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Notiziario Marketpress di Giovedì 22 Febbraio 2007
 
   
  BANCA FIDEURAM: ECONOMIC OUTLOOK FEBBRAIO 2007

 
   
  Milano, 22 febbraio 2007 - Stati Uniti - . I dati diffusi nel corso delle ultime settimane hanno notevolmente ridimensionato l’accelerazione dei ritmi di crescita del Pil nel quarto trimestre dello scorso anno. Il dato sul Pil pubblicato a fine gennaio aveva mostrato una crescita del 3. 5% annualizzato e, pertanto, una significativa ripresa rispetto al ritmo medio che aveva caratterizzato i due trimestri centrali del 2006 (2. 3% annualizzato). In realtà i dati diffusi a partire dalla metà di dicembre e relativi alla parte finale dello scorso anno avevano evidenziato un notevole miglioramento del quadro congiunturale, confermato anche dal dato del Pil (con l’aggiunta di una lieve sorpresa positiva). I dati relativi al mese di dicembre sull’andamento delle scorte e dell’interscambio commerciale, pubblicati dopo la diffusione del Pil, sono però risultati piuttosto distanti dalle ipotesi utilizzate dal Bureau of Economic Analysis (Bea) per l’elaborazione del dato del Pil; appare ora probabile che la crescita dell’economia, (quando a fine febbraio sarà pubblicato il dato rivisto), risulti solo lievemente superiore al 2% annualizzato e quindi sostanzialmente in linea con la dinamica dei due trimestri precedenti. Una lieve revisione al ribasso sarà probabilmente apportata anche alla crescita dei consumi, che nel quarto trimestre avevano registrato un progresso del 4. 4% annualizzato, ma è importante sottolineare che larga parte della revisione sarà determinata non dall’andamento della domanda finale interna, ma dalla voce relativa alle scorte (specialmente quelle all’ingrosso) che potrebbe avere sottratto alla crescita un punto percentuale in più rispetto al -0. 7% inizialmente stimato e, in misura minore, da quella relativa al canale estero (in ragione di una dinamica delle importazioni in dicembre più robusta delle attese). (Indice) Esiste al momento notevole incertezza sulle previsioni di crescita relative al primo trimestre dell’anno. Le revisioni al ribasso apportate alla dinamica delle scorte nella parte finale del 2006 (si veda il punto precedente) dovrebbero determinare, in presenza di una domanda finale interna che è rimasta robusta anche all’inizio del nuovo anno, una significativa ripresa dell’attività economica grazie anche alla ricostituzione dei magazzini delle imprese. Anche se nel primo trimestre dell’anno verrà meno l’ampio contributivo positivo alla crescita proveniente dal canale estero che ha caratterizzato il trimestre finale del 2006, in questo scenario la crescita dovrebbe riportarsi almeno verso il 3%, per poi rallentare leggermente nei trimestri successivi. Vi sono però indicazioni che il processo di correzione delle scorte è proseguito e si è anzi intensificato all’inizio dell’anno: è questo il segnale proveniente, in particolare, dal sorprendente movimento della componente delle scorte dell’indice Ism che in gennaio ha subito la contrazione più pesante da oltre venti anni. Una prosecuzione del processo di correzione delle scorte all’inizio dell’anno si rifletterebbe probabilmente in ritmi di crescita ancora sotto potenziale nel primo trimestre, ma, in presenza di una domanda finale ancora robusta, in una notevole accelerazione della crescita (al momento da noi non attesa) nella parte centrale dell’anno. Il nostro scenario al momento prevede una crescita del Pil che non supera il potenziale sull’orizzonte di previsione, ma il margine di incertezza su questa stima (in particolare riguardo al primo trimestre) appare al momento molto elevato. Lo scenario di crescita e inflazione per la seconda parte del 2006 proposto dalla Fed all’inizio della scorsa estate (e che aveva indotto ad interrompere, con il rialzo di fine giugno, il ciclo di rialzi dei tassi) si è rivelato sostanzialmente corretto. Le proiezioni fornite dai membri del Fomc nello scorso luglio indicavano inoltre come probabile solo un lieve rallentamento dei ritmi di crescita nel 2007 rispetto al 2006, unitamente ad una contenuta riduzione dell’inflazione core (che, nello scenario centrale, sarebbe rimasta però leggermente superiore al 2% alla fine di quest’anno). L’aggiornamento delle proiezioni del Fomc, presentato nell’audizione al Congresso di metà febbraio, evidenzia che la Fed si attende ora per il 2007 un rallentamento un poco più marcato rispetto allo scorso luglio (con la crescita a/a del Pil nel trimestre finale di quest’anno tra il 2. 5 e il 3. 0% contro un precedente intervallo del 3-3. 25%), con una lievissima riaccelerazione nel corso del 2008. Anche se Bernanke ha notato che “le pressioni inflazionistiche stanno iniziando a diminuire”, la proiezione per l’inflazione core nel 2007 è rimasta invariata rispetto allo scorso luglio, ma una discesa poco sotto il 2% è attesa per fine 2008. La Fed, in sostanza, propone uno scenario di crescita che non si dovrebbe discostare in modo significativo dal potenziale dell’economia (che probabilmente si è ridotto nel corso degli ultimi anni), come evidenziato dal fatto che il tasso di disoccupazione è atteso rimanere stabile poco sopra il 4. 6% (il livello corrente) per tutto l’orizzonte di previsione. Nonostante i toni un poco più “morbidi” riguardo alle prospettive d’inflazione, appare improbabile che la Fed possa eliminare il proprio orientamento di politica monetarria restrittivo (per passare a neutrale) già nella prossima riunione del Fomc del 21 marzo, a meno che l’andamento dell’inflazione core nei mesi di gennaio e febbraio risulti particolarmente favorevole. Europa e Regno Unito - Nel quarto trimestre la crescita dell’area euro è tornata sugli stessi ritmi sostenuti della prima metà del 2006, al 3. 6% annualizzato, dopo la pausa al 2. 1% nel terzo trimestre (dato che probabilmente verrà rivisto al rialzo al 2. 5%). Nel 2006 la crescita media annua si è attestata così al 2. 8% (dal 2. 7% stimato in precedenza), il risultato più elevato dal 2000 (4%). La sorpresa, rispetto alla nostra previsione per il quarto trimestre (2. 8%), non è giunta tanto dalla Germania (cresciuta al 3. 5%, in linea con le nostre attese), ma dalle altre principali economie, che hanno tutte mostrato ritmi di crescita molto elevati (Italia e Spagna sono cresciute al 4. 5%, mentre la Francia dovrebbe essere cresciuta tra il 2. 4% e il 2. 8%). Non si dispone ancora dei dati relativi alla scomposizione del Pil, ma è ragionevole assumere che sulla crescita abbia abbiano influito fattori specifici, quali l’anticipo delle decisioni di spesa in Germania per l’aumento dell’Iva da gennaio e il clima eccezionalmente mite (per il settore delle costruzioni). Ma la domanda interna dovrebbe essere stata molto robusta anche al di fuori della Germania, contrariamente a quanto lasciavano supporre i dati sulla produzione industriale dell’area euro nel quarto trimestre. L’effetto di trascinamento del 2006 sul 2007 è così forte da comportare una previsione in media annua al 2. 2% per quest’anno, pur lasciando invariata la nostra attesa di un brusco rallentamento della crescita all’1. 4% nel primo trimestre. Nel caso in cui invece la crescita restasse “a trend” anche nel primo trimestre dell’anno (ovvero tra il 2% e il 2. 5%, in linea con quanto indicato dal livello dalle indagini sulla fiducia delle imprese a gennaio), la previsione di crescita per il 2007 si porterebbe verso il 2. 4%, un ritmo per il secondo anno consecutivo sensibilmente superiore a quello che è comunemente considerato il potenziale per l’area euro (al 2%). Ne deriva pertanto un’indicazione di una pressione sulle risorse utilizzate superiore rispetto a quanto assunto in precedenza nel nostro scenario. A gennaio l’impatto dell’aumento dell’Iva (+3%) sui dati di inflazione in Germania è stato a sorpresa molto modesto: l’inflazione tedesca è salita solo all’1. 8% dall’1. 4% di dicembre (le attese erano per un 2. 2%) e l’inflazione nell’area euro è rimasta invariata all’1. 9%. Si calcola che dell’1. 4% di aumento potenziale stimato dall’Ufficio statistico tedesco, solo lo 0. 4/0. 5% sia stato trasferito sui prezzi al consumo (tra dicembre e gennaio). Per quanto riguarda i servizi, buona parte delle imprese sembra avere rivisto al rialzo i listini, ma non è stato così per i beni; pertanto, potrebbero giungere pressioni al rialzo sull’inflazione core (ex alimentari ed energia) in Germania, e di conseguenza nell’area euro, durante la primavera. Il profilo dell’inflazione dell’area euro nel corso del 2007 è, inoltre, estremamente dipendente dall’andamento del prezzo del petrolio, che sugli attuali livelli dovrebbe consentire una discesa dell’inflazione sotto al 2. 0% nel secondo e terzo trimestre, per risalire poi sopra al 2% a fine anno. In considerazione dell’ottimo andamento del mercato del lavoro, degli elevati livelli della capacità produttiva utilizzata e delle intenzioni delle imprese di rivedere al rialzo i prezzi, il rischio principale è rappresentato da una risalita dell’inflazione core più rapida rispetto alle attese (la nostra previsione per l’inflazione core è superiore al consenso per il 2007, al 2. 1% dall’1. 4% del 2006). Nella conferenza stampa di febbraio la Bce ha segnalato di volere alzare i tassi al 3. 75% nella prossima riunione di marzo e tale rialzo, alla luce del tono decisamente aggressivo esibito dalla banca centrale, non dovrebbe essere l’ultimo. In particolare, la Bce ha sottolineato l’importanza di utilizzare una prospettiva di medio termine nell’analizzare lo scenario di inflazione, dal momento che effetti base favorevoli porteranno ad una discesa di quest’ultima durante la primavera e l’estate, ma ad una sua risalita successivamente (in linea con il nostro scenario). Pertanto, un’inflazione sotto al 2% in presenza di uno scenario di crescita in linea con le attese (ovvero intorno al potenziale) non dovrebbe ostacolare la Bce nel proseguire il proprio ciclo restrittivo (e quindi anche a portare i tassi al 4% già a giugno, pur in presenza di un’inflazione sotto al 2% durante la primavera). La Bce ha inoltre fatto esplicito riferimento ad una crescente pressione sulle risorse utilizzate nel sistema (sottolineando i “sostanziali” rischi al rialzo sui prezzi che derivano dall’evoluzione attesa per la dinamica salariale, nonché dal fatto che la capacità produttiva si è riportata sui massimi dal 2000). Conseguentemente, ci sembra al momento più probabile ipotizzare che il ciclo restrittivo prosegua con un altro aumento dei tassi a giugno, dopo il rialzo atteso per marzo, senza aspettare una pausa più prolungata fino alla fine dell’estate. Sono ancora molti gli elementi di incertezza che pesano sullo scenario, ma la probabilità di un rialzo a giugno ci sembra ora aumentata. Inoltre, aumentano a nostro avviso anche le probabilità che i tassi non si fermino al 4%, ma possano arrivare al 4. 25% per fine anno. La Boe sembra ancora propendere per la necessità di un altro aumento dei tassi di interesse nel breve periodo, tenuto conto di un’economia solidamente ancorata a potenziale durante tutto il 2006 e di nessun segnale di rallentamento all’inizio del 2007. Ciononostante, rispetto al passato le decisioni di politica monetaria presentano attualmente un maggiore grado di difficoltà, determinato dal fatto che l’economia sta affrontando un rilevante shock da offerta positivo, legato ai cambiamenti strutturali in atto nel mercato del lavoro (ovvero, l’aumento delle risorse disponibili in presenza di forti flussi migratori e di un innalzamento del tasso di partecipazione dei lavoratori “over-55”). Questo ha comportato, almeno sinora, un sistema economico in perdurante crescita, ma in cui sono mancate evidenti pressioni al rialzo sulla dinamica salariale. La Boe dubita che questo possa continuare e, a dispetto di un profilo di inflazione molto favorevole nel breve periodo, continua a ritenere al rialzo i rischi sul medio/lungo termine. Le previsioni di inflazione proposte dalla Boe contemplano, infatti, un’inflazione lievemente sotto target se si assumono tassi di mercato che incorporano un altro rialzo nel secondo trimestre, ma lievemente sopra se si assumono tassi invariati (al 5. 25%). In conclusione, in assenza di rilevanti sorprese al ribasso sulla crescita a inizio anno (che nelle nostre previsioni non dovrebbero materializzarsi), sembra difficile che l’incertezza sull’impatto dello shock da offerta possa essere dissipata dai dati dei prossimi mesi, e pare dunque probabile che una maggioranza (più o meno ampia) dei membri propenderà ancora per un altro rialzo “precauzionale” dei tassi tra marzo e maggio. Al contempo, sottolineiamo che tale decisione ci appare comunque molto più incerta di quanto assunto dal mercato. Giappone e Cina - L’economia giapponese ha registrato nel quarto trimestre del 2006 un rimbalzo superiore alle attese (+4. 8% annualizzato contro il +3. 8% atteso) e, a seguito della revisione al ribasso del già debole dato riferito al terzo trimestre (dallo 0. 8% allo 0. 3%) ha realizzato una crescita media annua del 2. 2% nel 2006 in linea con le nostre attese. Il principale elemento di sorpresa è giunto dalla crescita degli investimenti pubblici che registravano ormai variazioni negative da quattro trimestri e che, dopo essere diminuiti del -17. 8% (rivisto dal -19. 7% riportato in precedenza) nel terzo trimestre, hanno messo a segno un rimbalzo dell’11. 3% che tuttavia, a nostro avviso, non dovrebbe ripetersi nei trimestri successivi. Anche il rimbalzo atteso dei consumi privati ha sorpreso positivamente le nostre attese (+3. 2%): il progresso del 4. 4% ha recuperato il brusco calo del terzo trimestre (-4. 2%, rivisto dal -3. 7% precendentemente riportato). Rimane ora da verificare se siamo in presenza di un’effettiva inversione di tendenza o se, invece, si sia trattato semplicemente di un rimbalzo dopo l’estrema debolezza registrata nei mesi estivi. Più deboli delle nostre attese sono invece risultati gli investimenti privati non residenziali che, dopo il rallentamento al +3. 4% nel terzo trimestre (rivisto dal +6. 1%) hanno esibito un rimbalzo al 9. 2%. In linea con le attese si è registrato un ridimensionamento del contributo del canale estero, sceso dal +1. 6% allo 0. 6%. Nel 2007 la crescita dovrebbe continuare a rimanere sostenuta e attestarsi al 2. 3%, sebbene per il primo trimestre dell’anno le nostre attese incorporano una crescita inferiore al tasso potenziale a seguito di una riduzione del contributo che dovrebbe giungere sia dalla domanda privata interna sia del canale estero. (Indice) L’indice dei prezzi core nazionale (che nella definizione ufficiale non include gli alimentari freschi, ma incorpora i beni energetici) nel mese di dicembre ha deluso le attese rallentando dal +0. 2% di novembre al +0. 1% a/a. Le attese erano a favore di una conferma della crescita annua dei prezzi allo 0. 2%, sebbene con forti rischi verso il basso. Un peggioramento è stato registrato anche dall’indice core sullo stile Usa (che esclude sia i prezzi dei generi alimentari che quelli energetici), dopo che in novembre aveva registrato la variazione massima del 2006. La discesa delle quotazioni del petrolio potrebbe determinare un ritorno a variazioni negative dell’inflazione core nel corso del 2007, che tuttavia non dovrebbero rappresentare un’inversione di tendenza, ma solo il riflesso di fattori temporanei. Indicazioni in tal senso sono giunte anche dalla crescita inferiore alle attese dei prezzi alla produzione nel mese di gennaio (2. 2% a/a, in rallentamento dal +2. 5% a/a di dicembre e minimo da novembre 2005),determinata del calo dei prezzi delle materie prime a partire dall’estate dello scorso anno. Indicazioni confortanti sono, invece, giunte dall’indice dei prezzi al consumo di Tokio che in gennaio ha confermato un progresso dello 0. 2% a/a, in linea con le attese di consenso, mentre ha addirittura registrato un aumento escludendo sia i prezzi dei generi alimentari che i costi energetici. Al termine della riunione di gennaio, che si è conclusa con una spaccatura all’interno della Boj ritenevamo fortemente probabile che il processo di graduale normalizzazione della politica monetaria fosse semplicemente stato posticipato a febbraio. Tuttavia i dati pubblicati con riferimento al mese di dicembre, sebbene abbiano confermato la vivacità del settore industriale, non hanno eliminato i timori di un brusco rallentamento della produzione determinato dall’aggiustamento delle scorte nei settori legati all’It, mentre dal punto di vista delle spese per consumi, con l’eccezione del dato di contabilità nazionale, le indicazioni sono state deludenti. Inoltre il graduale miglioramento del mercato del lavoro stenta a tradursi in benefici concreti per i dipendenti, con la crescita dei salari che continua a rimanere debole, nonostante la buona performance realizzata dalle imprese in termini di profitto. A nostro avviso, lo scenario continua a rimanere incerto e riteniamo quindi poco probabile che i membri della Boj contrari ad un intervento al rialzo sui tassi nella riunione di gennaio possano avere cambiato opinione. Non ci sembra inoltre plausibile che tale decisione possa essere presa alla luce del forte dato sul Pil del quarto trimestre (definito dallo stesso Fukui un dato non affidabile perché soggetto a frequenti revisioni) che in buona parte rappresenta un rimbalzo dopo la debolezza del terzo trimestre. (Indice) Nel quarto trimestre del 2006, l’economia cinese è cresciuta del 10. 4% a/a decelerando solo marginalmente rispetto al +10. 6% del terzo trimestre (rivisto al rialzo del 10. 4% a/a pubblicato in precedenza) sulla scia del rallentamento del tasso di crescita degli investimenti. Nonostante l’impegno del governo per ottenere una crescita economica maggiormente bilanciata, il canale estero ha continuato a rappresentare il principale elemento trainante. Le prime indicazioni giunte con riferimento al mese di gennaio suggeriscono un sostanziale successo delle politiche monetarie adottate fino a questo momento, riflesso nel rallentamento del ritmo di crescita dell’aggregato monetario M2 che, per la prima volta da 19 mesi, è tornato a crescere sotto il target fissato dalla banca centrale (al 16%). Tale rallentamento dovrebbe anche favorire il contenimento delle pressioni inflazionistiche che, tuttavia, alla luce del dato di gennaio sembrano sostanzialmente assenti, con il dato core (ottenuto escludendo i prezzi degli alimentari, in forte crescita) sceso allo 0. 7% a/a. Sulla scia di tali indicazioni si riduce la probabilità di assistere ad un intervento al rialzo sui tassi d’interesse, mentre dovrebbe continuare ad essere utilizzato lo strumento del coefficiente di riserva obbligatorio. .  
   
 

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