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Notiziario Marketpress di
Giovedì 20 Giugno 2013 |
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MILANO - FRANCHISING: LOMBARDA UN´IMPRESA SU TRE IN ITALIA
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Milano, 20
giugno 2013 - Sono 238 le imprese che gestiscono gli aspetti legali e di
servizio legati all’apertura e alla gestione dei franchising in Lombardia, il
30% del totale italiano di settore. Un settore che è stabile in Lombardia tra
2011 e 2012 ma in crescita in Italia del 6,5%. Milano è la prima provincia in
Italia per numero di imprese (164, 20% nazionale), seguita da Roma (8,9%),
Torino (5,6%) e Bologna (4,8%). Brescia al settimo posto tra le province
italiane. In Lombardia per servizi al settore fanno bene anche Bergamo e Monza
e Brianza mentre in un anno crescono soprattutto Bergamo (+18%) e Brescia
(+16%). Sono dati che emergono da un’elaborazione della Cdc di Milano sui dati
del registro delle imprese al quarto trimestre 2012 e 2011. I dati sono stati
presentati durante l´ottava “Conferenza
Nazionale del Franchising”. Nel corso dell’incontro, organizzato ieri da
Assofranchising in collaborazione con la Cdc di Milano, si è parlato dei numeri
del settore e del mondo del commercio che si è riunito per una riflessione
condivisa sulle emergenze, i nodi e le soluzioni di questo settore strategico
per l’Italia. Il presidente di Assofranchising Graziano Fiorelli, il presidente
di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli e il presidente di Confcommercio
Carlo Sangalli hanno presentato i rispettivi ambiti di competenza. Ne è emerso
un panorama generale di contrazione e regressione del quadro economico, con una
forte depressione dei consumi, in cui tuttavia si inseriscono alcuni dati
positivi per quanto concerne il franchising. Negli ultimi che quattro anni
“orribili” il franchising ha infatti mantenuto un segno positivo in termini di
giro d’affari (+4,4%), punti vendita (+1,6%) e insegne operative in Italia
(+14,1%), nonché, dato fondamentale, in termini di occupazione (+4,6%) con un
indice molto alto per ciò che concerne due fasce critiche della popolazione
come i giovani e le donne. Il franchising appare infatti in grado di dare
risposte concrete al problema occupazionale, come dimostrano una percentuale
pari al 38% di tutti i negozi in franchising, che sono aperti da donne.
Un quadro
economico che richiama con forza il “compito” che spetta alle istituzioni e
alle politiche pubbliche: “Le prospettive di modernizzazione del sistema Italia
e, con esso, del sistema distributivo sono ancora oggi ostacolate da un insieme
di vincoli pubblici - ha spiegato il presidente Fiorelli - alcuni di sistema,
altri più specifici. I vincoli di sistema sono sin troppo noti: la burocrazia e
i sovraccosti di ogni processo amministrativo. E poi le politiche di mobilità
delle persone, e delle merci, davvero arretrate. Sovraccosti logistici e
difficoltà per i consumatori a muoversi facilmente nei territori, e fra il
territori. E poi, ovviamente il costo del lavoro e il fardello fiscale. Abbiamo
un modello fiscale iniquo, insostenibile e obsoleto. Non oso neanche pensare al
fatto che si prenda in considerazione l’aumento dell’Iva. Non voglio proprio
crederci”. Ma il numero uno di Assofranchising non si ferma qui: “Purtroppo, ci
troviamo di fronte a serissimi vincoli e ostacoli specifici per il nostro
settore del franchising, mi riferisco alla legge 185/2000 che agevola
l’autoimpiego, al sistema del credito e alle modalità di supporto
all’internazionalizzazione”.
Richieste
puntali cui fa eco il Presidente di Confcommercio Sangalli, per il quale “è
evidente che il problema strutturale della nostra economia è la debolezza della
domanda interna, che non potrebbe in alcun modo sopportare l’aumento dell’Iva,
perché se malauguratamente il Governo decidesse di confermare quest’aumento dal
1° luglio noi avremmo diversi effetti negativi: un’ulteriore contrazione dei
consumi e un’ulteriore riduzione del Pil dello 0,1% con una perdita di 20mila
posti di lavoro; la penalizzazione soprattutto delle famiglie meno abbienti che
già adesso stentano ad arrivare a fine mese e hanno ridotto i consumi; altre
chiusure di esercizi commerciali; un impatto sui prezzi con un aumento dello
0,3-0,4% tra luglio e agosto, il cosiddetto effetto scalino. Appare quindi
necessario che l’esecutivo risponda a questa emergenza. Contestualmente occorre
individuare un percorso certo di riduzione della pressione fiscale su famiglie
e imprese perché l’attuale livello di tassazione è incompatibile con qualsiasi
concreta prospettiva di ripresa”.
Il
presidente di Federdistribuzione Cobolli Gigli sottolinea come la distribuzione
moderna Organizzata possa dare un contributo sostanziale alla ripresa del Paese
attraverso i suoi investimenti e la sua capacità di creare occupazione, purché
vengano garantiti alcuni elementi fondamentali: “Chiediamo che l’imprenditore
commerciale possa gestire con libertà i suoi impianti e la sua attività e che
nei mercati vi siano condizioni di reale concorrenza. Due principi sui quali
non è accettabile alcun passo indietro e che devono inserirsi in un quadro
economico che veda decise azioni del Governo in termini di riduzione del
sistema impositivo per consumatori e imprese e di riforme strutturali, per dare
nuova competitività al Paese e,soprattutto, per ridare slancio ai consumi.
Senza ripresa della domanda interna non è infatti pensabile uscire dalla crisi.
E’ lì che occorre puntare, poiché rappresenta il fattore di partenza e il
motore di tutto, compresa la crescita occupazionale”.
Una prima
risposta agli intervenuti e alla platea viene offerta per parte della politica
da Bruno Tabacci, deputato del Centro Democratico: “La protesta sull’iva è
all´ordine del giorno, il Governo sta facendo il possibile per scongiurarne
l’aumento, ma le coperture che è chiamato a trovare Saccomanni devono essere
vere non fittizie, credo che la serietà sia importante. Sono convinto comunque
che alla fine l’Iva sarà rinviata e che si troveranno i due miliardi necessari.
Poi pero’ dovremo affrontare delle riforme strutturali e ci sarà necessità di
trovare elementi concertati tra settori diversi”. Tabacci conclude con un
affondo a Berlusconi: “Non si può prescindere dall’Europa in quanto tale,
pensare di poterlo fare è da velleitari. Diffidare dagli apprendisti stregoni.
Silvio Berlusconi dice delle sciocchezze quando afferma di voler sforare sul
3%, è come se io quando ero assessore al Bilancio a Milano avessi detto
sforiamo che tanto non ci cacciano. Senza contare poi che il fiscal compact
origina dall´accordo dell´anticipo di bilancio voluto dal Governo Berlusconi
nel pieno della temperie finanziaria del 2011".
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