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Notiziario Marketpress di Venerdì 05 Ottobre 2012
 
   
  ÖSTERREICHISCHES ENSEMBLE FüR NEUE MUSIK DIRETTO DA HIDETO NOMURA AL FESTIVAL VERDI 2012

 
   
   Parma - Secondo appuntamento sabato 6 ottobre 2012 alle ore 20.30 alla Casa della Musica con il ciclo di concerti del Festival Verdi dedicati alla musica contemporanea e realizzati in collaborazione con la Xxii rassegna internazionale Traiettorie – Fondazione Prometeo, che vedrà protagonista l’Österreichisches Ensemble für Neue Musik, diretto da Hideto Nomura, per la seconda volta dopo tre anni ospite della rassegna internazionale di musica moderna e contemporanea punto di riferimento mondiale della musica dei nostri giorni. Fondato nel 1975 e divenuto uno dei leader europei nell’interpretazione del repertorio contemporaneo, l’Österreichisches Ensemble für Neue Musik torna questa volta con un programma mirato non all’offerta di una consueta panoramica di musica recente ma a una sorta di lettura storica della linea dominante nella cultura francese, quella dell’ambiguità, dell’impossibilità a definire l’infinita varietà dei fenomeni naturali. Per farlo ha scelto tre campioni rappresentativi della musica francese dell’ultimo secolo, un francese purissimo come Claude Debussy, un francese eterodosso come Maurice Ravel e un francese rivoluzionario come Gérard Grisey. A confronto ci sono la «Sonata per violoncello e pianoforte» di Debussy, pezzo nato nell’ultimo periodo creativo del compositore alla vigilia della Grande Guerra, la «Sonata per violino e violoncello» di Ravel, singolare tentativo di costruire un pezzo basato su intrecci di due linee melodiche autonome, e uno dei frutti più maturi dello «spettrale» Grisey, quel «Vortex temporum» che rappresenta tuttora un paradigma degli studi micromusicali sulla diversa percezione del tempo. Tre modi diversi di essere ambigui. Debussy abbandonandosi a una gestualità di pure sonorità, di contrasti di ritmi e di colori che sciolgono il dialogo degli strumenti in un flusso di coscienza cangiante e liberatorio, e che ci arriva tuttavia alle orecchie come un sogno indecifrato. Solo sette anni dopo, nel 1922, Ravel prosciugando al massimo la sonorità di violino e violoncello – che procedono linearmente, nessuno accompagnando mai l’altro e al limite scambiandosi frammenti di melodie, intrecciandosi, combinandosi, confondendo il gioco timbrico – fa smarrire l’orientamento all’ascoltatore: di chi è la voce che suona, dove sono finiti i temi che avevamo ascoltato all’inizio? E infine Grisey, che trasferisce sul piano della percezione dei tempi quello studio dello spettro sonoro con il quale il movimento “spettrale” negli anni Settanta-ottanta ambiva a restituire totale autonomia al suono puro costruendo i pezzi sulla base di ricomposizioni micro-fisiche. «Vortex temporum» (1996) usa un frammento musicale di Ravel rielaborandolo fisicamente e algoritmicamente in modo da confondere l’ascoltatore in un vortice temporale, ora supercompresso ora superdilatato, con il quale è necessario misurarsi di continuo per cercare di colmare l’intervallo fra la conoscenza e il suo oggetto.  
   
 

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