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Notiziario Marketpress di Lunedì 26 Novembre 2012
 
   
  «LA LOCANDIERA», QUANDO LA SEDUZIONE SALE SUL PALCO

 
   
  Busto Arsizio (Varese), 26 novembre 2012 - Una donna economicamente indipendente e divertita dal gioco della seduzione: ecco il ritratto di Mirandolina, uno dei caratteri femminili di maggior successo sulla scena drammaturgica italiana, protagonista del secondo appuntamento della stagione 2012/2013 del teatro Sociale di Busto Arsizio. Dopo la rappresentazione del dramma «Il cerchio di gesso del Caucaso» di Bertolt Brecht, la sala di piazza Plebiscito ospiterà, infatti, la commedia «La locandiera» di Carlo Goldoni, per la regia di Delia Cajelli e con gli attori del teatro Sociale. Lo spettacolo, prodotto dall’associazione culturale «Educarte», sarà in agenda per la serata di giovedì 29 novembre, alle ore 21, nell’ambito della stagione cittadina «Ba Teatro». È prevista anche una rappresentazione per le scuole secondarie di primo e di secondo grado della città di Busto Arsizio e dei paesi limitrofi nella mattinata di giovedì 28 novembre, alle ore 10.15, in apertura della rassegna «Il teatro dei ragazzi e per i ragazzi». Sul palco saliranno Ambra Greta Cajelli, Gerry Franceschini, Silvano Melia, Mario Piciollo, Anita Romano ed Elisa Vai, insieme con Michele Pollastro ed Emanuele Caruso, due allievi del progetto di «Officina della creatività» di «Educarte», iscritti ai corsi «Accademia del musical» e «Chi è di scena? Il pubblico». «La locandiera» -pubblicata per la prima volta nel 1753 per i tipi dell’editore Paperini di Firenze, all’interno del secondo tomo delle opere goldoniane (insieme con «Il tutore», «L’adulatore», «Il Molière» e «Il cavaliere e la dama»)- fu scritta da Carlo Goldoni, tra l’ottobre e il novembre 1752, per l’attrice Maddalena Raffi Marliani, nome d´arte Corallina, la «servetta» della compagnia di Gerolamo Medebach. La prima rappresentazione si tenne il giorno di Santo Stefano del 1752, al teatro Sant’angelo di Venezia (lo ricorda lo stesso autore nei suoi «Mémoires»). Lo spettacolo venne, poi, replicato più volte, e con successo, in occasione dei festeggiamenti per il carnevale dell’anno successivo. «La locandiera», che lo stesso Carlo Goldoni Definita dallo stesso autore, nella prefazione, «la più morale, la più utile e la più istruttiva» di tutta la sua produzione, quest’opera dà vita a un nuovo modello di teatro: la commedia di carattere, un genere che soppianta gli schemi, ormai obsoleti e stereotipati, della Commedia dell’arte. Sotto i riflettori sale, infatti, una figura ben delineata nei suoi tratti: la protagonista di quest’opera, oggetto in Italia di eccellenti edizioni firmate da importanti registi quali, per esempio, Luchino Visconti e Giorgio Strehler, è saggia e spiritosa, garbata e perspicace, civetta e accorta. Rappresenta -per usare le parole di Nicola Mangini- è «la più mirabile espressione della femminilità trionfante e certo uno dei personaggi più vivi che sia mai apparso alla ribalta». La trama è costruita con grande abilità, sia nella caratterizzazione dei personaggi e nell’illustrazione dell’ambiente che nel ritmo dei dialoghi e nel taglio delle scene. Mirandolina (Ambra Greta Cajelli), avvenente e vivace padrona di una locanda a Firenze, è oggetto di galanti attenzioni da parte di due suoi clienti: il ricco conte di Albafiorita (Mario Piciollo), che spera di veder ricambiati i doni di cui la ricopre, e lo spiantato marchese di Forlipopoli (Gerry Franceschini), che ne pretende l’affetto come dovuto alla sua nobiltà. Il cavaliere di Ripafratta (Silvano Melia) fa, invece, professione di misoginia. Per questo motivo la locandiera, ferita nell’orgoglio e decisa a vedersi «servita, vagheggiata, adorata» anche da chi pone resistenze al fascino femminile, decide di farlo innamorare, usando tutta l’arte della seduzione per «vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che son nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura». Ad assecondare il suo piano contribuisce l’arrivo alla locanda di Ortensia (Anita Romano) e Dejanira (Elisa Vai), due attrici in bolletta, che, abituate a ricoprire parti di donne nobili, si spacciano per aristocratiche. Mirandolina capisce subito la finzione, ma l’asseconda, facendo in modo che il conte e il marchese si dedichino alle nuove arrivate, per concentrare tutte le sue energie sul burbero cavaliere, che, dopo lacrime e un finto svenimento, cade nella trappola e confessa alla donna di amarla. La locandiera svelerà, infine, il suo gioco di seduzione e ai tre uomini spiegherà di preferire un matrimonio sicuro con il valido Fabrizio (Michele Pollastro), uomo del suo ceto, che può aiutarla nella conduzione degli affari. «Mi piace l´arrosto, e del fumo non so che farne», dichiarerà, a motivazione della sua scelta, la saggia Mirandolina, incarnazione dell´eterno femminino, ma anche personificazione della donna d’affari pratica e calcolatrice, sorta di femminista ante litteram. «Per la regia de «La locandiera» –ha raccontato Delia Cajelli, in conferenza stampa- mi rifaccio a un’operazione interessante degli anni Cinquanta: la regia di Luchino Visconti. Qui, per la prima volta, Mirandolina viene vista non come una ‘damina’ svenevole del Settecento, ma come l’ultima serva della Commedia dell’arte, una sorta di evoluzione del personaggio di Corallina».  
   
 

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