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Notiziario Marketpress di Lunedì 05 Giugno 2006
 
   
  FUTURO DELL’EUROPA/INTEGRAZIONE EUROPEA: L´EUROPA È ANCORA AL BIVIO?

 
   
   Bruxelles, 5 giugno 2006 - Gli eurodeputati dibattono col Primo ministro belga sul futuro dell´Europa Il Parlamento europeo continua a contribuire al dibattito sul futuro dell´Unione europea. A seguito dell´incontro dell´8 e del 9 maggio con i membri dei parlamenti nazionali, e che sarà ripetuto a dicembre, gli eurodeputati hanno dato inizio a una serie di dibattiti con i capi di governo. Il primo di questi incontri è stato con il Primo Ministro belga Guy Verhofstadt che ha recentemente illustrato le proprie idee sul futuro dell´Europa in un libro intitolato "Gli Stati Uniti d´Europa". Il Primo Ministro belga Guy Verhofstadt si è detto onorato di avviare un ciclo di dibattiti in seno al Parlamento europeo che testimonia del suo impegno e con il quale si assume nuovamente le sue responsabilità per tracciare il futuro dell´Europa. Il Premier ha poi voluto ricordare come una svolta nella storia dell´Europa la data del 1° maggio 2004, che ha sancito «la vera fine della Seconda Guerra mondiale». Ha quindi respinto le idee di chi afferma che l´Ue si è ampliata troppo velocemente oppure che avrebbe raggiunto i suoi confini naturali e sorpassato le sue capacità di assorbimento. Ha respinto anche la posizione di chi pone in alternativa l´ampliamento e l´approfondimento dell´Ue perchè il «corso della storia seguirà una sola direzione: l´Unione deve proseguire il suo ampliamento». Poiché ciò è la sola garanzia che, un domani, nell´insieme dei Balcani non riesploda la guerra. I due principi sono entrambi indispensabili e occorre porre fine al periodo di immobilità che ha colpito l´Europa che è in realtà iniziato prima dei no ai referendum francese e olandese. Non bisogna nemmeno opporre l´Europa economica all´unione politica, ha aggiunto. Se l´Europa vuole ancora contare nel nuovo ordine mondiale sul piano economico, politico e militare, «l´unione politica è la sola via d´uscita», poiché nessuno Stato, da solo, «può illudersi di pesare sull´attualità mondiale». Non si tratta, ha spiegato, di sapere se l´Unione muterà in un´entità più federale e politica ma, piuttosto, di sapere «quando ciò accadrà o, meglio, se accadrà in tempo». Lo «schiaffo» provocato dal no ai due referendum, ha aggiunto, ha seminato confusione in Europa portando a una situazione che, dopo un anno, non è ancora stata risolta. Il periodo di riflessione non ha portato a nessun risultato, mentre il futuro dell´Europa è stato circondato da «un silenzio assordante». Qualcuno ha parlato dell´Europa dei progetti, ha aggiunto, «quando è del contrario di cui abbiamo bisogni: un progetto per l´Europa». Per il Primo Ministro, anche l´intenzione di salvare parte della Costituzione potrebbe scontrarsi contro un nuovo no. Ricordando poi che il Consiglio europeo prolungherà il periodo di riflessione, ha criticato l´abitudine di attendere i risultati delle elezioni in qualche Stato membro o l´avvicendarsi delle Presidenze per iniziare i negoziati. Per il Primo Ministro occorre invece agire, anche tenuto conto delle difficoltà economiche e dell´indebolimento dell´influenza europea sullo scacchiere mondiale, mentre la potenza militare non è all´altezza. Il Premier ha quindi affermato che tra le ragioni della disaffezione dei cittadini nei confronti del progetto europeo figura l´abitudine dei leader politici di attribuire all´Ue la responsabilità delle difficoltà interne e di accaparrarsi i meriti dei successi. Ma anche di un´Europa che non reagisce alle critiche anche più grottesche, come quelle relative alla «burocrazia kafkiana» o all´elevato costo del bilancio comunitario. In proposito, ha ricordato che i 24. 000 funzionari delle istituzioni rappresentano un numero ben inferiore agli addetti di una qualsiasi delle capitali europee, mentre il bilancio europeo - nettamente inferiore a quello degli Usa - costa 5 euro a settimana per ogni cittadini «in cambio di 50 anni di pace e di prosperità». Ma la ragione principale di questo distacco dei cittadini, ha spiegato, è il sentimento che l´Europa non fornisca le risposte alle loro preoccupazioni, come la disoccupazione, la delocalizzazione delle imprese e la criminalità transfrontaliera. Così come è adesso, ha quindi aggiunto, l´Unione non è abbastanza forte per proporre risposte efficaci e univoche. «Finché l´Europa non si avvierà definitivamente verso una vera federazione, dove la regola dell´unanimità sarebbe abolita o limitata al minimo, sarà privata degli strumenti che le permettono di affrontare rapidamente ed energicamente le nuove sfide». A 50 anni dal lancio dell´Unione «è giunto il momento di fare scelte definitive: confederazione o federazione, approccio intergovernativo o comunitario, un direttorio di alcuni Stati membri o una democrazia europea rafforzata sostenuta da una Commissione attiva e un Parlamento degno di questo nome». Per il Primo Ministro la sfida principale è la modernizzazione economica ed ha quindi paragonato alcuni dati economici europei con quelli di Usa, Cina, India e Giappone, decisamente migliori. A tale proposito, pur condividendo gli obiettivi della Strategia di Lisbona, ha criticato il metodo adottato per conseguirli che «manca d´efficacia», visto il suo carattere intergovernativo e dato che confina il ruolo delle istituzioni europee «all´elaborazione di classifiche e tabelle». Intanto, quasi tutti gli Stati membri sono in recessione soprattutto a causa della mancanza di riforme comuni. Secondo il Premier, invece, occorre una politica socio-economica comune per l´Europa di cui l´Unione traccia le linee direttrici delle riforme necessarie». Queste riforme, ha spiegato, esigono interventi sul piano dell´industria, dell´innovazione, della ricerca, della fiscalità, ma anche del mercato del lavoro, del sistema pensionistico e della sicurezza sociale e sanitaria. Non si tratta, ha aggiunto, di procedere a «un´armonizzazione cieca», bensì di promuovere la convergenza entro limiti minimi che impediscano il dumping sociale e limiti massimi per dare impulso alle riforme. La Strategia di Lisbona va quindi rafforzata attraverso un metodo maggiormente vincolante ed «esplicitamente comunitario». Un tale approccio, ha sostenuto il Primo Ministro, è ancora più indispensabile per l´Eurozona, in quanto la moneta unica e l´Unione monetaria non potranno sopravvivere se non sono sostenute da «un approccio comune alle sfide sociali e economiche». In proposito ha quindi sottolineato la necessità di rafforzare l´Uem, intesa come gli Stati che hanno già l´euro ma anche quelli che sono chiamati a adottarlo, suggerendo alcune soluzioni: preparazione congiunta del Vertice di Primavera, redazione frequente di relazioni e raccomandazioni, fissazione di punti di partenza macroeconomici al momento della definizione dei bilanci nazionali, elaborazione di criteri di convergenza in materia sociale, fiscale e economica, convocazione di riunioni tra i ministri del lavoro, degli affari sociali e della politica scientifica e, infine, rappresentazione autonoma negli organismi finanziari internazionali. Più in generale, il Premier, ritiene che occorre più Europa nel campo della giustizia e della sicurezza per ottimizzare la lotta contro l´immigrazione illegale, la criminalità e il terrorismo, m anche in materia di ricerca e sviluppo con l´adozione del brevetto europeo e, infine, nella politica estera sostenuta da una difesa europea. In proposito, ha precisato che solo quando si svilupperanno degli strumenti comuni, come un esercito e una diplomazia europei, l´Unione parlerà con una sola voce e sarà capace di reagire in tempo alle crisi internazionali. Anche perché la Nato diventerà sempre di più una rete di sicurezza internazionale nel quadro di una nuova cooperazione mondiale in cui la difesa europea dovrà essere integrata come pilastro autonomo. Per il Primo Ministro, poi, l´Europa «non può presentarsi come la coscienza morale del mondo intero senza disporre di un contrappeso militare» e non è nemmeno possibile che l´Unione si rivolga sempre agli Usa non appena è confrontata a una crisi sul proprio continente, come in Bosnia e in Kossovo. Passando poi alla Costituzione, il Primo Ministro ha scartato la possibilità di mantenere lo status quo, così come l´opzione del "pick and choose" e, a maggior ragione, quella del "roll back", ossia di limitare il progetto europeo a una zona di libero scambio. Da un punto di visto pratico e politico, ha quindi affermato, «si presenta una sola opzione: proseguire il processo di ratifica di questa Costituzione». A suo parere, infatti, non sarebbe democratico non tenere conto del fatto che, a fronte di due "no", sono quindici gli Stati membri che l´hanno ratificata. Quegli Stati membri che hanno sospeso la ratifica, ha insistito, hanno il dovere di riprendere il processo, rispettando così quanto convenuto con la dichiarazione 30 allegata al progetto di trattato. Non è infatti utopico che 4/5 degli Stati membri procedano alla ratifico entro due anni dalla firma e, così facendo, «si aprirebbero nuove prospettive». Nel frattempo, ha precisato, «nessun ostacolo potrà impedire il proseguimento dell´integrazione». Occorre quindi aprire una seconda pista, parallela alla ratifica, che non impone una modifica dei trattati e che associ tutti quei paesi che desiderano intraprenderla. E´ solo così, ha spiegato che si potrà progredire «senza perdere tempo». Il Primo Ministro belga ha quindi concluso ricordando che al momento del fallimento della Comunità europea di difesa i dirigenti europei di allora non hanno avuto bisogno di un periodo di riflessione, di consultazioni o di sondaggi: «hanno negoziato per due anni e poi sono andati a Roma a creare la Comunità economica europea». E´ quindi «venuto il tempo di fare un grande passo avanti e rimettere l´Europa in carreggiata». Occorre il coraggio politico di cui hanno dato prova Jean Monnet, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Paul-henri Spaak e Robert Schumann, «il coraggio di raddrizzarsi dopo una terribile disavventura, di rialzare la testa e di continuare ad avanzare». Interventi in nome dei gruppi politici Hans-gert Poettering (Ppe/de, De) ha esordito sottolineando che nell´Ue vivono 455 milioni di cittadini - «molti di più che negli Usa» - che presto diventeranno 500 milioni. Ha quindi messo in risalto la molteplicità culturale dell´Europa, ma anche la difficoltà di governarla. Per il suo gruppo, ha proseguito, «Nizza non è la base per il futuro dei cittadini europei» e si è quindi augurato che alla fine del processo di riflessione l´Unione ne esca rafforzata. Pur ammettendo che il termine Costituzione è apparso ad alcuni troppo ambizioso, ha ribadito che i popolari vogliono andare oltre i trattati attuali. Il deputato ha poi stigmatizzato l´atteggiamento dei capi di governo che criticano continuamente l´Unione europea e si stupiscono poi che i cittadini boccino la Costituzione. In proposito, ha sottolineato la tendenza a vedere soprattutto gli aspetti negativi dell´Ue, sminuendo quelli positivi. Come l´ampliamento del 2004 che ha riportato in Europa i paesi che hanno patito la dittatura comunista e l´introduzione dell´euro che ha permesso ai diversi Stati di far fronte alla globalizzazione senza svalutazioni competitive. Occorre poi affrontare problemi importanti, come quelli legati all´immigrazione e all´asilo, trovando delle soluzioni nel rispetto dei principi e della sostanza della Costituzione. Sostenendo poi che il processo di ratifica deve proseguire, il leader dei popolari ha sottolineato che il suo gruppo è favorevole alla solidarietà a tutti i livelli - comunale, regionale, nazionale e europeo - riservando alle competenze comunitarie quei campi che non possono essere affrontati dai singoli Stati singolarmente. Martin Schulz (Pse, De), definendo «coraggioso» e «franco» il discorso del Premier belga, ha sottolineato che «la crisi europea è la crisi dei capi di Stato e di governo europei, meno Juncker e Verhofstadt». Questi ultimi due, ha infatti aggiunto, vogliono approfondire l´integrazione e proseguire l´allargamento e, inoltre, rispettano gli impegni presi. Secondo il deputato non appare utopistico che 20 Stati membri ratifichino la Costituzione che, comunque, «non è morta» e non bisogna quindi rinunciarvi. Ha poi sottolineato che molti cittadini olandesi e francesi sono favorevoli all´Europa ma che è la depressione economica che ha spinto la maggioranza a votare contro la Costituzione. Il leader socialdemocratico ha poi affermato che in Europa «manca il coraggio di difendere le proprie convinzioni mettendo in gioco il proprio destino politico» e, come eccezione, ha citato nuovamente il Primo Ministro lussemburghese. Ha quindi concluso affermando che «se in Europa ci fossero più Verhofstadt, si farebbero molti passi avanti». Graham Watson (Alde/adle, Uk), definendo il Primo Ministro belga «un dei maggiori architetti della riforma dell´Ue», ha sottolineato l´esigenza di ricollegare l´Europa ai cittadini. Nel fare poi riferimento ad un recente sondaggio, ha affermato di avere ancora la speranza in quanto i cittadini hanno più fiducia nelle istituzioni comunitarie che in quelle nazionali per fare fronte alle sfide mondiali. Ha inoltre sostenuto che «l´Europa dei progetti non può decollare se gli Stati membri non spiegano ai cittadini la sua azione» e se non si dota l´Unione dei poteri e dei fondi necessari. Per il deputato occorre quindi superare il sistema dell´unanimità. A suo parere, nel periodo di riflessione, bisogna proseguire e intensificare i dibattiti, soprattutto a livello nazionale. Il processo, inoltre, «non è morto» e ciò è anche dimostrato dall´impegno di molti leader europei come Angela Merkel, Romano Prodi e Guy Verhofstatd. Il futuro è quindi più roseo di quanto appaia ma occorre ancora molto lavoro, anche perché le sfide a livello mondiale non possono essere affrontate dai singoli Stati. Monica Frassoni (Verdi/ale, It) ha innanzitutto ringraziato il Premier belga per la sua presenza «in questo periodo di siesta generalizzata presa dalla Commissione e dal Parlamento» ed ha espresso l´auspicio che «il suo sforzo generoso aiuti a portare un minimo di luce in questa continua crisi». Dicendosi quindi «abbastanza d´accordo» sulla sua visione istituzionale e condividendo quanto detto su Lisbona e sul fatto che le ratifiche devono continuare, ha tuttavia affermato che «non si potranno portare la Francia e l´Olanda a pronunciarsi sullo stesso testo» mentre la doppia strategia «cade sulla debolezza delle risposte politiche». Per la leader dei Verdi, «se l´Unione europea deve essere amata dai suoi cittadini, deve dimostrare di funzionare», ma in questi ultimi anni «nessuna grande iniziativa è stata presa sulla questione dell´ambiente, sulla questione del lavoro, sulla pace, sullo sviluppo, sui diritti umani, sull´integrazione dei nuovi cittadini». Notando come le istituzioni e le politiche siano «indissolubilmente legate», ha quindi affermato che non si può conquistare la maggioranza dei cittadini all´idea di un´unione federale, democratica e pacifica affidandosi «ad esempi assolutamente preoccupanti come quello americano, cinese o indiano», che creano «povertà, consumo e spreco di risorse». La deputata ha quindi notato che, nel suo discorso, il Premier non ha menzionato neanche una volta le grandi sfide ambientali ed ecologiche. Inoltre, ha sostenuto che parlare di esercito europeo «è forse una fuga in avanti, eccessiva che non condividiamo», soprattutto «in una situazione in cui come europei balbettiamo nella maggior parte delle crisi e siamo obbligati a seguire gli americani» e dove la nostra credibilità su tutte le questioni dei diritti umani e sulla questione della pace perde velocità. Affermando poi che una costituzione europea è necessaria e che occorre trovare i modi per conquistare i cittadini, ha concluso affermando che «non è sicuramente con più mercato, più liberalizzazioni, più armi che noi lo potremmo fare», bensì «cambiando davvero le politiche dell´Europa verso una maggiore sostenibilità». Francis Wurtz (Gue/ngl, Fr) si è innanzitutto lamentato dell´impossibilità di poter rispondere a un discorso di tre quarti d´ora con solo tre minuti a disposizione. Ha poi affermato di non condividere molto di quanto affermato dal Premier. Come il fatto di addebitare la crisi dell´Unione a una questione di metodo, non abbastanza federale, «tralasciando le scelte economiche e sociali». L´idea, ad esempio, di fissare dei criteri di convergenza massimi in materia sociale in nome di una governance socioeconomica va nella direzione sbagliata, così come l´integrazione nella Nato. In merito al divario tra i cittadini e l´Europa, il deputato ha sottolineato come sia proprio sulle tematiche sociali che i cittadini attribuiscono alle istituzioni europee un giudizio insufficiente. Ai loro occhi, infatti la mondializzazione rappresenta una minaccia per il modello sociale e il mercato unico non è vissuto come una risposta a questo problema di fondo e non è certo il progetto di mercato transatlantico che potrà tranquillizzarli. Ha quindi concluso affermando che è solo accettando dei veri cambiamenti, non solo istituzionali, ma anche nell´orientamento economico, sociale e politico, «che si avrà la possibilità di far rinascere il sogno europeo». Per Nigel Farage (Ind/dem, Uk) «è una farsa chiamare questo un dibattito sul futuro dell´Europa». Si tratta infatti di un´elite politica che «parla a se stessa». Inoltre, ha criticato il fatto che il Premier belga «dica agli altri 24 Stati membri cosa devono fare», quando «farebbe meglio a guardare in casa propria» dove il 51% delle popolazione delle Fiandre chiede l´indipendenza. Ha poi stigmatizzato le affermazioni del Primo Ministro riguardo alla necessità di andare oltre la volontà dei cittadini, sostenendo che ciò «minaccia il principio dell´autodeterminazione». Brian Crowley (Uen, Ie) ha incentrato il suo intervento sulla necessità o meno di «più Europa». A suo parere la questione non deve essere posta in questi termini. Facendo riferimento a quanto ha potuto constatare nel suo collegio elettorale, ha osservato che i suoi elettori sono effettivamente favorevoli all´intervento dell´Ue in alcuni ambiti, come la pesca, ma sarebbero assolutamente contrari ad affidare all´Europa una competenza fiscale o la costituzione di un esercito. La via federale, ha quindi concluso, «non è necessariamente la migliore». Interventi dei deputati italiani Per Antonio Tajani (Ppe/de, It), l´Europa «è un grande ideale, è la nostra storia, è il nostro futuro». L´europa, ha aggiunto, è anche «la nostra cultura, i nostri valori», è «la civiltà occidentale che crede nella libertà, nella tolleranza, nella centralità della persona e nella pace» e, pertanto, «non può rinunciare alle sue radici cristiane». Perché, a suo parere, non si può pensare che l´Unione «sia soltanto burocrazia lontana dai cittadini ed un´istituzione preoccupata solo di dettare regole su tante piccole questioni». Per «coinvolgere le coscienze dei popoli», ha quindi spiegato, occorre «un´Europa che dia risposte alle esigenze più importanti dei cittadini, come prevede il trattato costituzionale sottoscritto a Roma», e per superare la crisi attuale, «l´Unione ha bisogno di un trattato che avvicini l´Europa alla gente». Ha quindi affermato di riporre grande fiducia nel semestre a guida tedesca «per raggiungere una meta per la quale tutti lavoriamo». L´europa, ha proseguito, ha bisogno di rafforzarsi «in uno scenario di irrinunciabili rapporti transatlantici» ed ha anche bisogno di un´unità politica per affrontare alcune grandi sfide. Al riguardo ha quindi citato la lotta al terrorismo «per costruire la pace in Medio Oriente e nei Balcani» e la crescita e lo sviluppo «senza violare alcune regole alle quali deve assoggettarsi anche la scienza e favorendo in fretta la liberalizzazione dei servizi». Ma anche il confronto economico e commerciale con Cina e India, «due grandi paesi emergenti che stanno però preparando un´alleanza fra loro». Vi è poi la sfida della questione energetica, «pensando anche al nucleare», quella legata all´immigrazione e all´emergenza Africa e, infine, la sfida dell´allargamento dei confini a Romania, Bulgaria e Croazia «senza chiudere le porte ad altri paesi candidati». Ha quindi concluso che «vinceremo queste sfide soltanto se riusciremo a trasformare l´Europa, oggi troppo condizionata dalla burocrazia, nell´Europa dei cittadini, della politica e dei valori». Replica del Primo Ministro Guy Verohfstadt ha affermato che l´Europa deve attenersi al suo destino e seguire il corso della storia. Possiamo pensare che sia troppo veloce o troppo lento, ha spiegato, «ma la storia ha già mostrato cosa succede quando siamo divisi». Ha definito egoista, il voler lasciare fuori i Balcani dallo spazio di pace e di stabilità europeo e ha sostenuto che l´adesione della Turchia è stata strumentalizzata in uno spirito di chiusura. Ha poi sottolineato la coerenza della sua condotta e delle sue affermazioni, sia al Consiglio che al Parlamento. La cosa importante, ha aggiunto, è che al Vertice di giugno si decida come continuare il processo. Dicendosi poi d´accordo sul proseguire il periodo di riflessione, sul convocare una nuova Cig o qualsiasi altra iniziativa per ridefinire l´assetto istituzionale, ha sottolineato nuovamente l´importanza della strategia del doppio binario per rispondere alle aspettative dei cittadini con politiche concrete, perché non si può perdere del tempo nel fornire una risposta alla globalizzazione. Sarebbe, infatti, «un grave errore» non agire subito, senza modificare i trattati. In seguito, ha riaffermato la validità della dichiarazione 30 allegata al trattato costituzionale, ricordando che in origine si pensava che, ottenuti i 4/5 delle ratifiche, si sarebbe dovuti adottare il testo. Questa opzione è stata però respinta da alcuni governi. Infine, ha insistito nuovamente sulla necessità di definire una strategia per la governance socioeconomica, visto che sono tali questioni che hanno portato alla bocciatura della Costituzione e che un ulteriore perdita di tempo porta al rischio di fare scemare ancora di più il consenso dei cittadini. .  
   
 

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