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Notiziario Marketpress di
Giovedì 06 Giugno 2013 |
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LO SPREAD SIAMO NOI: DA TIRANNO AD ALLEATO, ANALISI DI UN MITO
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Trento, 6 giugno 2013 - Se
vogliamo regolare la temperatura della febbre da spread, dobbiamo essere noi a
somministrare la cura. Lo spiega al Festival dell’Economia l’economista
Giovanna Nicodano, ospite oggi nella sala conferenze del Dipartimento di
Economia dell’Università di Trento. «Lo spread ci ha segnalato il baratro dell’insolvenza
e la necessità di cambiare. Lo scenario futuro è di austerità e riforme, con
aiuti negoziati insieme ai Paesi partner».
Ma perché lo spread è così
importante? «Tutte le volte che lo spread aumenta ci sono conseguenze pesanti
sull’economia perché tutti i prestiti alle persone e allo Stato sono collegati.
Aspettative e reputazione insieme al deficit, insieme al rischio di
deprezzamento della moneta, determinano il rischio di insolvenza (e il rating)
dei due debitori. Entrare nell’Euro ha portato benefici, ma per risanare il
debito abbiamo perso dieci anni».
Detestato, invocato,
definito tiranno dell’economia: lo spread, soprattutto dal novembre 2011, ha
torturato gli italiani ed è diventato di fatto il termometro dell’economia
italiana. Nemico dei nostri conti pubblici e privati, se aumenta, di
conseguenza aumenta anche l’interesse che paghiamo sul nostro debito. A causa
di questo, il deficit peggiora e il debito cresce; le imprese pagano interessi
maggiori sul debito e le famiglie sui mutui; il rischio di insolvenza delle
banche aumenta. E tutto questo fa ulteriormente aumentare lo spread: un vero e
proprio circolo vizioso. Per scongiurarlo, la ricetta sono austerità e riforme,
con aiuti. Solo così lo spread può trasformarsi in un alleato.
«In realtà lo spread siamo
noi – spiega l’economista Giovanna Nicodano, docente dell’Università di Torino
e Research fellow al Collegio Carlo Alberto e presso Netspar (Network for
Studies) - perché siamo anche noi che chiediamo i servizi, ma anche noi che
finanziamo lo Stato attraverso i titoli. Lo spread ci segnala quando sbagliamo.
Ma ci aiuta anche quando facciamo le cose giuste. Se non saremo abbastanza
decisi con le riforme, avremo un alleato che, implacabile, ce lo dirà».
Ma come si può domare lo
spread e quanto pesa sull’economia reale, sulla competitività delle imprese
sulle tasche delle famiglie italiane? Bisogna innanzitutto capire come funziona
il meccanismo. «Lo spread – spiega Nicodano – è la differenza nell’interesse
che viene pagato in virtù del maggior/minor rischio di insolvenza o bancarotta
del primo. È misurato con la differenza di rendimento tra i titoli emessi dai
due debitori: tra i titoli dello Stato italiano e il rendimento dei titoli
tedeschi di pari scadenza. Se l’Italia va peggio, cioè quando il governo
intraprende politiche che riducono la possibilità di rimborso – perché aumenta
il deficit, o non attua riforme necessarie alla produttività - tutti cercano di
vendere i titoli di Stato. Questo abbassa il prezzo dei titoli già in circolazione
facendo salire il loro rendimento e spread. Quindi il meccanismo è del tutto
fisiologico .
«Ma esiste anche un’altra
lettura - continua Nicodano - che si è fatta strada a livello politico negli
ultimi tempi che sostiene che lo spread sia qualcosa di completamente staccato
dall’economia, una sorta di allucinazione mentale di speculazione bancaria. In
realtà non è del tutto sbagliato, perché lo spread ha a che fare con la
credibilità e la reputazione del Paese nei confronti dei creditori. Un elemento
ancora più decisivo alla luce della situazione del debito italiano (120%), che
rende tutto ancora più difficile, perché il nostro Paese è ora di fatto in mano
ai creditori. Di fatto è una spada di Damocle sulla testa degli italiani, che
rischiano di non vedersi più finanziati».
Ma com’era la situazione
prima dell’introduzione dell’euro? «Non era affatto rosea: lo spread era alto,
così come l’instabilità. Lo spread subiva comunque le oscillazioni legate al
livello di affidabilità del governo italiano e di stabilità delle relazioni con
gli altri Paesi. Alla sua introduzione, l’euro ha avuto un effetto catartico
sullo spread, che è crollato. La scommessa di entrare nell’Euro è riuscita: è
stato un ottimo investimento perché c’era un 5-6% del pil che poteva essere utilizzato
per fare molte cose, tra cui risanare il debito. Ma troppo poco è stato fatto,
rispetto agli altri Paesi (ad esempio il Belgio). Dal 1997 al 2008 c’erano le
condizioni perfette per risanare l’economia italiana e le abbiamo sprecate. Ad
aggravare le cose poi si è aggiunto il detonatore della crisi mondiale e siamo
tornati indietro alla situazione pre-introduzione dell’euro. Come è nato per
volontà politica, l’euro può anche “rompersi” per volontà politica. L’euro
richiede convergenza: se non c’è, allora i Paesi gli elettorati dei singoli
Paesi possono spaccare il sistema. Se esiste questa prospettiva, questo
determinerà un aumento dello spread. Ecco perché oggi è importante difendere
l’euro».
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