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Notiziario Marketpress di
Martedì 23 Aprile 2013 |
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STATI GENERALI DELLE CAMERE DI COMMERCIO SULL´ECONOMIA DEL MARE
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Evidenziare il valore reale dell’Economia del mare; promuoverne il
riconoscimento a livello istituzionale e il ruolo delle Camere di Commercio per
il suo sviluppo; mettere a sistema i progetti e le risorse della rete camerale
italiana e implementare una policy di sistema; orientare l’Economia del mare
verso uno sviluppo economico, sociale e ambientale che sia sostenibile e
integrato. Questi gli obiettivi nell’agenda della prima edizione degli Stati
generali delle Camere di commercio sull’economia del mare - promossi da
Unioncamere in collaborazione con la Camera di Commercio di Latina – e svoltisi
il 22 aprile a Gaeta nell’ambito
della 6^ edizione dello Yacht Med
Festival.
“L’economia del mare – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio
Dardanello - è come un ‘cuore blu’ che pulsa al fondo del sistema produttivo
del Paese. Una risorsa strategica straordinaria che in questi anni di crisi ha
continuato a battere anche a ritmi più veloci rispetto al resto
dell’economia. Abbiamo il dovere di
assecondare e alimentare questo battito per sostenere i territori e aiutare
l’Italia a ritrovare il percorso della crescita. Il sistema camerale, con gli
stati generali dedicati all’economia del mare, ha raccolto una sfida importante
sui cui si impegna ad affiancare il mondo delle imprese e delle associazioni e
a lavorare con le altre istituzioni per rafforzare un pezzo del tessuto
economico nazionale che è fondamentale per l’innovazione e la sostenibilità del
nostro modello di sviluppo”.
Nell’ambito degli Stati generali sono state individuate alcune
tematiche giudicate prioritarie dalle Camere di commercio - trasporto e turismo
- su cui sviluppare linee di azione, interventi, progetti sia autonomamente sia
in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati, nei singoli territori
e tra territori diversi. Per entrambe, le iniziative che il sistema camerale si
propone di intraprendere incroceranno cinque temi strategici: competitività
delle filiere, formazione delle competenze, internazionalizzazione,
semplificazione e sistemi di monitoraggio a sostegno di policy dedicate.
In occasione del meeting, è stato presentato il 2° Rapporto
sull’Economia del Mare - realizzato da Unioncamere con il contributo tecnico di
Camcom-universitas Mercatorum - che fotografa il contributo del comparto “blu”
della nostra economia alla produzione di ricchezza e occupazione, dal quale si
scopre che per ogni euro di valore aggiunto prodotto direttamente, il mare ne
attiva quasi altri due nel resto dell’economia. Nonostante la crisi, nel
periodo 2009-2011 l’economia del mare ha dato segni importanti di tenuta, sia
sotto il profilo occupazionale sia sotto quello imprenditoriale. Sul fronte del
lavoro, il comparto si addirittura mosso in controtendenza rispetto al
complesso dell’economia: a fronte della perdita totale nel periodo di 97.000
posti di lavoro (-0,4%), l’economia del mare ha fatto segnare un incremento
stimato di 11.000 unità (+1,4%), con un notevole impulso derivante dalle
attività di ricerca ed in misura minore dalla componente turistica. Sul fronte
delle imprese, invece, nel triennio 2010-2012 il tessuto imprenditoriale
(costituito da circa 210mila imprese) è aumentato di quasi 7.000 unità, ad un
ritmo quindi del 3,4%, decisamente superiore allo 0,1% osservato per il totale
dell’economia economia.
Il ruolo del mare nell’economia Italiana: valore aggiunto e occupazione
Il contributo al valore aggiunto prodotto nel nostro paese dalle
filiere riconducibili all’economia del mare, ammontava nel 2011 a 41,2 miliardi
di euro con una incidenza sul totale della capacità di produrre ricchezza del
2,9%: quasi il doppio di quanto prodotto dal comparto del tessile,
abbigliamento e pelli (21 miliardi) o delle telecomunicazioni (22 miliardi), e
quasi il triplo di quello del legno, carta ed editoria (poco meno di 15
miliardi). La quota più significativa
(il 45% del totale, corrispondente a poco meno di 19 miliardi), si deve ai
settori più tradizionali: prima di tutti quelli della cantieristica e dei
trasporti di merci e persone (con
un’incidenza tra il 15 e il 16% ciascuno, attorno ai 6,5 miliardi),
seguiti da quelli della filiera ittica e
dell’industria estrattiva marina (intorno al 6-7% ciascuno, pari a 2,5-3
miliardi).
Poco meno di un terzo (oltre 15 miliardi di euro), si riferisce alle
attività legate al turismo – sommando le attività di alloggio e ristorazione a
quelle sportive e ricreative - cui si deve il 37% del valore aggiunto creato dal
comparto a distanza segue da un segmento del cosiddetto “terziario avanzato” -
rappresentato dalla ricerca, regolamentazione e tutela ambientale - che
contribuisce a quasi un quinto della ricchezza prodotta complessivamente dal
sistema economico legato al mare (18% ovvero più di 7 miliardi di euro); un
dato che evidenzia le potenzialità di questa fetta del nostro sistema
produttivo in termini di innovazione e contributo alla salvaguardia del
patrimonio naturale.
Dal punto di vista occupazionale, i quasi 800mila lavoratori impiegati
nell’economia del mare rappresentano il 3,2% dell’occupazione complessiva del
Paese, superiore di 200mila unità a quella dell´intero settore formato dalla
chimica, farmaceutica, gomma, materie plastiche e minerali non metalliferi
(600mila occupati; 2,4% del totale economia), e
160mila in più rispetto a quella dei servizi finanziari e assicurativi
(circa 640mila unità, pari al 2,6% degli occupati totali).
All’interno dell’economia del mare, gli occupati si distribuiscono tra
i settori in modo del tutto simile al valore aggiunto, con una forte incidenza
delle attività ricettive e della ristorazione, visto che spiegano poco più di
un terzo dell’occupazione complessiva del comparto (36%, pari a quasi 287mila
lavoratori, una parte consistente dei quali a carattere stagionale); seguono,
per dimensione occupazionale, la cantieristica (17%, poco più di 135 mila
occupati), la filiera ittica (12%, poco più di 95mila occupati) e le attività
sportive e ricreative (8% pari a più di 61mila occupati).
La forte connotazione marina delle regioni meridionali fa sì che
l’economia del mare italiana si concentri prevalentemente proprio nel
Centro-sud (60% del valore aggiunto e 64% in termini di occupati), grazie
soprattutto alla centralità che assume in alcune regioni come il Lazio, la
Sicilia, la Campania e la Puglia (insieme, queste quattro regioni coprono circa
il 40% del valore aggiunto dell’economia marina nazionale e il 43% degli
occupati generati dal comparto).
Al Nord sono invece tre le regioni trainanti – la Liguria su tutte,
seguita dalla Lombardia e dal Veneto – che insieme assorbono all’incirca un
quarto di ricchezza e di occupazione ascrivibile alle attività connesse al mare
(rispettivamente 26 e 23% del totale nazionale). In termini di sviluppo
territoriale, i dati mostrano come tra le regioni solo in Liguria il valore
aggiunto prodotto dell’economia del mare incida per oltre il dieci percento
sull’economia regionale (l’11,9%). Tra le province, l’incidenza maggiore si
riscontra a Livorno, dove il 15,7% del valore aggiunto del territorio è dovuto
all’economia del mare.
La struttura imprenditoriale
Alla fine del 2012 – sulla base dei dati del Registro delle imprese delle
Camere di commercio - il perimetro dell’economia del mare racchiudeva quasi
211mila imprese (pari al 3,5% del totale nazionale). In termini assoluti, il numero maggiore di
imprese che ruotano intorno all’economia del mare si concentra nel comparto del
turismo, (96.547 attività, il 45,8% del totale) come somma dei servizi di
alloggio e ristorazione (67.178) e delle
attività sportive e ricreative (29.369). Al secondo posto segue la filiera
ittica (41.633 aziende, il 19,7% del comparto), seguita da quella della
cantieristica (32.130, pari al 15,2% dell’economia ‘blu’).
La capacità di attivazione sul resto dell’economia: il
"moltiplicatore" del mare
L’economia del mare, tuttavia, non esaurisce i suoi effetti nelle
attività che rientrano direttamente nel perimetro dei settori che la
definiscono. Tra le sue caratteristiche c’è infatti quella di essere in grado
di attivare indirettamente, a monte e a valle della filiera, ulteriori effetti
sul sistema economico, a conferma della
sua importanza strategica soprattutto in chiave di rilancio del Paese. Basti pensare che per
ogni euro prodotto da questo settore se ne attivano altri 1,9 nel resto
dell’economia.
In valori assoluti questo significa che, con riferimento al 2011, ai
41,3 miliardi di valore aggiunto prodotti dalle attività direttamente legate al
mare nel 2011 hanno fatto riscontro altri 77 miliardi di euro attivati sul
resto dell’economia. Come dire che, nel periodo preso a riferimento, l’intera
filiera ha generato 118 miliardi di euro di valore aggiunto, pari all’8,4%
dell’economia complessiva.
Analizzando questa capacità nel dettaglio dei singoli settori, si
scopre che quello che può vantare il più alto coefficiente di attivazione è
quello del trasporto merci e passeggeri, grazie a un moltiplicatore pari a 2,9
tale per cui, ai 6,4 miliardi di valore aggiunto direttamente prodotti nel
2011, hanno corrisposto più di 18 attivati, per un totale di quasi 25 miliardi
di euro (oltre un quinto dell’intera filiera del mare).
Dal punto di vista geografico, la capacità di attivazione dell’economia
del mare cambia passando tra una ripartizione all’altra. Il Nord-est e il
Nord-ovest vantano i moltiplicatori più elevati, rispettivamente, pari a 2,3 e
a 2,2 euro attivati per ogni euro prodotto dall’economia del mare. Tra le
regioni costiere del Nord-italia, spiccano il Friuli-venezia Giulia e la
Liguria con moltiplicatori pari a 2,5 in entrambe le regioni, leggermente
superiore al 2,2 che vantano le altre due regioni del Veneto e
dell’Emilia-romagna.
Il rapporto integrale è disponibile sul sito http://www.unioncamere.gov.it/
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