LE IMPRESE GIGANTI E LA MORTE MANCATA DEL NEOLIBERALISMO
Trento, 6 giugno 2013 - Le banche sono emerse dalla crisi del
2008-2009 più forti di prima, sebbene quest´ultima fosse stata provocata
proprio dai loro comportamenti folli. Ritenute “troppo grandi per fallire”
hanno ricevuto in soccorso ingenti somme di denaro da parte dei Governi.
Qualcosa però sembra non tornare. Impegnati a massimizzare i loro profitti gli
istituti di credito operano nel più puro dei mercati. Com’è possibile allora
che siano incappati in una crisi tanto vasta se la teoria economica più
avanzata aveva dimostrato che i mercati finanziari liberalizzati si correggono
da sé? Come si spiega che il neoliberalismo stia riemergendo dal collasso
finanziario con più vigore di prima? Lo ha spiegato al Festival dell’Economia
di Trento Colin Crouch, Professore Emerito della Warwick Business School,
Università di Warwick, Regno Unito.
Al cuore dell´enigma sta il
fatto che il neoliberalismo realmente esistente, a differenza di quello
ideologico puro, non è favorevole come dice di essere alla libertà dei mercati.
Esso, in realtà promuove il predominio delle imprese giganti nell´ambito della
vita pubblica. Ritenute più efficienti esse non sono più solo centri di
pressione potenti ma partecipano al processo politico dall´interno. Tale potere
appare palesemente nell´attività delle lobbies soprattutto nel Congresso
americano ma anche in molte altre istituzioni legislative ed esecutive. Ed è
visibile pure nella capacità delle multinazionali di scegliere i paesi con il
regime giuridico più favorevole per localizzarvi i propri investimenti.
Completano il quadro la tendenza crescente dei governi a subappaltare molte
delle loro attività a imprese private e lo sviluppo della cosiddetta
"responsabilità sociale dell´impresa" che fa assumere alle aziende
compiti che vanno al di là della loro pura attività economica. La
contrapposizione tra Stato e mercato occulta l´esistenza di questa terza forza,
più potente delle altre due e capace di modificarne il funzionamento. Oggi la
politica non è affatto imperniata sullo scontro tra questi tre soggetti ma
piuttosto su una serie di "confortevoli" accomodamenti tra di loro.