare la struttura del sistema pensionistico, puntando a sviluppare la previdenza complementare, quel “secondo pilastro” necessario ad integrare l’assegno pensionistico di base (garantito dall’ Inps e dagli altri enti di previdenza obbligatoria) che, per effetto del sistema di calcolo contributivo introdotto nel 1995, tenderà progressivamente a ridursi rispetto agli attuali livelli. L’anticipo di 12 mesi sui tempi per decidere il trasferimento del Tfr non è la sola modifica di rilievo delle nuove norme sulla previdenza complementare. Altrettanto significative sono: la piena portabilità della posizione individuale, comprensiva del Tfr maturato ad altro fondo pensione; l’allargamento delle tipologie di prodotti previdenziali in cui possono confluire i flussi di Tfr; le agevolazioni ai datori di lavoro per compensare il deflusso di Tfr. Nel corso del convegno organizzato a Roma da Assonime (Associazione fra le società italiane per azioni) e Assoprevidenza (Associazione italiana per la previdenza complementare) sullo stato di attuazione della riforma della previdenza complementare, Sergio Corbello ha spiegato che la previdenza di secondo pilastro è in piena fase espansiva: “La decisione di convogliare, con forza, il Tfr dei lavoratori del settore privato verso la previdenza complementare, da tanto tempo annunciato ed infine previsto dal decreto Maroni per l’anno 2008, divenuto operativo già dal 2007, ha il doppio merito di canalizzare verso gli strumenti di previdenza complementare un notevole volume di risorse finanziarie e di porre l’argomento al centro dell’attenzione generale”. A fare da fulcro della nuova disciplina, il Tfr. Lo sviluppo dell’intero settore della previdenza complementare è infatti legato alle maggiori adesioni e alle risorse che potranno confluire nelle forme pensionistiche complementari tramite il conferimento del trattamento di fine rapporto maturando dei lavoratori dipendenti. Circa 19 miliardi di euro. A tanto ammonta, in base ai dati Istat rielaborati dal Cerm, il flusso del trattamento di fine rapporto (Tfr) maturato ogni anno dai lavoratori che potrà finire nei fondi pensione e nelle diverse forme complementari di previdenza autorizzate. La nuova disciplina interessa 11 milioni di lavoratori del comparto privato. Lo sviluppo complessivo del settore della previdenza complementare sarà ultimato solo nel medio periodo, quando verranno coinvolti anche i 3,5 milioni di dipendenti pubblici per i quali è atteso un apposito provvedimento. Al momento è ancora presto per dire se il tentativo di far comprendere ai lavoratori le proprie necessità previdenziali future e, quindi, convincerli ad utilizzare il Tfr per la necessaria copertura, magari con l’aggiunta anche del contributo proprio e del datore di lavoro, avrà successo. “Tuttavia – precisa Corbello - si può rilevare come l’interesse sia assai alto, e questo incoraggia a ben sperare per il primo bilancio dell’operazione, programmato per il luglio prossimo. Certo sarebbe stato assai significativo che all’appuntamento con il decreto 252/2005 fossero stati presenti anche i lavoratori pubblici. C’è da augurarsi che per loro si ponga rimedio rapidissimo all’attuale situazione di diversità (sono ancora destinatari della disciplina di cui al “vecchio” decreto 124/1993) ed essi pure possano essere chiamati a realizzare le necessarie forme di previdenza complementare”. Sarebbe importante trovare in prima linea i lavoratori più giovani, per i quali il solo versamento a previdenza complementare del Tfr risulterà comunque insufficiente per colmare le carenze reddituali derivanti dai livelli di copertura della pensione di base. Infatti, più sarà il Tfr convogliato a previdenza complementare (nelle diverse ipotesi di fondo negoziale, di determinazione aziendale o, in ultima ipotesi, residuale presso l’Inps) con il meccanismo del conferimento tacito, minore sarà la qualità del successo dell’operazione. Il conferimento espresso e, ancor meglio, l’iscrizione piena alla previdenza complementare con l’apporto di una decina di punti percentuali di contribuzione (il Tfr, da solo, ne vale 7) saranno i veri banchi di prova qualitativa dell’operazione, che, comunque, per quanto concerne gli aspetti quantitativi, sembra consentire già - si ripete - qualche ottimismo. .  
   
 

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