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Notiziario Marketpress di
Martedì 02 Luglio 2013 |
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FRANE IN UMBRIA: MESSA IN SICUREZZA DEL TERRITORIO FUORI DAL PATTO DI STABILITÀ
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Perugia, 2
luglio 2013 - “In Umbria sono 185 le aree esposte a rischio di frana elevato o
molto elevato e 63 aree a rischio medio, la cui disciplina è demandata alla
Regione. I dati disponibili fanno
rilevare, in sintesi, che l’8,7% del territorio collinare-montano è in frana,
un valore in linea con la media nazionale (8,9%), con una superficie totale
instabile pari a 651 Km2 ed un numero molto elevato di singoli eventi (34.545)
per la maggior parte quiescenti (73%) e riferibili a frane a cinematica lenta
(88%)”. E’ questa la fotografia umbra del rischio frane illustrata, venerdì 28
giugno, a Perugia, dall’assessore regionale ai lavori pubblici Stefano Vinti,
nel corso del convegno “Le frane in Umbria, scenari di pericolosità: dalla
conoscenza alla mitigazione”, organizzato dalla Regione dell’Umbria e
dall’Ordine dei Geologi. “Gli interventi su questo versante sono assolutamente
indispensabili e quindi da un lato c’è la necessità di avere a disposizione le
risorse necessarie e dall’altro occorre che gli interventi finanziari per la
messa in sicurezza del territorio siano tenuti fuori dai vincoli del patto di
stabilità che ingessano regione ed enti locali. Per fronteggiare questo
rischio, ha affermato l’assessore, la Regione ha speso oltre 550 milioni di
euro, in oltre 400 interventi realizzati con 82 aree a rischio messe in
sicurezza, almeno parzialmente, a fronte delle 185 totali in Umbria. Volendo
fare una proiezione a medio-lungo termine della spesa ancora necessaria per
mettere in sicurezza tutte le aree ancora a rischio in Umbria, questa si aggira
intorno ai 180 milioni di euro. “Nello scorso mese, ha proseguito l’assessore
Vinti, abbiamo approvato in Giunta regionale un documento che illustra l’impegno sostenuto dalla Regione
per consolidare, almeno in parte, il proprio territorio: qui si evidenzia come
la Regione sia già notevolmente intervenuta in termini di consolidamento,
soprattutto tenendo conto che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare numerosi
stati di emergenza meteorologica che hanno destabilizzato interi territori.
Oggi, in relazione alla coesistenza di numerose banche dati sulla pericolosità
da frana, aggiornate e complementari, è necessario fornire agli utenti precisi
indirizzi per un corretto utilizzo dei dati nella pianificazione territoriale.
Questo è l’obiettivo della recente delibera regionale, con la quale abbiamo
approvato i documenti di riferimento per la pericolosità da frana, che
saranno aggiornati ogni anno e saranno
diffusi informando sui rispettivi contenuti e sulle modalità di consultazione.
Questi documenti, e soprattutto l’inventario Iffi (Inventario Fenomeni
Franosi), dovrà essere obbligatoriamente considerato dagli enti locali per la
nuova pianificazione urbanistica”. “Il
dissesto idrogeologico da frana, ha continuato Vinti, è una realtà con cui l’Umbria
convive da sempre. Tuttavia fino a metà degli anni ‘80 si conoscevano solo a
grandi linee l’entità, la distribuzione, lo stato di attività, quello che oggi
chiamiamo “scenario”; erano noti sicuramente i casi più gravi, relativi ad
esempio ai 42 centri abitati dichiarati da consolidare a cura e spese dello
Stato con la Legge 445 del 1908 e poi con la Legge regionale 65 del 1978, ma
per il resto del territorio la conoscenza era solo qualitativa. Oggi è invece
sostenuta da dati precisi, grazie ai censimenti, studi e ricerche condotti negli
ultimi vent’anni dalla Regione in collaborazione con lo Stato e gli Enti di
Ricerca, che hanno delineato i caratteri
del dissesto in Umbria”.
Il rischio
si genera quando la pericolosità da frana si riscontra in territori abitati, e
può essere di vario grado a seconda
della ricorrenza e intensità delle frane e della vulnerabilità dei beni
esposti. “Nella nostra regione l’abbondanza di frane quiescenti, ha
sottolineato l’assessore, configura uno scenario di “attesa” su cui le
condizioni meteo-climatiche possono provocare riattivazioni, anche con gravi
danni al patrimonio antropico, come è accaduto nel novembre 2005 e più
recentemente nel novembre 2012. Prevedere gli scenari di riattivazione è una
sfida ancora aperta, per le numerose variabili in gioco legate sia alle
forzanti meteorologiche che alle frane stesse, ma sicuramente non può
prescindere dalla conoscenza della frequenza storica degli eventi franosi nel
territorio regionale. Sotto questo aspetto, in Umbria si contano ad oggi 266
ambiti urbanizzati maggiormente esposti a ricorrenza storica di frane,
catalogati dal Servizio Geologico e Sismico. Ma, oltre ai numeri e alle
statistiche, è importante evidenziare il carattere proprio della franosità
dell’Umbria, che si contraddistingue
come diffusa, cioè distribuita su quasi tutto il territorio collinare-montano
anche se prevalentemente con forme quiescenti, persistente, in quanto le frane
tendono a ripetersi nelle stesse zone in cui si sono verificate in passato, e
ricorrente, soggetta cioè a riattivazioni periodiche. E’ inoltre necessario
rimarcare che in Umbria, per ragioni geologiche, le frane sono una componente
imprescindibile del territorio, che può riattivarsi stagionalmente o
eccezionalmente, per eventi meteorologici estremi o terremoti, mentre in
condizioni ordinarie presenta un’ evoluzione per la maggior parte lenta, quindi
controllabile con adeguate azioni di prevenzione e di governo del territorio”.
“L’umbria deve quindi convivere con
l’instabilità dei versanti, ha continuato l’assessore Vinti, e per questo motivo la prevenzione del
dissesto idrogeologico è da sempre uno degli obiettivi strategici della
Regione, perseguito attraverso una mirata pianificazione delle azioni per la
mitigazione del rischio da frana nelle aree colpite da fenomeni di instabilità.
Da sempre, ma particolarmente nell’ultimo decennio, è stato costante l’impegno
per la realizzazione di interventi strutturali in difesa dei centri abitati,
delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi, attuata attraverso piani
di intervento annuali/triennali, Apq per la difesa del Suolo, leggi speciali e
piani straordinari in seguito a stati di emergenza.
L’impegno
della Regione sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico non si è
limitato alla pianificazione degli interventi strutturali, ma si è rivolto
anche all’affinamento delle conoscenze, attraverso studi, ricerche e
modellazioni che hanno delineato lo scenario di pericolosità. Questo è un aspetto da sottolineare, perché la conoscenza del territorio instabile
è di fondamentale importanza per una prevenzione attiva e consapevole. In Umbria,
ha concluso Vinti, tale conoscenza è stata costruita negli ultimi venti anni
attraverso una stretta collaborazione tra il Servizio Geologico Regionale e
l’Ispra, l’Autorità di Bacino e gli Enti di Ricerca, in particolare l’Irpi-cnr,
ed è oggi fruibile grazie alle nuove tecnologie informatiche, che consentono di
rappresentare il territorio in ambiente Gis, favorendo l’ interconnessione dei
dati e dei livelli documentali. Attualmente la Regione dispone di una serie di
inventari, elaborati e documenti cartografici che inquadrano compiutamente lo
stato del dissesto dei versanti del territorio regionale”.
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