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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 27 Marzo 2013 |
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INNOVATION UNION SCOREBOARD 2013
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Bruxelles, 27 Marzo 2013 - Di
seguito l’intervento di ieri la Antonio Tajani Vicepresidente della Commissione
europea, responsabile per l´Industria e l´Imprenditoria a Innovation Union
Scoreboard 2013.
L’edizione di quest’anno del quadro di valutazione dell’innovazione ci
permette di misurare, per la prima volta, gli effetti della crisi economica
sulle realtà della ricerca e dell’innovazione in Europa.
I risultati non sono positivi. La crisi economica ha avuto un impatto
negativo sulle attività di innovazione in alcune regioni d’Europa, con
conseguenze gravi per la crescita.
Se vogliamo mantenere la nostra competitività globale - non mi
stancherò mai di ripeterlo - dobbiamo puntare soprattutto sulla qualità, non
solo sulla quantità.
Abbiamo bisogno, quindi, di prodotti e servizi innovativi, di
imprenditori creativi e di un’industria altamente concorrenziale.
Se andiamo a vedere nel dettaglio i dati di quest’anno (slide alle mie
spalle) possiamo concludere che:
1) Tra i paesi leader
dell´innovazione: la Svezia si conferma al primo posto, seguono Germania,
Danimarca e Finlandia. Sono questi i quattro paesi più innovativi dell’Ue.
2) Segue un secondo gruppo,
quello dei paesi che tengono il passo dell’innovazione, con risultati superiori
o vicini alla media Ue. Tra cui: Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Regno Unito,
Austria, Irlanda, Francia, Slovenia, Cipro ed Estonia.
3) Il terzo gruppo comprende i
cosiddetti innovatori moderati, con
risultati inferiori alla media dell’Ue. Sono Italia, Spagna, Portogallo,
Repubblica ceca, Grecia, Slovacchia, Ungheria, Malta e Lituania.
4) Nel quarto gruppo troviamo
paesi con prestazioni nettamente inferiori alla media dell’Ue a 27, che
denominiamo innovatori modesti: Polonia, Lettonia, Romania e Bulgaria.
Rispetto all’anno scorso, la classifica generale è rimasta
sostanzialmente immutata. Salvo rimescolamenti all’interno dello stesso gruppo,
non si registrano variazioni sostanziali rispetto all´anno precedente.
In parte anche perché la capacità di innovazione non si crea da un
giorno all’altro. Per coltivare i talenti, sviluppare le competenze fare in
modo che gli investimenti maturino, c´è bisogno di tempo.
Tuttavia, da una lettura attenta dei dati, emergono due importanti
considerazioni.
In primo luogo, i risultati di questo esercizio non possono ridursi
unicamente a stilare una classifica volta a misurare, in termini assoluti, la
capacità di innovazione. Quello che conta è anche l’impegno a recuperare il
terreno perduto, cioè la capacità di migliorarsi e di crescere.
Per questo, in termini relativi, è senz’altro l’Estonia il leader
europeo della crescita dell´innovazione, seguita dalla Lituania e dalla
Lettonia. Perché questi paesi, seppure lontani dalle prime posizioni della
classifica, sono quelli con un tasso di
miglioramento più elevato.
In secondo luogo, nonostante quasi tutti gli Stati membri abbiano
migliorato, in diversa misura, le loro prestazioni in termini di innovazione,
la capacità di crescere non è omogenea in tutta l’Unione europea. Il divario,
invece di colmarsi, si sta allargando, e questo, a mio avviso, è il risultato
più preoccupante.
I risultati di quest’anno, infatti, mostrano che l’innovazione nell’Ue
ha smesso di convergere. Il gruppo dei paesi meno innovativi non si sta più
avvicinando a quello dei paesi più innovativi.
I paesi meno innovativi sembrano essere quelli che presentano i
problemi strutturali più acuti. La crisi economica ha accentuato questi
problemi, in particolare in Portogallo, Grecia e Ungheria. Anche in Bulgaria,
Malta, e Polonia le attività di innovazione hanno subito una brusca frenata.
Tra gli indicatori positivi, spicca, primo fra tutti, il dato relativo
all’aumento dell’innovazione tra le Pmi che collaborano tra di loro (+ 7.9%).
Il che significa che in periodi di crisi le Pmi tendono a mettersi insieme per
cercare sinergie e realizzare economie di scale negli investimenti. Questo a
conferma della nostra azione a favore dei clusters e
dell’internazionalizzazione delle Pmi.
Secondo indicatore positivo rilevante: oltre che dalle Pmi, oggi,
l’innovazione è spinta soprattutto dalla commercializzazione all’estero dei
risultati della ricerca mediante licenze, brevetti e registrazioni di marchi
comunitari (+6%). Questo vuol dire che il sistema europeo della ricerca è forte
e continua a produrre ottimi risultati che sono essere sfruttati al di fuori
della Unione Europea.
Dobbiamo lavorare a che questo fattore positivo non si trasformi in un
fattore di rischio, se accompagnato da una perdita di know how e da uno
sviluppo/produzione fuori dall´Ue.
Tra gli indicatori negativi, invece, è interessante notare un forte
calo delle spese delle imprese per l’innovazione non tecnologica (-5.2%) e una
disponibilità molto minore di fondi di capitale di rischio (-3.1%).
In generale, si osserva una battuta d’arresto nei settori governati da
decisioni a breve termine, mentre i risultati continuano a migliorare nei
settori guidati da decisioni prese in passato, prima dell’acuirsi della crisi
economica.
In conclusione, gli investimenti nell’innovazione sono indispensabili
per mantenere la nostra competitività globale e rilanciare la crescita in
Europa.
Senza innovazione, non raggiungeremo l’obiettivo di riportare
l’industria al 20% del Pil che ci siamo prefissati con la nuova strategia sulla
politica industriale.
Per questo diventa sempre più importante e urgente il coordinamento di
queste politiche a livello europeo. Le conclusioni dello scorso Consiglio
Europeo vanno in questa direzione.
E mia intenzione lavorare in questo senso in occasione del prossimo
Consiglio Europeo di Giugno, che sarà dedicato proprio alla politica
industriale. E ancora, assieme a Moire, in vista del prossimo Consiglio europeo
dedicato all’innovazione.
Lascio ora la parola alla commissaria Geoghegan-quinn che si soffermerà
sulla dimensione internazionale dello scorebord e sulle diverse azioni volte a
realizzare l’Unione dell’innovazione.
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