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Notiziario Marketpress di Lunedì 05 Giugno 2006
 
   
  PREMIO LETTERARIO “GIUSEPPE BERTO” A RICADI LA XVIII EDIZIONE DEL PREMIO BERTO

 
   
  Ricadi, 3 giugno 2006 - Dopo la cerimonia svoltasi lo scorso anno a Mogliano Veneto, è il Comune di Ricadi quest’anno ad ospitare la proclamazione e premiazione dei vincitori, secondo la consuetudine di alternanza di sede stabilita tra le due città promotrici e organizzatrici del Concorso letterario. Il Premio Berto continua a ricordare lo scrittore moglianese che tanto amò la Calabria, il suo mare, i paesaggi di autentica bellezza e la solitudine di quei luoghi. “Uno scrittore del Nord che amava il Sud”, Giuseppe Berto, il quale dichiarò che “per comprendere il Sud bisogna esser disposti ad amarlo”. Scrisse Berto in un suo saggio (ora raccolto nel testo, a cura di Manuela Berto, Il mare da dove nascono i miti, edito da Monteleone): “Di solito uno appartiene a due luoghi: quello in cui è nato e quello in cui gli piacerebbe vivere”. L’attenzione rivolta al ricordo della figura di uno scrittore che risolse in modo singolare il problema del rapporto Nord - Sud decidendo lui, uomo e scrittore del Nord, di trascorrere gran parte della sua vita a Ricadi, è all’origine dello spirito “gemellare” del Premio, che associa due città collocate in regioni geograficamente distanti, ma, in questa occasione, in stretta simbiosi. Un legame che non solo si traduce in un “messaggio di comunanza, un abbraccio ideale tra Nord e Sud” ma è anche un incontro e una fusione di luoghi ideali della narrativa dello scrittore. In ogni edizione il Premio Berto conserva, come primario, l’obiettivo di ricordare e riproporre il nome e l’opera dell’omonimo scrittore e segnalare quelle opere che emergono per “assoluta originalità di forma e schiettezza di ispirazione”. Il Premio intitolato allo scrittore moglianese è diventato di anno in anno un trampolino di lancio per giovani scrittori esordienti nel panorama della letteratura nazionale. Dalla prima edizione nel 1988, che registrò venti libri concorrenti (tra i quali si evidenziarono nomi rivelatisi promettenti scrittori), il Premio è cresciuto notevolmente in questi anni, consolidando la propria notorietà. Ciò che emerge quale tratto distintivo, costante nel corso delle diciotto edizioni, è la dignità e la serietà del Premio che, per scelta, non è vincolato agli arbitrii del mondo editoriale. Esso è contraddistinto innanzitutto dalla competenza dei membri della giuria, di cui ricordiamo, tra i critici e letterati che si sono succeduti nel corso delle edizioni, figure di rilievo quali David Maria Turoldo e Michele Prisco. A conferma dell’attento lavoro di selezione, i vincitori eletti dal Premio Berto si sono in molti casi affermati nel panorama letterario nazionale anche attraverso l’assegnazione di successivi premi letterari. Che il Premio sia, finora, riuscito pienamente nell’intento, mettendo in luce giovani narratori che si sono in seguito affermati clamorosamente, lo dimostrano in tutta evidenza i nomi dei vincitori delle edizioni tenute fino ad oggi, tra i quali: Paola Capriolo con La grande Eulalia (1988), Michele Mari con Di bestia in bestia (1989), Luca Doninelli con I due fratelli (1990), Sandro Onofri con Luce del nord (1991), Paolo Maurensig con La variante di Lüneburg (1993), Helena Janeczek con Lezioni di tenebra (1999), Giuseppe Lupo con L’americano di Celenne (2001), Giorgio Todde con Lo stato delle anime (2002) e Antonia Arslan con La masseria delle allodole (2004). Autori diventati famosi grazie alle opere premiate da questo prestigioso riconoscimento. Alla luce del successo conseguito, a partire dalla Xv edizione il Premio si è arricchito di una nuova e più ampia dimensione: accanto alla sezione storica rivolta alle opere prime, è stata inserita una nuova categoria dedicata alla narrativa straniera, di autori viventi e tradotta in lingua italiana, con l’obiettivo di istituire un osservatorio sulla migliore produzione letteraria internazionale. Sono 149 i libri delle due sezioni (129 per le opere prime, 20 per la sezione straniera) sottoposti quest’anno alla giuria presieduta da Giuseppe Lupo, e composta da Mario Baudino, Goffredo Buccini, Andrea Cortellessa, Paolo Fallai, Laura Lepri, Giorgio Pullini, Marcello Staglieno e Gaetano Tumiati. E’ evidente quindi la conoscenza e l’apprezzamento da parte dell’editoria nazionale e degli autori stessi per questa iniziativa, attraverso una costante crescita di partecipazione ormai non solo quantitativamente ma anche qualitativamente rilevante. Vincitori e finalisti selezionati di volta in volta appartengono sì al gotha editoriale italiano, ma spesso testimoniano anche il coraggio dei piccoli editori ad investire sul futuro della narrativa come genere letterario, dando voce a validi autori altrimenti ignorati. Nell’evidenziare il consolidamento dell’immagine del Premio Berto, quale importante punto di riferimento per editori e addetti ai lavori, che nel suo albo d’oro annovera nomi che hanno fatto strada nel panorama letterario, il presidente della giuria mette in luce le caratteristiche delle opere pervenute. “I libri partecipanti alla Xviii edizione – commenta Giuseppe Lupo – riflettono nell’insieme le attuali tendenze del mercato letterario, con una prevalenza di romanzi thriller, noir e fantasy. Ma emerge un fenomeno nuovo: aumenta il numero di autori di lingua straniera che scrivono in italiano. È un nuovo tipo di cosmopolitismo che riteniamo molto interessante. Colpisce, inoltre, l’inclinazione a spostare l’asse di interesse verso storie ambientate in Oriente o Medio Oriente, in uno scenario che il più delle volte è luogo di scontro e di guerra. Altra parte rilevante della produzione letteraria esaminata è rappresentata dal romanzo familiare – aggiunge il presidente della giuria –, che si suddivide tra saghe familiari e storie dove la famiglia diviene luogo di violenza e di scontro. Non mancano, infine, scritture tipiche della generazione di oggi, in cui centrale è il tema della precarietà. Ulteriore elemento che accomuna le opere pervenute – sottolinea infine Giuseppe Lupo – è l’attenzione verso il Mezzogiorno e la prevalenza di vicende ambientate nella geografia delle periferie lontane piuttosto che nelle grandi città. Quasi a creare un filo ideale con i luoghi amati da Giuseppe Berto. ” . Vincitore sezione opere prime narrativa italiana Hamid Ziarati, Salam, maman Einaudi, 2006, pagine 260 Non è solo un bel romanzo quello scritto da Hamid Ziarati, il suo Salam, maman, edito da Einaudi, rappresenta una sfida alla nostra pigrizia, un velo sollevato su una civiltà che conosciamo solo per sentito dire, una provocazione sulla natura della nuova letteratura italiana che non può che riconoscersi nella letteratura scritta “in italiano”. Lo scrittore è iraniano, ma da tempo vive a Torino e il libro è stato scritto direttamente in italiano. Salam, mamam è la storia di una famiglia iraniana, dalla caduta dello Scià all’avvento della rivoluzione khomeinista, vista dagli occhi di un bambino di nove anni che attraverso queste dure esperienze si fa uomo. Un romanzo scritto con grande ritmo e l’umiltà di non discostarsi mai dall’originale angolo di visione, nonostante l’invadenza della “storia” con la “s” maiuscola che si materializza intorno ai protagonisti. E’ una scrittura doppiamente illuminante ai nostri occhi: ci svela un Iran molto diverso da quello dipinto da decenni di stereotipi. Di ogni provenienza, si potrebbe dire, accomunati solo dalla segmentazione affettata, dalla fretta propagandistica, dalla semplificazione colpevole. Un grande saggista Edward Said ha tentato di definire, fin dagli anni Settanta, nel suo “Orientalismo” come l’Occidente avesse portato a termine sistematicamente un’opera definita – con una parola orribile – “decomplessificazione”. Ebbene, rispettando una delle sue vocazioni eterne, è la letteratura spesso a incaricarsi di restituire complessità, una complessità accessibile ma intatta, ad una realtà narrata. La seconda illuminazione offerta da Ziarati sta proprio nella padronanza della scrittura italiana. E’ venuto il momento di riconoscere che esiste una letteratura italiana prodotta da non italiani, capace di raggiungere vertici espressivi di tutto rilievo. Solo in questa ultima edizione del Premio Berto sono state presentate altre due opere di autori non italiani che hanno fatto dell’italiano la loro lingua di elezione. La prima è un’altra iraniana, Amineh Pakravan, Il libraio di Amsterdam (Marsilio), la seconda, Aminata Fofana, La luna che mi seguiva (Einaudi), è originaria della Guinea. Hamid Ziarati è nato a Teheran nel 1966 e si è trasferito a Torino nel 1981, dove si diplomato e successivamente ha conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in ingegneria meccanica. E’ appassionato di letteratura e di cinema, collabora da quasi due decenni come interprete, traduttore di articoli e di sottotitoli con il Torino Film Festival, e in seguito anche con il Museo del Cinema di Torino. Oltre al suo lavoro di progettista di prototipi svolge un’attività parallela per far assaporare i gusti e i sapori mediorientali e iraniani ai suoi concittadini piemontesi. Dal 1994 ad oggi ha pubblicato diversi articoli scientifici e racconti, ha scritto inoltre alcune sceneggiature cinematografiche per lungo e cortometraggi mai realizzati. Salam, maman è il suo primo romanzo scritto direttamente in italiano per il figlio. Vincitore sezione narrativa straniera tradotta in lingua italiana Benjamin Kunkel, Indecision Rizzoli, 2006, pagine 338 - traduzione di Annalisa Garavaglia Indecision, di Benjamin Kunkel, racconta la storia di Dwight Wilmerding, un giovane così incapace di decidere che, durante la cena familiare di Thanksgiving, resta con la forchetta sospesa fra il tacchino, il ripieno e la salsa di mirtilli. Su quest’idea insieme provocatoria e “geometrica”, l’autore costruisce la storia di un’educazione sentimentale dove l’indecisione diventa non solo un segno narrativo ma una sorta di lettura del mondo. Il protagonista, che vive a New York e lavora come tecnico informatico in una casa farmaceutica, coltiva un inquietante passatempo (ingurgitare allucinogeni) e arriva a vere e proprie vette di disimpegno sociale: l´11 settembre guarda dal tetto di casa gli aerei che si schiantano contro le Torri Gemelle, pensando che forse c’è persino da ridere. La sua indecisione è una malattia, e come tale viene curata. Ma la soluzione non potrà essere offerta da un farmaco che promette portenti. Indecision racconta l’impossibilità di un’educazione sentimentale nei termini del romanzo ottocentesco e novecentesco, del mondo e dei codici che ci siamo lasciati alle spalle; ne rovescia il senso e, attraverso il viaggio del protagonista, che è un viaggio iniziatico, ci suggerisce come non sia il personaggio, ormai, ma il suo sistema di relazioni a dover essere “educato”. Libro di grande potenza narrativa pur nel suo procedere apparentemente minimalista, il romanzo di Kunkel è un grande affresco non solo dell’America ma di una condizione estrema del vivere in cui è a rischio ciò che profondamente lega la socialità umana, il desiderio. E’ la favola postmoderna dell’asino di Buridano, il racconto di un mito che prende minacciosamente corpo nella società contemporanea. La narrativa di Kunkel è insieme realistica e sarcastica, profetica e allucinatoria, provocatoria e non priva di tenerezza. La sua metafora di una generazione “clinicizzata”, dove il semplice vivere è trattato come una patologia, è un gesto di ribellione e di denuncia che ha il sapore delle grandi agnizioni parodiche. La critica americana ha evocato per lui il nome di Salinger, a noi ricorda irresistibilmente la famiglia degli avventurosi satirici, un Don Chisciotte dell’abulia, uno spaesato Gulliver a New York. Benjamin Kunkel è cresciuto in Colorado e ha studiato a Harvard e alla Columbia University. Vive a New York, dove è uno dei fondatori e direttori della rivista letteraria “n+1”. Ha scritto per “Dissent”, “The Nation”, le “Book Review” di “New York Times” e “Los Angeles Times” e per la “New York Review of Books”. Indecision, il suo primo romanzo, diventerà presto un film. .  
   
 

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