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Notiziario Marketpress di
Martedì 04 Giugno 2013 |
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ASSISTENZA ALL’INFANZIA: LA COMMISSIONE EUROPEA SOLLECITA GLI STATI MEMBRI A FARE DI PIÙ
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Bruxelles, 4 giugno 2013 -In
una relazione pubblicata ieri la
Commissione europea afferma che se l’Unione europea intende raggiungere entro
il 2020 l’obiettivo di un tasso di occupazione del 75% gli Stati membri
dovranno intensificare gli sforzi per migliorare le strutture per l’infanzia.
La relazione rileva che solo otto paesi hanno conseguito entrambi gli obiettivi
concordati a livello dell’Ue su disponibilità e accessibilità dei servizi di
assistenza all’infanzia (vedi allegato). Secondo i cosiddetti “obiettivi di
Barcellona”, convenuti dai leader dell’Ue nel 2002, l’assistenza all´infanzia
dovrebbe essere fornita al 90% dei bambini fra i tre anni e l’età dell’obbligo
scolastico e al 33 % dei bambini al di sotto dei tre anni. Intanto un nuovo
studio, pubblicato anch’esso oggi dalla Commissione, getta luce sul fenomeno
della “disparità di genere nei redditi da pensione”, in quanto mostra che in
tutta l’Ue la pensione delle donne è mediamente inferiore del 39% a quella
degli uomini.
“Ogni genitore sa fin troppo
bene quanto determinante sia l´offerta di servizi di assistenza all´infanzia
economici e accessibili, non solo per lo sviluppo del bambino ma anche per i
genitori che lavorano. Ciononostante, finora meno di uno Stato membro su tre è
riuscito a conseguire i propri obiettivi di assistenza all´infanzia", ha
detto la Vice-presidente Viviane Reding, Commissaria Ue per la Giustizia, i
diritti fondamentali e la cittadinanza. “Gli Stati membri devono impegnarsi se
intendono raggiungere l´obiettivo, da loro sottoscritto, di un tasso di occupazione
del 75%. Le strutture per l’infanzia non dovrebbero essere considerate un costo
ma un investimento sul futuro."
I dati del 2010 mostrano che
la maggior parte dei paesi Ue ha mancato gli obiettivi sulle strutture
all´infanzia e che solo otto sono stati in grado di realizzarli per entrambe le
fasce di età (0-3 anni; dai 3 anni all’età dell’obbligo scolastico): Belgio,
Danimarca, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Svezia, Slovenia e Regno Unito. Solo
10 Stati membri hanno conseguito l’obiettivo relativo alla prima categoria (da
0 a 3 anni) e 11 quello relativo alla seconda (dai 3 anni all’età dell’obbligo
scolastico; vedi allegato).
Nel contempo, dati appena
pubblicati per il 2011 mostrano una diminuzione dei servizi offerti ai bambini
di età maggiore evidenziando come alcuni paesi che avevano raggiunto
l’obiettivo nel 2010 si trovino ora al di sotto della soglia del 90 % (Spagna,
Paesi Bassi e Irlanda).
Le politiche per conciliare
meglio il lavoro con la famiglia, in particolare i servizi di assistenza
all’infanzia — sono essenziali per promuovere l’occupazione femminile. Per
raggiungere gli obiettivi occupazionali dell’Unione e per migliorare la strategia
economica globale è fondamentale che aumenti il numero delle donne che
lavorano. Per questo motivo il 29 maggio la Commissione ha proposto al
Consiglio raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del terzo semestre
europeo 2013 (cfr. Ip/13/463). A 11 Stati membri1 sono state indirizzate
raccomandazioni sull’occupazione femminile, sulla disponibilità/qualità delle
strutture per l´infanzia e/o delle scuole a tempo pieno e sui servizi di
assistenza.
Nuovo studio sul divario di
genere nei redditi da pensione
Oggi la Commissione ha anche
pubblicato un nuovo studio specializzato sul divario di genere nei redditi da
pensione in Europa, il primo di questo tipo, che mostra come gli effetti di
tassi di occupazione femminile più bassi si estendano fino all´età della
pensione: le donne percepiscono una pensione inferiore mediamente del 39% a
quella degli uomini. Le disparità di genere nelle pensioni sono il risultato di
tre tendenze del mercato del lavoro: (1) la probabilità di occupazione delle
donne è inferiore a quella degli uomini; (2) le donne lavorano un numero
inferiore di ore/anni; e (3) percepiscono una retribuzione mediamente
inferiore. I sistemi pensionistici non sono il mero riflesso neutrale dei
percorsi occupazionali: le pensioni possono ridurre, riprodurre o persino
rafforzare le ineguaglianze di genere nel mercato del lavoro e nella divisione
delle responsabilità familiari tra donne e uomini.
Un nuovo indicatore della
parità di genere, il “divario di genere nei redditi da pensione”, contribuisce
a quantificare le disparità di genere nel corso della vita delle persone. La
situazione varia notevolmente in tutta l’Ue (cfr. Allegato). Un ampio divario
di genere nei redditi da pensione emerge in un gran numero di Stati membri: 17
presentano disparità nei redditi da pensione superiore o uguale al 30%. I paesi
con il più ampio divario di genere nelle pensioni sono il Lussemburgo (47%) e
la Germania (44%). All’estremo opposto si trovano l’Estonia, con il più basso
divario di genere nei redditi da pensione (4%), seguita dalla Slovacchia (8 %).
Matrimonio e maternità
risultano incrementare il divario di genere nelle pensioni. Le differenze, pur
rimanendo cospicue (17%) si riducono nel caso di donne sole. I dati mostrano
anche una chiara “penalizzazione da maternità”: avere figli comporta svantaggi
pensionistici per le donne in quasi tutti gli Stati membri. Nella maggior parte
dei casi, la “penalizzazione da figli” aumenta con il numero di questi ultimi
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