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Notiziario Marketpress di Lunedì 17 Dicembre 2012
 
   
  DOLORE CRONICO PER 7 ANZIANI SU 10 MA IL 57% NON E’ IN CURA. DISINFORMAZIONE DIFFUSA E TERAPIE INAPPROPRIATE

 
   
  Milano, 17 Dicembre 2012 – Convivono, anche da oltre un anno, con un dolore persistente, spesso di natura osteoarticolare, ma sono poco consapevoli delle strategie terapeutiche più opportune per alleviarlo. Benché la sofferenza sia di grado moderato-severo e limiti la loro autonomia, i medici ai quali si rivolgono tendono a sottovalutare il problema, non lo monitorano e lo trattano in modo inadeguato, ricorrendo anche per lungo tempo agli antinfiammatori non steroidei (Fans). E’ l’identikit del paziente anziano con dolore, emerso da un’indagine commissionata dal Centro Studi Mundipharma a Demoskopea e presentata a Milano, in un convegno organizzato da Aboutpharma. La ricerca, condotta in tutta Italia a Ottobre, su un campione di 407 individui di età compresa tra 60-80 anni (al 55% donne) ha voluto sondare il reale impatto della sofferenza fisica nella popolazione geriatrica, verificando come la condizione dolorosa venga affrontata dai clinici e dagli stessi pazienti e quanto questi ultimi siano informati sulla malattia e le sue possibili cure. Analizzando in dettaglio i risultati della survey, si scopre che il 74% degli intervistati è afflitto da un dolore cronico che, nell’85% dei casi, perdura da oltre un anno e, per la metà del campione, limita in tutto o in parte le attività quotidiane. Tra le patologie che più causano sofferenza, spiccano artrosi (38%), mal di schiena (36%) e cervicalgia (21%). A livello di dichiarato, il 55% dei pazienti giudica la propria sintomatologia algica di intensità moderata e 1 su 3 la reputa severa; se, tuttavia, si chiede di riclassificare l’intensità secondo la scala Nrs da 0 a 10, coloro che soffrono di dolore severo salgono al 53%. Questa significativa discrepanza segnala che gli anziani sono probabilmente i primi a sottostimare la loro condizione. E i medici? Secondo quanto affermano gli intervistati, soltanto 1 su 3 misura l’intensità del dolore del proprio assistito e, con regolarità, lo fa solo il 15%, contravvenendo così a quanto stabilisce l’art.7 della Legge 38, che invita i clinici a registrare sempre il livello della sintomatologia dolorosa, la sua evoluzione nel tempo e l’effetto delle cure prescritte. Non solo: anche quando la misurazione viene effettuata, l’88% dei medici si basa sul racconto del paziente, mentre un esiguo 20% ricorre a scale di valutazione validate, che rappresentano l’unico strumento oggettivo per poter poi impostare una terapia adeguata. E, pur adottando un atteggiamento di ascolto nei confronti del malato anziano (70%), i clinici sembrano poco orientati a un effettivo intervento: 1 su 5 tende a minimizzare il problema dolore o addirittura consiglia di “sopportarlo”. “I risultati dell’indagine Demoskopea rivelano che, per concretizzare pienamente la Legge 38/2010 nella pratica clinica, dobbiamo abbattere le barriere culturali ancora esistenti”, dichiara Guido Fanelli, Presidente della Commissione ministeriale Terapia del Dolore e Cure Palliative. “Va sfatata l’errata convinzione che la sofferenza sia un processo inevitabile dell’invecchiamento, al quale rassegnarsi. L’articolo 1 della normativa, tutelando il diritto di ogni cittadino a ricevere la terapia del dolore, rende in modo implicito obbligatorio anche il trattamento della condizione dolorosa nell’età avanzata: assicurare a questi pazienti un’adeguata assistenza non è dunque soltanto un dovere morale del medico ma anche un obbligo legislativo. Una gestione più appropriata del problema, possibile solo attraverso un costante monitoraggio del dolore attraverso scale validate di valutazione, consente di migliorare la qualità di vita degli anziani ma anche diminuire i costi a carico della famiglia e del sistema sanitario”. E per quanto concerne le cure, qual è l´atteggiamento dei medici? Quasi 6 pazienti geriatrici su 10 non seguono una terapia farmacologica. Il motivo? Ricorrono ai medicinali solo al bisogno (36%) o, addirittura, aspettano che il male passi da solo. Agli oppiacei si ricorre soltanto nel 6% dei casi, ma si tratta per la totalità di oppioidi deboli, da soli o in associazione a paracetamolo. I farmaci più impiegati sono Fans e Coxib (nel 70% dei casi, con punte del 75% nel Sud Italia); 7 volte su 10 chi prescrive per la prima volta la terapia è il medico di medicina generale. Ben tre quarti del campione rivelano di assumere Fans a scopo antalgico da oltre 1 anno: un dato che raggiunge addirittura l’80% di coloro che utilizzano Nimesulide, nonostante le recenti restrizioni Aifa sulle indicazioni terapeutiche di questa molecola l´abbiano resa prescrivibile esclusivamente nel trattamento del dolore acuto, per via dei possibili danni gastrici ed epatici. Il risultato è che quasi la metà degli anziani è costretta ad assumere anche gastroprotettori. “Stiamo assistendo a una radicale trasformazione della domanda di salute da un lato e dell’offerta assistenziale/terapeutica dall’altro, il tutto compendiato dalla necessità di mantenere la sostenibilità economica”, spiega Massimo Fini, Componente Commissione Tecnico Scientifica dell´Aifa e Direttore Scientifico Irccs San Raffaele Pisana di Roma. “Il grande problema del futuro della sanità, più volte evidenziato dall’Oms, è prevenire e gestire la cronicità: in questo senso la corretta gestione del dolore cronico, vera e propria emergenza sociale, rappresenta una imprescindibile priorità. La categoria sicuramente più penalizzata è quella degli anziani che, per ragioni ideologiche (dolore come espiazione), culturali ed economiche (il cosiddetto ageismo), risultano essere curati poco e male. L’abuso di Fans e Coxib, particolarmente pericoloso nei soggetti in età avanzata, rappresenta in questi pazienti una delle cause più frequenti di ricovero d’urgenza nei reparti di chirurgia. L’unica risposta possibile al problema è legata alla creazione di una nuova cultura del dolore e sul dolore, attraverso una capillare opera di formazione degli operatori sanitari e di informazione ai cittadini”. “La cura del dolore nel paziente anziano è un tema da affrontare con grande tempestività”, interviene Marta Gentili, Presidente dell’Associazione vivere senza dolore. “Oggi più che mai, gli anziani sono diventati il sostegno della famiglia, dal punto di vista economico ma anche da quello più pratico, come la cura dei nipoti. D’altro canto, l´allungarsi della vita media porta con sé un incremento delle patologie tipiche dell´età matura e, quindi, dei dolori ad esse correlati. Numerosi studi dimostrano che, pur in presenza di comorbidità, è possibile trattare efficacemente la sofferenza anche nelle persone di età più avanzata, per tutelare il loro ruolo ancora attivo e di sostegno nella nostra società. L´augurio è che l´applicazione della Legge 38 sia sempre più capillare, a garanzia di un approccio alla malattia dolore più adeguato da parte di tutte le figure preposte, a partire dal medico di famiglia”. “Il dolore è uno dei fattori che più compromettono il benessere psico-fisico nelle persone più deboli e, in particolare, nella terza età”, commenta Marco Filippini, Direttore Generale di Mundipharma Italia, che ha supportato il convegno con un grant incondizionato. “Eppure nella nostra società permangono alcuni stereotipi che alimentano la discriminazione di questi pazienti, condannandoli a non ricevere cure antalgiche adeguate e a convivere, nel quotidiano, con la sofferenza. Da tempo la nostra azienda e il Centro Studi sono impegnati nel supportare iniziative volte a informare e sensibilizzare classe medica e cittadini sul problema dolore; con questa indagine ci auguriamo di poter contribuire a fare più luce anche sui bisogni assistenziali della popolazione anziana che soffre”. E proprio sul fronte informativo, quali sono le fonti cui gli over 60 ricorrono più frequentemente? Parlano del loro dolore in primo luogo con il medico di famiglia (78%) e lo specialista (46%) ma 4 intervistati su 10 si confrontano anche con parenti e amici o si documentano su libri, riviste e sul web. Per quanto riguarda invece i farmaci, gli oppioidi sono noti solo al 13% dei pazienti (ma 1 su 5 ritiene siano medicinali da utilizzare in casi estremi): ne sono venuti a conoscenza soprattutto attraverso radio, televisione e giornali (61%), mentre soltanto nel 19% dei casi la fonte informativa è stata la classe medica, che quindi si rivela riluttante a parlare di oppiacei, oltre che a prescriverli. Come conferma la survey, i media hanno un ruolo fondamentale nel fare informazione sul dolore e sulle sue possibili cure: grazie alla loro opera divulgativa, possono infatti favorire il cambiamento culturale tanto auspicato dalla Legge 38. A questo scopo è nato il Premio giornalistico “Vivere senza dolore”, promosso dall’omonima Associazione Pazienti con il supporto di Mundipharma, e giunto nel 2012 alla sua 3a edizione. Il convegno tenutosi oggi ha visto la proclamazione ufficiale dei 4 vincitori. Nella categoria “Quotidiani e periodici”, si è aggiudicata il primo posto Daniela Condorelli, con un articolo pubblicato su D – La Repubblica delle Donne; nella categoria “Radio-tv”, ha vinto Giorgio D’ausilio, con un servizio trasmesso da Radio Oreb; per la categoria “Stampa specializzata”, premiato Marzio Bartoloni, autore di un articolo apparso su Il Sole 24 Ore Sanità; per le “Testate web”, infine, si è classificata prima Chiara Ludovisi, con un articolo apparso sul sito Superabile.it. Il dolore nella terza età. I risultati dell’indagine Demoskopea Un’indagine realizzata dall’Istituto di ricerca Demoskopea, per conto del Centro Studi Mundipharma, ha cercato di porre in evidenza la dimensione del problema “dolore” negli ultra 60enni, il suo impatto sulla loro qualità di vita, verificando se e in che modo la patologia dolorosa venga trattata. La ricerca, effettuata nel mese di Ottobre 2012, è stata condotta attraverso interviste telefoniche su un campione di 407 individui rappresentativi dell’universo di anziani over 60 anni (età media 69 anni), di cui 45% uomini e 55% donne. Dai risultati della survey risulta che circa 3/4 degli anziani (74%) soffrono di dolore cronico, che perdura, nell’85% dei casi, da oltre un anno. In media, ciascun malato lamenta più di una patologia dolorosa, soprattutto di natura non oncologica: le più diffuse sono l’artrosi (38%), il mal di schiena (36%), la cervicale (21%), l’artrite (13%) e il mal di testa (10%). Nel 55% dei casi il dolore è d’intensità moderata ma per circa 1 anziano su 3, in particolare nella fascia d’età 70-80 anni, l’intensità diventa severa. Poco meno della metà dei sofferenti (45%) dichiara che la sofferenza impatta sulla propria vita: un dato che, in presenza di dolore severo, sale al 79% (per il 63% il dolore limita solo in parte le sue attività, mentre per il 19% è completamente invalidante). I principali referenti con cui la popolazione della terza età parla di dolore sono i medici di medicina generale (78%) e gli specialisti della malattia riscontrata (46%): decisamente marginale la presenza dei terapisti del dolore, consultati solo nel 6% dei casi. Se da un lato, la ricerca rileva una complessiva soddisfazione da parte dei pazienti nei confronti del proprio medico, soprattutto grazie al suo atteggiamento di ascolto, dall’altro, si evidenzia come solo il 30% dei dottori spieghi come affrontare il dolore, mentre il 20% tende addirittura a minimizzarlo, anche di fronte ad una patologia dolorosa di intensità severa. In realtà, l’attività del medico sembra poco orientata ad un effettivo intervento; solo il 34%, infatti, misura l’intensità del dolore (il 15% con regolarità), e, tra coloro che effettuano la misurazione, solo un 20% utilizza scale validate, mentre la maggior parte si basa sul racconto del proprio assistito. Di fatto, quest’ultimo tipo di approccio sembra sottostimare notevolmente la portata del problema; riclassificando, infatti, l’intensità del dolore su scala Nrs, rispetto a quanto dichiarato dai pazienti, si osserva che la fascia di coloro che soffrono di dolore severo passa da un 30% a oltre un 50%. Nonostante questo scenario, il problema non viene affrontato in maniera adeguata: circa il 60% degli anziani sofferenti di dolore cronico, infatti, non segue una terapia farmacologica. Il 36% dichiara di utilizzare farmaci solo nel momento del bisogno, il 33% preferisce aspettare che il dolore passi da solo, mentre il 25% degli intervistati ricorre a metodi alternativi, quali la fisioterapia, i massaggi ecc. Tra le terapie utilizzate, si rileva un elevato ricorso a Fans e Coxib, che vengono impiegati dai medici nel 70% dei casi con punte del 75% nel Sud Italia: 7 volte su 10 la terapia viene prescritta per la prima volta dal medico di medicina generale. Il ricorso agli oppioidi riguarda solo il 6% dei trattamenti e si tratta per la totalità di oppioidi deboli, da soli o in associazione a paracetamolo. I 3/4 dei pazienti dichiarano di assumere Fans a scopo antalgico da oltre 1 anno, dato che raggiunge addirittura l’80% di coloro che utilizzano Nimesulide. L’impiego di Fans comporta importanti conseguenze: quasi la metà degli anziani assume gastroprotettori e circa il 50% soffre di attacchi/episodi di dolore intenso, evidentemente perché il dolore non risulta controllato in maniera adeguata. Ma qual è il livello d’informazione sul dolore e sui farmaci oppioidi tra i pazienti della terza età? Oltre al medico di medicina generale e allo specialista, 4 intervistati su 10 ricorrono ad altre fonti informative sul tema dolore: in particolare, cercano il confronto con parenti, amici o altre persone nella medesima condizione. Per quanto riguarda, invece, i farmaci oppioidi, solo 1 paziente su 10 afferma di conoscerli (1 su 5 ritiene che siano medicinali da utilizzare solo in casi estremi). Ne sono venuti a conoscenza soprattutto attraverso i principali mezzi d’informazione come radio, televisione e giornali (61%), mentre solo nel 19% dei casi ne hanno sentito parlare dalla classe medica.  
   
 

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