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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Febbraio 2007
 
   
  MOSTRA PERSONALE DI DANIELA CAVALLO “SUSPENSE” DAL 16 MARZO 2007 AL 21 APRILE 2007

 
   
   Milano, 19 febbraio 2007 - S’intitola Suspense il progetto personale di Daniela Cavallo presso Angel Art Gallery, un’indagine estetica di quella condizione psichica di fissità e sospensione dell’anima dinanzi alla bellezza e alla poesia della natura. La ricerca di Daniela Cavallo prosegue sulla linea di essenzialità formale che si esprime in una grammatica visiva di luce e colore. In questo modo la fotografia abbandona il codice della pura referenzialità esteriore e si trasforma in un esercizio speculativo che consente di riconoscere e mettere a fuoco, nella realtà circostante, i cosiddetti “paesaggi dell’anima”. Nelle fotografie della Cavallo prevale l’aspetto panico dell’uomo di fronte alla natura - sentimento di matrice romantica ma connaturato anche nell’uomo moderno - che viene esemplificato nella contrapposizione tra la sagoma minuscola di una ragazza contemporanea e l’immensità e potenza delle manifestazioni atmosferiche che la circondano. L’energia di colore e luce nasce appunto dal processo di attraversamento e spostamento dell’uomo all’interno della natura, che imprime segni e al contempo si lascia plasmare e influenzare nel suo intimo. L’occhio dell’artista enuclea questi particolari momenti di magia e bellezza del paesaggio e li trasforma in “epifanie” del reale, in “metafisiche” del quotidiano, cariche di un senso di sospensione e fissità a-temporale. Uno stato emotivo di Suspense si genera solitamente da una condizione psichica di fissità e sospensione dell’anima dinanzi alla bellezza o alla drammaticità a di alcune situazioni reali o immaginate. La categoria estetica del sublime, nata in Inghilterra verso la metà del settecento, aveva già cercato di motivare questo stato di rapimento estatico, di trance emotiva, descrivendolo come un sentimento provocato da idee di piacere e insieme di dolore, di fronte a cui la nostra natura sensibile riconosce i propri limiti. Principale teorico del sublime è Edmund Burke che nella sua Ricerca sull’origine delle idee del sublime e del bello, distingue i concetti del bello e del sublime: l’uno fondato sul piacere, l’altro sul dolore, l’uno intuitivo e sensibile, l’altro fantastico per associazione di idee. Bello e sublime, secondo il filosofo, derivano da cause oggettive distinte, che “non deve dimenticare chi si propone nell’arte di suscitare emozioni”. Il sentimento del sublime è un’emozione complessa, a sfondo doloroso, perché derivata dal terrore oppure dallo stupore, o da altri simili sentimenti, che insorgono di fronte a cose più grandi di noi, come le forze scatenate dalla natura, la potenza, la vastità, il vuoto, la solitudine, e quell’infinità nello spazio e nel tempo che ci sovrasta e ci sgomenta. Il movimento del sublime, teorizzato da Burke, caratterizzò tutte le correnti romantiche e trovò nell’opera di Caspar David Friedrich la propria applicazione congeniale, non solo per la specifica scelta di temi, ma anche e soprattutto per la stilizzazione del paesaggio, la rinuncia alla spazialità prospettica, alle atmosfere idilliche, e infine per l’accentuazione del senso di infinito. Se il romanticismo tedesco, con la figura di Friedrich, riflette sul rapporto tra natura e individuo, spesso presente all’interno dell’opera, il romanticismo inglese, che annovera William Turner tra i suoi principali esponenti, tende invece a dissolvere la rappresentazione realistica del paesaggio per imboccare una strada nuova e affascinante, basata sulle componenti della luce e del colore. Come già nel Romanticismo, così nella ricerca di Daniela Cavallo l’equilibrio tra essere umano e realtà si è spezzato. Nel recente ciclo fotografico, intitolato Suspense, prevale l’aspetto panico dell’uomo di fronte alla natura, un sentimento di matrice romantica ma connaturato anche nell’uomo moderno, in questa fase di passaggio al terzo millennio. I personaggi di Daniela Cavallo, come quelli tipici delle opere di Friderich, sono sagome minuscole, sproporzionate rispetto alla complessità e immensità del mondo circostante. La piccolezza dell’uomo di fronte all’infinità della natura è spesso accentuata dalle dimensioni ridotte o fuori scala di queste figure, simboli della profonda solitudine dell’individuo e della sua tensione verso l’armonica unione con l’assoluto, con il divino. Lo spettatore tende quindi a identificarsi con questi misteriosi personaggi, diventando in qualche modo protagonista del dipinto e proiettando la propria interiorità all’interno dei paesaggi spiritualizzati della Cavallo. Le immagini di Daniela Cavallo rispondono a strutture geometriche rigorose, basate sul modulo del quadrato, sono vincolate da costruzioni simmetriche perfette e si fondano sul contrasto tra elementi verticali e orizzontali. Unico elemento verticale della composizione è la figura, che genera una nuova proporzione all’interno del paesaggio e rende visibile il distacco tra esistenza terrena e vita eterna. Le manifestazioni atmosferiche del cielo o del mare vengono ad occupare più della metà della dimensione spaziale della foto e, non essendoci il limite di quinte scenografiche, si viene a creare quell’estensione incommensurabile della natura in contrapposizione alla piccolezza della figura. Solo qualche piccolo e isolato elemento anima il cielo infinito, come antenne o comignoli, accrescendo ulteriormente il senso di solitudine e di sgomento di fronte alla sconfinata vastità dello spazio. Macchie effimere cariche di significato, le nuvole che compaiono nelle opere Antenne, Campi magnetici, Altitudini, Dialogo e Apocalisse, sono più di un semplice fenomeno meteorologico da indagare, sono portatrici di un mistero da svelare, e diventano protagoniste di un mondo ignoto, nascosto, inafferrabile. Nuvole che si diradano dopo un temporale, nuvole che lievi si lasciano trascinare dal vento, nuvole gravide di pioggia, sono simboli della fugacità e dello scorrere del tempo. Allo stesso modo il gioco ritmico e oscillatorio delle onde del mare in Ofelia e Light stimola la fantasia e l’immaginazione, sollecitando l’osservatore a proiettare qualcosa di sé all’interno del dipinto. Il linguaggio di Daniela Cavallo porta avanti una linea di essenzialità e rigore formale già evidenziata nel precedente ciclo di opere intitolato Speculazioni, e si esprime attraverso una grammatica visiva di luce e colore. Questa energia di colore e luce, che si accomuna alla concezione pittorica di William Turner, nasce appunto dal processo di attraversamento e spostamento dell’uomo all’interno della natura, che imprime segni al paesaggio e al contempo si lascia plasmare e influenzare nel suo intimo. Perché sia causa capace di stimolare un sentimento di Suspense, la luce, secondo Burke, deve essere accompagnata da alcune condizioni: deve essere forte come quella del sole, oppure muoversi con grande celerità: il lampo, per esempio, è senz’altro causa di grandiosità, a causa dell’estrema velocità del suo movimento. Nelle foto di Daniela Cavallo la luce è in grado di generare forti emozioni perché trapassa rapidamente da un grado di luminosità a uno di oscurità, producendo un effetto di destabilizzazione. La luce impressiona bruscamente le opere della Cavallo, genera bagliori inattesi e produce accecamenti subitanei, dà vita a mille variopinti riflessi e seleziona gli attimi rivelatori di uno stato di coscienza. La luce è principio ordinatore del mondo perché attraverso i valori cromatici rivela la natura delle cose. In uno scenario quasi apocalittico, appare un’incredibile sinfonia di colori in cui prevalgono le tonalità acide, che spaziano dal violaceo al magenta, dal blu elettrico al verde fluorescente. Il colore viola esprime la tipica nostalgia romantica per mete lontane e irraggiungibili (Esercitiamoci e Light4), mentre il magenta provoca una condizione di sospensione e inquietudine dovuta a una forma di mancanza o privazione (Ciclo). Il blu elettrico dona un senso di pace e silenzio profondo (Oltre) mentre il verde fluorescente trasforma il paesaggio in un luogo irreale e metafisico (Bivio e Giardino segreto). Il colore espressionista della Cavallo esalta ed esaspera il dato cromatico generando un grado di intuizione espressiva, fino a costituire un leit-motiv di forte evidenza tematica. Attraverso il colore espressionista, la fotografa fissa nella sua essenza figurativa un paesaggio o una visione e ci trasmette un’emozione. Attraverso il colore espressionista, l’artista ci restituisce il respiro di un’atmosfera e il suo splendore di luci e colori. La bellezza della forma e quella del colore, nell’opera della Cavallo, sono in relazione strettissima. Elementi di paesaggi raccolti in luoghi e momenti diversi sono riuniti per consentire all’artista di far emergere all’interno del paesaggio “ciò che vede in sé”, trasformando l’opera nel riflesso della propria sensibilità e interiorità. L’occhio dell’artista enuclea questi particolari momenti di magia e bellezza del paesaggio e li trasforma in “epifanie” del reale, in “metafisiche” del quotidiano, cariche di un senso di sospensione e fissità a-temporale. Per la Cavallo non si tratta infatti di impressioni naturalistiche, ma piuttosto di paesaggi interiori, di camere a risonanza psichica dove proiettare l’interiorità dell’uomo. In questo modo il lavoro fotografico abbandona il codice della pura referenzialità esteriore e si trasforma in un esercizio speculativo che consente di riconoscere e mettere a fuoco, nella realtà circostante, i cosiddetti “paesaggi dell’anima”. .  
   
 

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