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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 05 Giugno 2013 |
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SOVRANITÀ CRIMINALE E RELAZIONI TRA MAFIE E STATO
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Trento, 5 giugno 2013 - L´italia è un paese a sovranità limitata?
Questo interrogativo è la premessa del "Focus" "Sovranità
criminale" che, con Salvatore Lupo e Gaetano Savatteri, ha approfondito il
ruolo e il peso delle organizzazioni criminali nel nostro Paese. Contrastate
dalle istituzioni ma anche in larga parte subite con rassegnazione dalla
popolazione e in parte riconosciute come un vero e proprio potere, le
organizzazioni mafiose esercitano un ruolo pervasivo in alcune regioni
italiane: impongono regole, fanno affari e, come la cronaca ci ricorda,
emettono sentenze e comminano punizioni. Sono un potere in grado di limitare la
sovranità della nostra democrazia? Se ne è parlato questo pomeriggio nella Sala
Depero del palazzo della Provincia, a Trento. L´incontro, a cavallo tra storia
e cronaca, ha offerto spunti di riflessione in campo economico, giuridico,
sociale e culturale.
Sovranità e mafia sembrano
termini antitetici e inconciliabili, ma non lo sono, spiega Salvatore Lupo,
professore ordinario di Storia contemporanea presso l´Università di Palermo e
autore di numerosi studi sulla storia della società meridionale tra Otto e
Novecento. L´idea della statualità della mafia risale nel tempo, alle origini del
fenomeno. La teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici all´interno
della società offre un supporto concettuale a questa visione.
Il termine sovranità rimanda
a quello di territorialità, perché il potere si esercita su uno spazio fisico
che è più grande per gli stati e più piccolo per le mafie. Sui territori in cui
agisce, la mafia si muove come uno stato perché garantisce ordine in cambio di
una sorta di imposta, il pizzo. Nelle zone sotto il suo controllo spesso non
viene consentito alcun reato. Nella Palermo di oggi, per esempio, nei mercati
tradizionali, i borseggi non sono diffusi come in altri luoghi.
Il fenomeno mafioso è
interclassista perché accomuna persone marginali e colletti bianchi. Curioso è
poi il fatto che accade spesso che la mafia si modelli sull´organizzazione
statale: si è notato che la struttura delle famiglie mafiose corrisponde
all´organizzazione territoriale dei Commissariati di Polizia.
Non esiste la mafia senza
un´enfasi sull´elemento regolatore. Il mafioso si presenta infatti come
protettore, come difensore della tradizione. Quello della mafia è un ordine che
non deriva dall´astrattezza di una norma ma dalla concretezza della pratica.
Non c´è modernizzazione che abbia intaccato la rappresentazione di sé stessa
che la mafia fa. La forza del modello è quella di sopravvivere e riproporsi
sempre uguale.
Stimolato dalle domande di
Gaetano Savatteri, giornalista del Tg5, Salvatore Lupo ha parlato anche del
tema, attualissimo, della "trattativa" tra mafia e Stato.
Ha ricordato che la
criminalità organizzata non è onnipotente ma prospera negli spazi lasciati
liberi dalle istituzioni. Agli inizi fu il contrabbando delle sigarette, poi di
morfina e di eroina in tempi più recenti a far prosperare la mafia. Quanto alla
"trattativa" il relatore ha sottolineato che anche la Magistratura,
che sta indagando, è parte dello Stato, che gli apparati di sicurezza sono più
di uno e anche la criminalità non è un monolite. E´ quindi più preciso parlare,
se fossero dimostrate nel corso dei processi, di responsabilità individuali.
Il paese, nonostante tutto,
non deve dimenticare i successi importanti riportati nella lotta alla mafia,
che ama pensarsi come un super potere, ma non lo è. C´è invece un
sovrainvestimento simbolico nella mafia da parte dell´opinione pubblica.
Non basta disporre di
capitali per diventare finanziere o imprenditore. Attraverso i movimenti di
capitale e quelli migratori le mafie possono però riprodursi a distanza,
riproponendo nel luogo di arrivo i caratteri originari e ibridandosi con altre
forme locali di illegalità. E´ razzista ed falsa l´idea che le mafie si
riproducono perché ci sono popoli particolarmente vocati a esportare questa
modalità criminale: la maggior parte dei flussi migratori non produce mafia.
Le mafie non le fanno i
capitali ma gli uomini; è vero però che la repressione passa anche dal seguire
i flussi finanziari. Si parla di mafia dal 1861 in poi, ma mai come dalla fine
degli anni ´80 del secolo scorso la mafia è diventata così centrale nel dibattito
pubblico italiano.
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