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Notiziario Marketpress di Venerdì 14 Settembre 2012
 
   
  MILANO (TRIENNALE DESIGN): GIANNI VENEZIANO

 
   
  Martedì 18 settembre 2012, ore 19.00, Triennale Design Museum presenta Off Vase, dieci opere in vetro di Gianni Veneziano. Un unico oggetto: il vaso portafiori, dentro una bolla, fuori da una bolla, rotto, pieno, vuoto, trasparente, opaco, laico, religioso… Il rapporto iconico con la classicità è in questo caso solo un pretesto, gli oggetti sono portatori di citazioni e materiali dell’arte del design. “In questo mio racconto il mio oggetto non è un semplice calice, ma racchiude nelle sue forme una metafora della vita del viaggiatore nel suo eterno rinnovarsi. Ecco che ogni calice rappresenta così un possibile altro mondo a sé, in cui disperdersi, identificarsi, immergersi, immaginarsi”. Gli oggetti in vetro sono stati realizzati a Venezia, presso la fornace di Adriano Berengo. Off Vase - L’acqua presa dal calice è la stessa che respinge il respiro. Il fuoco che scalda la notte è lo stesso che divampa come incendio. Il fatto naturale si presenta agli occhi dell’umano come intrinsecamente ambiguo, forza senza scopo che promuove la vita solo per spingerla a deperire. In questo ciclo perfetto e incomprensibile il “progetto” interviene scindendo quanto vi di è propizio per l’umano da quanto vi è di ostile, incanalando il naturale nel tecnico. È lo “stacco” che segna l’apparire dello specifico umano sulla terra. Tutto è avvenuto prima della memoria. L’uomo ha ereditato il pollice in opposizione dall’antenato in comune con i primati, che lo hanno sviluppato come adattamento alla vita arboricola. Il ramo a cui si aggrappano le scimmie è quindi il primo oggetto dell’umanità, che precede e rende possibile l’umano. Muove da qui poi la separazione successiva, quella dall’immanenza animale segnata dal secondo oggetto dell’umanità – l’oggetto sacro – transizione dello strumentale nell’altro-chestrumentale. Il sacro, infatti, non coincide con il religioso. Religio significa “relegare, delimitare”. Le religioni storiche nascono “strumentalmente” per contenere il sacro, altrimenti sparso ovunque e fuori controllo. Come la morte. La morte è l’inamovibile possibilità che corre al fianco della vita, perché è sempre possibile avere un incidente o cadere dalle scale – dal caso non c’è riparo. È sempre possibile che la natura venga a riscuotere quanto è suo, sottraendoci un corpo il cui segreto ci rimane ignoto e spegnendo senza preavviso la magia ritmica del cuore, come senza preavviso ebbe ad accenderla. La vita, infine, “è”grazie alla morte, che la accompagna l’argine accompagna, e definisce, il fiume – confine insolubile che non può essere “risolto”, e bevuto dal calice. Quello delle religioni storiche è un mistero addomesticato, illuminato dalla narrazione teologica che spiega l’inaccettabile “gratuità” della vita presentandola come un debito nei confronti di chi ha fatto la “grazia” di concederla. Ma il sacro non è religioso, è precedente, è laico. Non rimuove la morte nell’aldilà ma ne tocca ogni giorno il mistero nascosto/evidente in ogni cosa. Poiché, più e prima degli oggetti religiosi, sono proprio gli oggetti quotidiani, laici, ad accogliere in sé i residui del sacro, argini articolati il cui silenzio materiale rinvia all’ulteriorità di cui, minacciosamente, tacciono. Fino al 28 ottobre 2012  
   
 

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