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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 05 Giugno 2013 |
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NEL 2015 SI RISCHIA UN ALTRO CROLLO ECONOMICO, MA CE LA FAREMO
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Trento, 5 giugno 2013 - Nella creazione dell’eurozona ci sono i
germi della crisi. Con un certo timore e con la consapevolezza che l’eurozona è
stato uno degli esperimenti economici più importanti, il professore Kaushik
Basu, Chief Economist della Banca Mondiale, ha espresso il suo critico punto di
vista sull’attuale crisi economia, la cosiddetta “crisi del debito sovrano”.
“Gli investitori vogliono seguire paesi sicuri – spiega Basu, su invito del
giornalista Pietro Veronese – vogliono spostare il loro denaro in un luogo
protetto. Dal ’99 in poi gli investitori hanno infatti iniziato a sottrarre
denaro all’Europa per investirlo negli Stati Uniti. Un paese che ha una Banca
centrale e questo significa che negli Stati Uniti il governo federale può
garantire protezione ai crediti, mentre all’interno dei paesi europei questo
non può accadere”.
E se la crisi si pensava
fosse in qualche modo passata, in realtà Kaushik Basu lancia un allarme: “Alla
fine del 2015 il denaro iniettato nei paesi in difficoltà dalla Banca centrale
europea, come quello dato alla Grecia, deve essere restituito. E da dove lo
prenderanno? Verrà tolto dalle banche causando un’ondata di problemi per
l’eurozona se nel frattempo non si prenderanno provvedimenti importanti”.
Oggi viviamo nell’era della
globalizzazione, o meglio, viviamo la forza della globalizzazione che,
parafrasando il pensiero di Basu, come quella di gravità non si può fare a meno
di vivere ogni giorno. Si deve perciò partire da qui: “Le Banche centrali
mondiali devono coordinarsi per ridurre i rischi di una crisi economica
globale”. L’esperimento dell’eurozona, come ama chiamarlo Basu, ha dimostrato
quali possono essere gli effetti di una mancanza di coordinamento centrale.
Ora, la crisi economia europea si è ripercossa anche negli altri stati, anche
nei paesi emergenti che temono un peggioramento della situazione. “Saranno 20 o
massimo 25 – prosegue Basu - i Paesi che devono incontrarsi, unirsi e
coordinare le azioni delle banche centrali nell’ottica di una maggiore
collaborazione tra paesi”. Sempre nell’ottica di un mercato globale è
necessario rendersi conto che le nuove tecnologie hanno portato a un
cambiamento radicale: “La risorsa più importante per lo sviluppo economico –
continua Basu – era ed è il lavoro. In passato gli indiani lavoravano per
l’India, gli italiani per l’Italia, e così via. Oggi la tecnologia ha cambiato
tutto. Vi è un bacino comune della manodopera. Questo fa sì che la parte più
benestante riesca ad attingere a un bacino di lavoro mondiale perché sono
persone più qualificate, mentre quelli meno qualificati non riescono ad uscire
dal proprio paese e vanno in contro ai problemi della disoccupazione”.
A dimostrazione della
flessibilità del mercato lavorativo globale è sufficiente guardare al tasso di
disoccupazione degli Stati Uniti: “Gli Stati Uniti – illustra Basu - hanno un
tasso di disoccupazione del 7%, non troppo alto, solo che questo tasso di
disoccupazione è un tasso di lunga durata, vale a dire che sono persone che non
riescono più a trovare lavoro perché si è verificata una perdita delle
competenze.”
Tutto ciò ha portato a delle
profonde disuguaglianze tra ricchi e poveri che non possono essere tollerabili.
Ma cosa si può fare per la diseguaglianza? “Serve un governo mondiale che porti
le categorie più deboli ad avere un reddito più alto, sono problemi che possono
essere risolti senza una democrazia globale. Si deve iniziare con una
ristrutturazione del pensiero economico, con un’azione di coordinamento comune
che tragga esperienza da ciò che si è verificato in Europa”.
E l’Italia? “Ritengo –
conclude Basu - che il gruppo di economisti che si è riunito oggi a Trento
possa migliorare la nostra situazione, fungere da modello per il resto del
mondo. Entro quattro anni usciremo dalla crisi, assieme, e il mondo sarà un
luogo migliore”.
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