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Notiziario Marketpress di Venerdì 14 Settembre 2012
 
   
  TORINO (APPARTAMENTO PADRONALE DI PALAZZO SALUZZO PAESANA - VIA DELLA CONSOLATA 1 BIS): GENIUS LOCI A CURA DI ENRICO DEBANDI RAY CAESAR – ANDREA CROSA – NICUS LUCÀ – SVEN MARQUARDT MARINA E SUSANNA SENT – TOSHIRO YAMAGUCHI

 
   
  Nel 1715 il Conte Baldassare Saluzzo di Paesana, giunto all’apice della sua carriera, dava il via alla costruzione del grandioso Palazzo di famiglia collocato nell’area fino ad allora occupata dalla Piazza d’Armi della vicina Cittadella, teatro, a partire da quell’anno, della terza espansione urbanistica della città di Torino, voluta da Vittorio Amedeo Ii e affidata dopo l’assunzione del titolo di Re di Sicilia all’architetto messinese Filippo Juvarra. Il piano urbanistico dell’ampliamento occidentale, nel disegno dell’insieme, reca chiaramente i caratteri di città regale e allo stesso tempo delle mutate condizioni sociali del Piemonte, che si accingeva a vivere la grande stagione dell’Illuminismo. In sintonia con gli intenti del sovrano, il Palazzo completa il quadro urbano tramite la sua scenografia interna, resa magnifica nelle dimensioni grazie a una attenta distribuzione degli spazi abitativi e da reddito, destinati non esclusivamente alla famiglia ed alla servitù, ma anche alle diverse classi sociali. L’ingegnere Giovanni Giacomo Plantery (Torino 1680-1756) realizza negli anni compresi tra il 1715 e 1722 un complesso edificio che ospita, con le diverse esigenze e la dovuta riservatezza, attività commerciali al piano terreno, appartamenti di rappresentanza e padronali al “piano nobile”, alloggi d’affitto destinati alla buona borghesia al secondo e terzo piano ed infine abitazioni destinate al popolo minuto nei mezzanini e nelle soffitte. Di fatto, grazie a questa innovativa tipologia edilizia che vede mischiati i vari ceti sociali, Plantery ottiene un volume inusuale per Torino, occupando interamente l’Isola di San Chiafredo e dando vita al più vasto e magnifico edificio nobiliare della Città che si impone ancora oggi per eleganza, monumentalità e proporzioni armoniose. Quasi 300 anni di storia, di avvicendamenti abitativi e di variazioni distributive dovute alle esigenze economiche degli eredi di Baldassarre Saluzzo, hanno in gran parte cancellato il segno dei primi inquilini e del loro gusto estetico, soprattutto gli arredi mobili e le decorazioni interne realizzate dal pittore savonese Domenico Guidobono e dallo stuccatore luganese Pietro Somasso a partire dal 1718, negli stessi anni in cui erano impegnati nella decorazione delle stanze della Duchessa Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours a Palazzo Madama. Solamente all’interno dell’Appartamento Padronale, situato nell’angolo sud-est del Palazzo, gli ambienti conservano significative decorazioni e arredi settecenteschi, testimoni dell’antica magnificenza e dello splendore della Famiglia Saluzzo. Anche se oggi non è immediato comprendere l’antica destinazione d’uso degli ambienti, le tracce superstiti delle decorazioni sono servite da spunto di riflessione per sette artisti contemporanei, invitati ad evocare il Genius loci e a dialogare con esso attraverso le loro opere. Ciascun luogo, come suggerisce Servio, ha un Genius loci che può essere comparato a una divinità, la cui presenza continua dà carattere, coesione e “spirito” a quel luogo. Per i Greci ed i Romani, il Genius loci era un dio minore e locale che non risiedeva nell’Olimpo ma in un determinato luogo, talvolta assumendo una forma animale, come ad esempio le oche del Campidoglio o i corvi della Torre di Londra, o più comunemente sotto forma di serpente, come si legge nell’Eneide e nelle rappresentazioni della casa dei Vetti a Pompei. Dalla classicità si deduce quindi che i luoghi possono avere un’anima e diventare sede di uno spirito, di un Genius loci. Il luogo, sia che si tratti di una città, di un colle o di un edificio, si guadagna l’anima attraverso un rituale di fondazione capace di dare spazio all’esercizio della sacralità abitativa e di rendere simbiotici il microcosmo dell’individuo con il macrocosmo della comunità. Il successivo processo di deposito e di stratificazione di affetti, operato dalle diverse generazioni che lo abitano e differente da luogo a luogo, gli conferisce una propria identità contemporaneamente irripetibile e universale. Abitare voleva dire permettere all’anima dei luoghi di manifestarsi in chi viveva in quel determinato posto, che la assorbiva in sé, rispettandola e reinventandola in modo creativo: così l’abitare diveniva un atto sacro di corrispondenza con l’energia spirituale della Terra, ovvero con la vita stessa. Questo è il pensiero che sta alla base delle riflessioni contemporanee sulla natura, quale valore primario che l’uomo deve rispettare perché ne è parte, insegnando che non esiste una cosa isolata ma tutto è profondamente connesso alla totalità, in quanto la stessa sostanza vitale abbraccia ogni forma di vita. Come sostiene Heidegger, “abitare non è primariamente occupare, ma l’avere cura e creare quello spazio nel quale qualcosa di individuale sorge e prospera”. Lo storico dell’architettura Christian Norberg-schulz studia il modo di inserirsi dell’architettura nel territorio e le modalità in cui questa può trasformarlo in luogo. Proprio il Genius loci è il centro della sua riflessione ed è visto come un sito con una precisa identità, sempre riconoscibile, con caratteri che possono essere eterni o mutevoli. Secondo Schulz “l’architettura deve rispettare il luogo, integrarsi con esso, ascoltare cioè il suo Genius loci”. A seguito di queste e altre innumerevoli riflessioni è progressivamente scaturita l’idea della mostra, nata intorno a quella che era l’antica funzione e destinazione d’uso degli ambienti. Le opere degli artisti presenti in mostra sono il frutto di una selezione e di una scelta di lavori già esistenti o progetti realizzati specificatamente per le sale dell’Appartamento e ispirati dal Genius loci che ancora oggi lo abita. Elenco delle opere - Marina e Susanna Sent (http://www.Marinaesusannasent.com) – Corpetto “Soap”. Vetro soffiato di Murano e filo di nylon, 2012 - Toshiro Yamaguchi (http://taotoshiro.Exblog.jp) – San-ge. Plastilina e acrilico, 2012 - Sven Marquardt (http://www.Marquardtfotografie.com) – Satyren. Stampa fotografica su Pvc, 2011-2012 - Andrea Crosa (http://www.Andreacrosa.com) – La contessa riceve il martedì. Tecnica mista, 2012 - Ray Caesar (http://www.Raycaesar.com) – La Chasse e Siren. Ultrachrome, 2011. (Courtesy of Gallery House/dorothy Circus Gallery) - Nicus Lucà (http://www.Nicusluca.it) –Cassetta di sicurezza (Pop Club N 34). Cassaforte e congegno a tempo, 2009; Dalla A alla Z – undici volumi. Marmo fossile, 1995; Inginocchiatoio. Mobile in legno e targa in ottone, 1997; Cristo. Acrilico e spilli su tela, 2003; Teschio. Acrilico e spilli su tela, 2003. Biografie artisti Ray Caesar, nato a Londra nel 1958, è un artista di fama mondiale, leader indiscusso della “digital art”. Nel giugno 2010 i suoi lavori sono stati esposti nella mostra “Art From The New World” presso il City Museum di Bristol e in Italia, in occasione della mostra “Pop Surrealism”, ospitata dal Museo Carandente di Spoleto e curata da Dorothy Circus Gallery. Nel 2011 l’artista ha presentato i suoi lavori in una personale alla Jonathan Levine Gallery di New York e nel 2012 ha partecipato a una collettiva presso il “Musee de la Halle St Pierre” a Parigi. Collezionato da Madonna, Riccardo Tisci, Marilyn Manson, Shirley Manson dei Garbage e dalla famiglia Hearst, l’artista nelle sue creazioni riunisce frammenti di stili decorativi e periodi architettonici, per dar vita ad una bellezza che non soffre di legami col tempo. Maestro assoluto della tecnica digitale e punto di riferimento per tutti gli artisti che guardano a questa disciplina, Caesar si avvale del software 3D Maya per creare le sue figure e le realtà nelle quali esse vivono: in un mix di art déco, stile vittoriano e codici visivi del primo 900, le opere di Caesar emergono forti di un’inconfondibile personalità e fascino - www.Raycaesar.com Andrea Crosa nasce a Buenos Aires nel 1949 come ultimo discendente di una delle più importanti famiglie principesche italiane. Nei primi Anni Sessanta, durante il pieno fermento della capitale argentina, l’artista viene influenzato dagli artisti dell’area pop americana e inglese, in modo particolare dalle sculture “morbide” di Oldemburg e dai dipinti di Hockney, Wayne Thiebaud e Alan D’arcangelo. Nel 1975 Crosa ha conseguito la laurea in architettura e si è trasferito con la famiglia a Genova, producendo 5 anni dopo per la galleria “Diagramma Luciano Inga Pin” la mostra collettiva “Home Sweet Home“ (1983), considerata come punto di partenza per la creazione del “Nuovo Futurismo“. Negli anni successivi, Crosa si è sempre più interessato all’aspetto progettuale del proprio lavoro, spaziando tra opere a muro, installazioni tridimensionali e video, enfatizzando il concetto di un mondo parallelo dove l’architettura e gli oggetti del quotidiano sono rappresentati in maniera semplificata, banale e scorrevole. Le opere, congelate nella loro disarmante normalità, evocano nell’osservatore una catastrofe silenziosa, come uno stato di benessere o felicità bloccati, concetto già presente nel ciclo “Tsunami” (2002 - 2005) e più esplicitamente sviluppato nelle opere “Suburban Gulliver” (2007) e “Alice” (2011) - www.Andreacrosa.com Nicus Lucà (Torino, 1961) ha cominciato la sua carriera artistica come musicista e cantautore Rock e Punk negli anni ’80 e da allora opera sia come individuo, che come parte di un gruppo. Convinto che l’arte acquisti un maggiore senso se realizzata come somma di esperienze di discipline e campi differenti, Nicus ha fondato nel 2000 il Pop Club, un luogo virtuale in cui, come in una galassia, si incontrano competenze creative diverse. Trasformare emozioni private in emozioni per gli altri è il meccanismo che genera l’opera di Nicus, recepita dall’interlocutore con significati sempre diversi: l’importante per l’artista è che l’opera produca un’emozione, catturi attenzione, provochi una reazione (anche, in alcuni casi, di disgusto). Interessante e simbolico il suo hobby, il kick boxing: come lui stesso dichiara, “l’arte del boxing è per me una metafora della vita e dell’arte: schivare i colpi e difendersi elegantemente, con semplicità”. Eleganza e schiettezza si coniugano armonicamente, così come nella sua ricerca artistica ed esistenziale. Non esiste una separazione tra il suo lavoro e la sua vita: per Nicus, essere un artista è un modo di essere, non un lavoro - www.Nicusluca.it Sven Marquardt (Berlino, 1962) ha iniziato la sua carriera nel campo della fotografia nei primi anni Ottanta come operatore presso la Defa (studio cinematografico di proprietà pubblica della Rdt), pubblicando i primi lavori sulle testate “Der Sonntag” e “Das Magazin”. L’artista ha lavorato come assistente di Rudolf Schäfer, una figura iconica della scena fotografica della Germania Est, producendo eccezionali ritratti in bianco e nero della cultura del quartiere Prenzlauer Berg di Berlino Est, dove tuttora vive. Dopo la caduta del muro, si è immerso nella scena underground di una Berlino unificata elaborando il suo punto di vista nelle sue mostre e producendo una operazione di “staged photography” per Levi’s durante la settimana della moda di Berlino, oltre a diversi altri servizi di moda. Dal 2007, Sven Marquardt è uno dei principali responsabili dell’immagine dell’etichetta discografica Ostgut Ton del Berghain, club per il quale cura personalmente anche la selezione alla porta. Il primo libro illustrato di Sven Marquardt, intitolato “Zukünftig vergangen” (“Passato nel futuro”) è stato pubblicato dalla casa editrice Mitteldeutscher Verlag nel 2010 e riedito nel 2012 - www.Marquardtfotografie.com Marina e Susanna Sent, artiste veneziane, hanno trasformato e rinnovato l’arte tradizionale familiare della lavorazione del vetro in un prodotto moda di tipo esclusivo, apprezzato e conosciuto nel circuito dell’arte contemporanea: le loro creazioni infatti sono ospitate anche al Moma di New York. Spingendo sempre un po’ di più i confini della sperimentazione, le sorelle Sent hanno reso il vetro un indumento leggero, tanto da poter essere indossato non solo come gioiello, ma anche come abito. Il poetico dispiegarsi di cascate di bolle di vetro soffiato, legate da trame e orditi evidenti e capaci di moltiplicare la luce in prismi fantastici dai mille colori, si unisce a un pizzico di ironia, traccia delle esperienze di Marina e Susanna nel mondo della moda, per dar vita a raffinate collane e a splendidi abiti, creazioni ambiguamente impossibili e proprio per questo ancor più affascinanti e desiderabili - www.Marinaesusannasent.com Toshiro Yamaguchi è nato a Okayama nel sud-est del Giappone nel 1956 e si è laureato alla Musashino Art University di Tokyo. Terminati gli studi si è trasferito in Europa effettuando il primo viaggio in treno “per percepire la distanza” e, giunto in Spagna, dopo l’incontro con la sua “musa ispiratrice” Akiko, è entrato nel 1988 nel “Cìrcolo de Bellas Artes” di Madrid, partecipando ai laboratori di Richard Artschwager, Bruce Mclean, Lucio Muñoz e Barry Flanagan. L’arte di Toshiro, improntata su una forte connotazione ambientale e olistica - già dal suo primo intervento pittorico a Escareche (Madrid) dove nel 1982 ha realizzato un grande dipinto murale di 900 mq – si è divisa tra Oriente e Occidente, scegliendone di volta in volta la sede in base al fascino e all’energia non soltanto tra spazi pubblici, gallerie e musei, ma anche tra giardini o templi buddisti. La visione della realtà che Toshiro traduce nelle sue installazioni abbraccia integralmente il “tutto”, sottolineando come l’individuo appartenga a un sistema di insiemi interagenti tra loro. Questo processo unificante considera l’essere umano come parte di un infinito organismo vivente capace di evolversi e diffondersi e porta alla realizzazione di opere appartenenti a insiemi capaci di dividersi e accorparsi liberamente in organismi vitali e sempre differenti. Info: La mostra sarà visitabile fino al 29 settembre 2012 tutti i giorni dalle 15 alle 19 o su appuntamento al 347 0103021 - www.Torinoclick.it    
   
 

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