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Notiziario Marketpress di
Giovedì 06 Giugno 2013 |
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BINI SMAGHI: LO STATO IN BANCA? UNA NECESSITÀ PER L’ECONOMIA, MA IMPOPOLARE
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Trento, 6 giugno 2013 - "Il
sistema bancario ha bisogno di capitale pubblico per stabilizzarsi, almeno
temporaneamente - ha detto Lorenzo Bini Smaghi nell´incontro promosso dalla
Federazione trentina della cooperazione -
Unica scelta possibile, ma impopolare”. Uscire dall’euro? Sarebbe un
disastro. Per Donato Masciandaro: “Pericoloso e tossico far entrare lo Stato in
banca”. Per Leonardo Becchetti, invece, tocca ai cittadini con il loro
portafoglio stimolare le banche a diventare più socialmente responsabili.
Gli Stati hanno perso
sovranità con la globalizzazione? Nel settore bancario in realtà gli Stati
nazionali hanno fatto un cattivo uso della sovranità. Ad esempio in Irlanda o a
Cipro, dove faceva comodo alla classe dirigente di quei paesi avere sistemi
bancari e finanziari sovradimensionati, almeno finché pagavano tasse e creavano
occupazione e ricchezza.
Poi, quando è scoppiata la
crisi, è emersa la fragilità del sistema e ai governi non è rimasto altro che
prendere misure di austerità. È quel che è successo anche in Italia alla fine
del 2011, dove si è preferito aumentare le tasse piuttosto che fare le riforme
necessarie. Così adesso siamo vent’anni indietro, come ha affermato ieri il
Governatore della banca d’Italia.
Parola di Lorenzo Bini
Smaghi, economista già nel board della Bce e attualmente docente ad Harvard e
presidente di Snam Gas, che ha aperto oggi alla Fondazione Cassa di Risparmio
il confronto con Leonardo Becchetti e Donato Masciandaro sul tema ”Sovranità,
biodiversità e finanza” organizzato dalla Cooperazione Trentina e coordinato
dal giornalista Franco de Battaglia.
Cosa fare per far ripartire
il sistema bancario e sostenere l’economia? “Sicuramente la soluzione non viene
dall’uscita dall’euro – ha detto Bini Smaghi - sarebbe un disastro. Le
svalutazioni fatte negli anni Settanta ci hanno fatto perdere le aziende più
avanzate. Oggi tutti i paesi più avanzati hanno un cambio forte. Magari una
eventuale uscita dall’euro porterebbe qualche vantaggio immediato, ma occorre
guardare avanti e puntare invece sull’innovazione”.
Bini Smaghi propone una
ricetta che egli stesso ha definito rivoluzionaria. “Oggi non c’è alcun
operatore privato disposto a ricapitalizzare il sistema bancario, perché ha
paura. Il problema è che se non hanno abbastanza capitale, le banche saranno
sempre più prudenti. Il ruolo dell’ente pubblico dovrebbe essere quello di
stabilizzare il sistema, come hanno fatto negli Stati Uniti appena scoppiata la
crisi. Per due o tre anni occorre portare il capitale delle banche sui migliori
sistemi europei, e così tranquillizzare i manager bancari e indurli a prendere
più rischi e a prestare di nuovo. Il problema di questa scelta è che è
antipopolare. Una soluzione che fa bene all’economia, ma è contro la volontà
popolare dei cittadini che non ne possono più di dare soldi alle banche.
Eppure, se vogliamo evitare questo processo di avvitamento che sta peggiorando
la situazione economica, questa è l’unica situazione”.
Una posizione non condivisa
da Donato Masciandaro, docente alla Bocconi di economia politica e regolamentazione
finanziaria. “È pericoloso far entrare lo Stato in banca, soprattutto in paesi
che hanno un basso livello di capitale civile. Non nascondiamoci che noi siamo
un Paese ad alta propensione a violare le leggi. Quando lo Stato entra in
banca, è una tossina. Se va bene la banca diventa ancora più inefficiente, se
va male c’è il pericolo di corruzione.
Poi in America non è stato
comunque risolto il problema dell’indebitamento. Pensiamo piuttosto ad un
sistema bancario che deve ferocemente diminuire i suoi costi. Ma oggi è più
facile tagliare il credito che ridurre i costi”.
Sulla stessa linea Leonardo
Becchetti, docente di economia politica a Tor Vergata, secondo cui quello che
serve in questo Paese è più capitale sociale e meno Stato. “I cittadini devono
votare con il portafoglio. Le banche non sono tutte uguali, ci sono quelle più
a servizio dei cittadini e delle imprese, e quelle che lo sono meno. Ci sono i
cittadini che sono più informati e responsabili, e che votano con il loro
portafoglio per le banche migliori, non per altruismo ma per auto-interesse
lungimirante. È sbagliato aspettarsi sempre la soluzione da un ‘sovrano
illuminato’".
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