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Notiziario Marketpress di Lunedì 10 Dicembre 2012
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA (CORTE DI GIUSTIZIA): DIRETTIVA RIMPATRI AMMETTE OBBLIGO DI PERMANENZA DOMICILIARE CHE TERMINA CON IL TRASFERIMENTO FUORI DELLO STATO

 
   
  La direttiva rimpatri degli immigranti irregolari non osta a che uno Stato membro sanzioni il soggiorno irregolare con la pena dell’ammenda che può, a talune condizioni, essere sostituita con la pena dell’espulsione Per contro, la direttiva non ammette che uno Stato membro sanzioni il soggiorno irregolare con l’obbligo di permanenza domiciliare, qualora non sia garantito che tale pena termini non appena sia possibile il trasferimento fisico dell’interessato fuori dallo Stato membro La direttiva sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare («direttiva rimpatri») fissa le norme e le procedure comuni applicabili negli Stati membri per l’allontanamento dal loro territorio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Secondo la normativa italiana, il soggiorno irregolare può essere sanzionato con un’ammenda che può, a talune condizioni, essere sostituita con l’espulsione o la permanenza domiciliare. Il sig. Sagor, che dichiara di essere nato in Bangladesh, è venditore ambulante senza fissa dimora in Italia. Non possedendo titolo di soggiorno, egli è stato citato, nel 2010, dinanzi al Tribunale di Rovigo per il reato di soggiorno irregolare. Il giudice italiano, in dubbio sulla compatibilità della normativa italiana con il diritto dell’Unione, chiede alla Corte di giustizia se la direttiva rimpatri osti a una siffatta normativa. Nella sentenza odierna, la Corte ricorda preliminarmente che la direttiva rimpatri non mira ad armonizzare integralmente le disposizioni degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri e, conseguentemente, ammette che il diritto di uno Stato membro qualifichi come reato il soggiorno irregolare e preveda sanzioni penali per dissuadere e reprimere tale violazione. Tuttavia, il diritto nazionale non deve pregiudicare l´applicazione delle norme e delle procedure comuni fissate dalla direttiva, privandola così del suo effetto utile. La Corte conferma, anzitutto, la sua giurisprudenza, secondo cui la direttiva rimpatri non sarebbe correttamente osservata qualora lo Stato membro, dopo aver constatato il soggiorno irregolare del cittadino di un paese terzo, facesse precedere l’adozione o l’esecuzione della decisione di rimpatrio da un procedimento penale che può condurre alla detenzione nel corso della procedura di rimpatrio stessa, con il rischio di ritardare l’allontanamento. La Corte osserva poi che le misure di rimpatrio non sono ritardate o ostacolate da un procedimento penale come quello promosso a carico del sig. Sagor, poiché la normativa nazionale di cui trattasi consente che il rimpatrio sia realizzato indipendentemente da detto procedimento penale e senza che quest’ultimo abbia avuto esito. Neppure l’applicazione di un’ammenda ostacola l’attuazione del rimpatrio. Del pari non è in contrasto con la direttiva la possibilità offerta al giudice penale di sostituire l´ammenda con una pena di espulsione, accompagnata da un divieto di ingresso nel territorio italiano, nel caso in cui sia possibile realizzare immediatamente il rimpatrio dell’interessato. Infatti, la direttiva consente agli Stati membri, sulla base di un esame individuale della situazione dell’interessato, di imporre l’espulsione senza concedere un termine di partenza volontaria, qualora esista un rischio che il soggetto fugga per sottrarsi alla procedura di rimpatrio. La Corte ricorda, infine, che gli Stati membri sono tenuti, in ragione del loro obbligo di lealtà e delle esigenze di efficacia della direttiva, a procedere all’allontanamento nel più breve tempo possibile. Orbene, qualora l’ammenda sia sostituita da un obbligo di permanenza domiciliare, la Corte constata che quest’ultima, applicata nel corso della procedura di rimpatrio, non contribuisce alla realizzazione del trasferimento fisico fuori dello Stato membro del cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare. Al contrario, l’obbligo di permanenza domiciliare può ritardare e ostacolare le misure di riaccompagnamento alla frontiera e di rimpatrio forzato per via aerea. La Corte considera pertanto che la direttiva rimpatri osta ad una normativa nazionale che consente di sanzionare il soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi con un obbligo di permanenza domiciliare, senza garantire che quest’ultima debba terminare non appena sia possibile il trasferimento fisico dell’interessato fuori dallo Stato membro. Spetta al giudice italiano esaminare se, nella normativa nazionale, esista una disposizione che faccia prevalere l’allontanamento sull’esecuzione dell’obbligo di permanenza domiciliare. (Corte di giustizia dell’Unione europea, Lussemburgo, 6 dicembre 2012, Sentenza nella causa C-430/11, Md Sagor)  
   
 

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