|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Giovedì 06 Giugno 2013 |
|
|
  |
|
|
CON LE “IMPRONTE DIGITALI” DELLA MENZOGNA SI SCOPRE IL BUGIARDO L’ATTIVITÀ ELETTRICA DEL CERVELLO CI RIVELA QUALI SONO LE AREE COINVOLTE NELLA MENZOGNA. I RISULTATI IN UNO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO-BICOCCA SULLE BASI NEURALI DELLA MENZOGNA PUBBLICATO SULLA RIVISTA PLOS ONE. IL PRECEDENTE DEI CASI GIUDIZIARI GRINDER E HARRINGTON NEGLI USA.
|
|
|
 |
|
|
Milano, 6 giugno 2013 – Ci
sono specifiche aree del cervello che si attivano quando si mente. E che
possono essere viste “all’opera” con l’imaging neurale. Lo rivela una ricerca
da poco pubblicata sulla rivista americana Plos One.
Lo studio (Can You Catch a Liar? How
Negative Emotions Affect Brain Responses when Lying or Telling the Truth, Plos
One 8(3): e59383. Doi:10.1371/journal.pone.0059383) è stato realizzato da Alice
Proverbio, Maria Elide Vanutelli e Roberta Adorni del dipartimento di
Psicologia dell’Università di Milano-bicocca.
Le aree del cervello più
attive dal punto di vista “elettrico” nella costruzione della menzogna sono la
regione frontale e pre-frontale dell’emisfero sinistro e la corteccia cingolata
anteriore.
«Attraverso un approccio di
studio basato sull’elettrofisiologia cognitiva – spiega Alice Proverbio,
professoressa associata di Psicobiologia e coordinatrice della ricerca – siamo
in grado di vedere come reagisce il cervello di una persona quando riconosce
qualcosa di familiare. È come se l’attività bioelettrica (derivante
dall’attività cerebrale) esclamasse un “Aha!”». Inoltre, è possibile stabilire
quando una persona sta mentendo poiché il cervello produce una risposta
bioelettrica inconfondibile, chiamata N400, che riflette il tentativo di
sopprimere l’informazione riconosciuta come vera.
Lo studio è stato condotto
su 25 studenti universitari tutti volontari, 12 maschi e 13 femmine, ai quali
sono state sottoposte 296 domande bilanciate per argomento e tipo di
informazione. Le domande comprendevano anche dati, fatti e comportamenti
personali conosciuti da ciascun partecipante. Per ogni risposta è stata
impartita la specifica istruzione di mentire o dire la verità. È stato
utilizzato un paradigma innovativo, che simula la situazione stressante
dell’interrogatorio, con domande anche imbarazzanti o su temi delicati. Durante
le risposte i volontari hanno indossato speciali cuffie con 128 rivelatori che
registravano l’attività elettrica del cervello.
«Rispetto alla macchina
della verità che si basa sulla misurazione di aspetti fisiologici come sudore e
battito cardiaco per individuare chi mente – aggiunge Proverbio – il metodo
basato sulla registrazione dell’attività elettromagnetica misura anche
l’effetto cerebrale delle emozioni provate durante l’interrogatorio. L’attività
mentale, misurata attraverso le variazioni elettriche delle risposte cerebrali
è un indicatore molto più affidabile di quella solo periferica».
Una tecnica simile, chiamata
“brain fingerprinting”, è stata utilizzata negli Stati Uniti dallo studioso Lawrence
Farwell in due processi per omicidio (i casi Grinder e Harrington) e ha portato
a modificare le sentenze, aiutando a individuare il vero colpevole nel primo
caso e a scagionare il presunto nel secondo.
Nello studio dell’Università
di Milano-bicocca è emerso anche che, se è sempre possibile individuare i
bugiardi per via della N400, chi prova ansia per domande stressanti (o è
accusato ingiustamente) evidenzia una reazione emotiva simile ai mentitori (che
ingannerebbe la macchina della verità), il che mette in guardia da un uso
sprovveduto di indicatori fisiologici non cerebrali.
|
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|