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Notiziario Marketpress di
Lunedì 17 Settembre 2012 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: MISURE INTESE A EVITARE LA PRESENZA INVOLONTARIA DI OGM – MISURE NAZIONALI CHE VIETANO LA MESSA IN COLTURA
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La direttiva 2001/18 regola l’emissione deliberata nell’ambiente nonché l’immissione in commercio degli Ogm come tali o contenuti in prodotti e instaura procedure e criteri armonizzati per la valutazione caso per caso dei rischi potenziali derivanti dall’emissione deliberata nell’ambiente di Ogm nonché una procedura comunitaria di autorizzazione per l’immissione sul mercato. Gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di Ogm in altri prodotti. La raccomandazione del 23 luglio 2003 affronta la problematica della coesistenza di colture geneticamente modificate, convenzionali e organiche. Questa si riferisce alla possibilità per i conduttori agricoli di praticare una scelta tra colture Gm, produzione convenzionale e biologica. Se in un dato prodotto agricolo destinato a non contenere Ogm la presenza accidentale di Ogm supera la tolleranza stabilita nella normativa comunitaria, è obbligatorio indicarlo nell’etichetta. In questo caso può derivarne una perdita di reddito. Ne consegue che la coesistenza ha attinenza, da un lato, con il potenziale impatto economico della commistione tra colture Ogm o non Ogm e, dall’altro, con l’individuazione di misure di gestione praticabili volte a minimizzare il rischio di commistione e con il costo di tali misure. La direttiva 2002/53/Ce relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole prevede che le sementi e le piante possano essere commercializzate liberamente all’interno della Comunità dal momento della loro inserzione nel catalogo comune. Una varietà Gm può essere ammessa solo se sono state adottate tutte le misure appropriate atte ad evitare effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente ed una volta effettuata una valutazione del rischio per l’ambiente La normativa nazionale Il decreto legislativo n. 212/2001 sottopone ad autorizzazione (del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e del Ministro della sanità) la messa in coltura dei prodotti cementieri e dispone misure idonee a garantire che le colture derivanti da semi Ogm non entrino in contatto con le colture derivanti da prodotti semi tradizionali e non arrechino danno biologico all’ambiente circostante. Chi mette in coltura semi di varietà Gm senza l’autorizzazione è punito con l’arresto da sei mesi a tre anni o l’ammenda fino a 100 milioni di lire. Inoltre, il decreto legge n. 279/2004 (in attuazione della raccomandazione del 23 luglio 2003) prevede l’adozione di tali misure di coesistenza con decreto del Ministro delle Politiche agricole, adottato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e province autonome. Il piano di coesistenza è adottato, con proprio provvedimento, da ciascuna regione e provincia autonoma e contiene le regole tecniche per realizzare la coesistenza; fino all’adozione dei diversi piani di coesistenza, le colture transgeniche non sono consentite. I fatti Nel 1998 la Commissione autorizzava la commercializzazione delle linee pure ed ibride del mais Mon 810, su richiesta della Monsanto Europe Sa, che nel 2004 notificava alla Commissione le varietà del mais Mon 810 quali «prodotti esistenti». La Commissione iscriveva 17 varietà derivate dal mais Mon 810 nel catalogo comune. La Pioneer, società produttrice e distributrice, a livello mondiale, di sementi convenzionali e Gm intendendo coltivare le varietà del mais Mon 810 iscritte nel catalogo comune, nel 2006 ne chiedeva l’autorizzazione alla messa in coltura al Ministero delle Politiche agricole. Nel 2008, questo comunicava di non poter procedere all’istruttoria della richiesta nelle more dell’adozione, da parte delle regioni, delle norme idonee a garantire la coesistenza. La Pioneer ha contestato la necessità di un’autorizzazione nazionale per la coltivazione di prodotti quali gli Ogm iscritti nel catalogo comune e l’interpretazione della direttiva 2001/18 secondo la quale la coltivazione di Ogm in Italia non sarebbe consentita fino all’adozione degli strumenti normativi regionali. Il Consiglio di Stato, investito della questione, ha chiesto in sostanza alla Corte, se la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais Mon 810 possa essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione, quando l’impiego e la commercializzazione di dette varietà sono autorizzati ai sensi del regolamento n. 1829/2003 e sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53 e se la direttiva 2001/18 consenta a uno Stato membro di opporsi alla messa in coltura sul proprio territorio di tali Ogm nelle more dell’adozione di misure di coesistenza. La Corte osserva anzitutto che l’impiego e la commercializzazione di sementi delle varietà del maïs Mon 810 sono autorizzati: - in quanto costituiscono «prodotti esistenti» (regolamento n. 1829/2003), costituito oggetto di una domanda di rinnovo d’autorizzazione (regolamento n. 641/2004), - sono state iscritte nel catalogo comune (direttiva 2002/53). Il regolamento n. 1829/2003 e la direttiva 2002/53 mirano entrambi a consentire il libero impiego e la libera commercializzazione degli Ogm sull’intero territorio dell’Unione, in quanto autorizzati conformemente al primo e iscritti nel catalogo comune in applicazione della seconda. L’autorizzazione consente la libera circolazione in tutta l’Unione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani, dal momento della loro inserzione nel catalogo comune. Di conseguenza, a partire dalla data di pubblicazione nel catalogo comune, le sementi delle varietà ammesse non sono soggette ad alcuna restrizione di mercato. Allo stato attuale del diritto dell’Unione, uno Stato membro non è libero di subordinare a un’autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di Ogm autorizzati ed iscritti nel catalogo comune, salvo i casi espressamente previsti dal diritto dell’Unione che non sono oggetto del procedimento principale. Un’interpretazione che consenta agli Stati membri di emanare un tale divieto sarebbe contraria al sistema istituito dal regolamento e dalla direttiva (libera e immediata circolazione dei prodotti autorizzati a livello comunitario e iscritti nel catalogo comune) una volta che le necessità di tutela della salute e dell’ambiente siano state prese in considerazione nel corso delle procedure di autorizzazione e di iscrizione. La direttiva 2002/53 può dar luogo a restrizioni, e perfino a divieti geograficamente delimitati, solo per effetto delle misure di coesistenza realmente adottate in osservanza delle loro finalità. Tale disposizione non consente, pertanto, agli Stati membri di decidere una misura come quella oggetto del procedimento principale la quale, nelle more dell’adozione di misure di coesistenza, vieta in via generale la coltivazione di Ogm autorizzati ai sensi della normativa dell’Unione e iscritti nel catalogo comune. Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: La messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais Mon 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (Ce) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/Ce del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, emendata con il regolamento n. 1829/2003. L’articolo 26 bis della direttiva 2001/18/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/Cee del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2008/27/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, non consente a uno Stato membro di opporsi in via generale alla messa in coltura sul suo territorio di tali organismi geneticamente modificati nelle more dell’adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture. (Sentenza nella causa C-36/11, Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero italiano) |
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