|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Giovedì 06 Giugno 2013 |
|
|
  |
|
|
RACCONTIAMO L’EUROPA O RACCONTIAMO SOLO L’EURO?
|
|
|
 |
|
|
Trento, 6 giugno 2013 - Come
si può combattere l’euroscetticismo se non esiste un “racconto” dell’Europa
alternativo alla lettura economica e burocratica che gira attorno all’Euro? La
crisi di legittimità del processo di integrazione europeo dipende dalla
mancanza di comunicazione. L’europa comunica poco e male. Usando un linguaggio
tecnico che allontana i cittadini. Ma l’Europa è molto di più della crisi. Per
riscoprire il valore dell’Unione europea serve un modo diverso di intendere
giornalismo e comunicazione. Recuperare un “racconto” alternativo dell’Europa
partendo dalle sue radici, ma anche scommettendo su democrazia, lavoro e
creazione di valore. La qualità dell’informazione al Festival dell’Economia
nell’incontro “Raccontare l’Europa” curato dall’Osservatorio Storytelling che
si è tenuto alla sala conferenze del Dipartimento di Economia dell’Università
di Trento.
Per raccontare l’Europa
bisogna conoscerla. Una sfida non facile ma importante, se si pensa che tra il
2012 e il 2013 la fiducia dei cittadini nel processo di integrazione è
diminuita del 15%. «Raccontare l’Europa non è un mestiere facile – ha spiegato
Adriana Cerretelli corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore – occorre
familiarizzare con il cosiddetto “eurocratese” e una volta assimilato il gergo
tecnico bisogna resistere alla tentazione di usarlo. Un’impresa difficile,
vista la complessità delle questioni e il poco spazio a disposizione. Ma c’è a
monte un problema strutturale: parliamo di Europa come se fosse un’entità
reale. Invece al più si tratta di un sogno, di un’aspirazione. Tutti ci
sentiamo europei a nostro modo: la cultura nazionale pesa più che mai sulla
percezione dell’Europa. Secoli di storia ci rendono diversi all’interno dei
vari Stati europei.
La solidarietà, che è stata
il cemento dell’origine dell’Europa, ora non c’è più e il nazionalismo ha
ripreso vigore. La diversità genera incomprensione e questa diffidenza.
L’europa non è più una questione di politica estera, ma di politica interna. Tuttavia
la tentazione dei governanti dei vari Stati è quella di scaricare sull’Europa
il peso e la responsabilità di scelte su cui però invece c’è il pieno
coinvolgimento di tutti. Tutto questo alimenta un sentimento anti-europeo che
si basa su letture semplicistiche e demagogiche.
La colpa della cattiva
comunicazione non è quindi da attribuire tanto ai mezzi di informazione quanto
piuttosto all’atteggiamento dei governi nei confronti dell’Europa. La Germania,
ad esempio, viene percepita come un lupo cattivo, come una sorta di nemico in
casa. In realtà dovremmo cercare di diventare noi degli interlocutori
all’altezza di questa situazione per scongiurare il rischio di germanizzazione
dell’Europa».
«Il problema centrale è la
percezione che ognuno di noi ha dell’Europa – ha puntualizzato Andrea Fontana
dell’Osservatorio Storytelling – Ciò che sappiamo, lo abbiamo imparato dai
nostri nonni e genitori. Oggi a scrivere il “racconto” dell’Europa sono i mezzi
di informazione che privilegiano un racconto dell’Europa di tipo economico, più
che storico, psicologico, identitario. È più che altro il racconto dell’Euro,
soprattutto calato dall’alto. Alcune delle linee narrative in cui possiamo
invece riconoscerci sono le nostre radici: il patrimonio della cultura greca, il
cristianesimo, la Ragione illuminista. Il gergo eurocratico a cui ormai siamo
abituati ha spinto molti ad additare le colpe della crisi ad una nuova classe
di burocratici oscuri. Contrastare questa visione è difficile in mancanza di
una forte visione identitaria. La democrazia, il lavoro e creazione di valore
sono temi fondamentali da recuperare, su cui si può scommettere per rilanciare
una nuova visione di Europa».
«Il modo in cui noi
interiorizziamo un racconto e l’idea che ci facciamo di un’identità – ha
aggiunto Alessandra Cosso dell’Osservatorio Storytelling - è quello che
determinerà la nostra percezione e influenzerà i nostri comportamenti. Ma la
questione è: l’Europa siamo noi o sono gli altri? Occorre immaginare un nuovo
racconto europeo che risolva questa tensione in modo costruttivo, partendo da
scenari dove questa integrazione sia possibile e dalla conoscenza dell’unicità
e della specificità dell’altro».
|
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|