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Notiziario Marketpress di
Giovedì 04 Luglio 2013 |
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EXPORT: UN “TAVOLO INTERNAZIONALIZZAZIONE” TRA INDUSTRIA ALIMENTARE E ISTITUZIONI PER SOSTENERE IL MADE IN ITALY ALIMENTARE NEI SUOI 12 MERCATI CHIAVE
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Roma – Nasce il
3 luglio og un tavolo tra industria alimentare e Istituzioni per promuovere e
sostenere l’export del food and drink italiano. Che, allo stesso tempo, detta
l’agenda della sua competitività nei prossimi anni: individuazione e presidio
dei nuovi e più strategici mercati, lotta a contraffazione e Italian sounding,
superamento delle barriere tariffarie e non tariffarie per i nostri prodotti.
Una delegazione di Federalimentare, composta dal
Presidente Filippo Ferrua Magliani, dai Vice-presidenti Annibale Pancrazio e
Luigi Scordamaglia, dal Direttore Daniele Rossi, e dai rappresentanti delle
associazioni aderenti si è infatti incontrata oggi al Ministero degli Affari
Esteri alla presenza del Segretario Generale Michele Valensise e del Direttore
Generale per la Promozione del Sistema Paese Andrea Meloni, con i rappresentanti dei ministeri di
riferimento (Ministero degli Affari Esteri, Ministero dello Sviluppo Economico,
Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali) e dell’Agenzia Ice per avviare un percorso coordinato di “diplomazia
economica” in favore del made in Italy alimentare.
Così Filippo Ferrua Magliani, Presidente di
Federalimentare: “L’istituzione di un tavolo per l’internazionalizzazione mette
nuovamente l’industria alimentare al centro del Sistema Paese: il suo obiettivo
è difendere e promuovere i nostri marchi ed il Made in Italy alimentare nel
mondo, in primis favorendo gli accordi per ridurre veri e propri ostacoli protezionistici
come le barriere non tariffarie, spesso strumentalmente a carattere sanitario;
ma anche attraverso lo sviluppo degli investimenti promozionali all’estero -
per i quali sarebbe auspicabile la deducibilità - per combattere contraffazione e italian sounding
Un’iniziativa che, in un momento di persistente stagnazione dei consumi
interni, ci fa guardare con rinnovato ottimismo alle potenzialità di sviluppo
del secondo settore manifatturiero italiano che ha iniziato l’anno con un
+8,6%.”
“Tra le proposte che abbiamo portato sul “tavolo
internazionalizzazione” - continua Luigi Scordamaglia, Delegato di
Federalimentare all’internazionalizzazione e Membro del Cda Ice - “desideriamo sottolineare la necessità di
eliminare ogni pretesto per le barriere non tariffarie anche attraverso un
maggiore coordinamento delle Amministrazioni italiane coinvolte; è inoltre
fondamentale concludere accordi di libero scambio (ridurre/eliminare i dazi),
rafforzando il ruolo dell’Italia nei negoziati bilaterali; reputiamo strategica
la creazione di una cabina di regia tecnica per l’export finalizzata anche ad
evitare la dispersione di risorse oggi esistente; così come la strutturazione
di linee di credito adeguate per le imprese che esportano e la qualificazione
della nostra presenza all’estero: dai desk anticontraffazione all’Addetto
agroalimentare. Ma dobbiamo soprattutto facilitare la creazione di piattaforme
distributive con sinergie tra Grandi Imprese e Pmi, unica soluzione per
assicurare sui mercati emergenti la distribuzione delle nostre eccellenze
alimentari”.
Export Alimentare: Un “Tesoro” Di Quasi 25 Miliardi Di
Euro -
L’industria alimentare italiana, 6250 aziende con più
di 9 addetti e un fatturato di 130 miliardi di Euro, costituisce il 2° settore
manifatturiero italiano. Con i consumi interni in recessione, l´export
rappresenta la più importante valvola di sfogo e di redditività per il food and
drink: nel 2012 ha raggiunto quasi 25 miliardi di euro, con un´incidenza sul
fatturato totale dell´industria alimentare (130 miliardi di euro) del 19%. E’
la percentuale più alta di sempre, anche se ancora inferiore a quella di
Germania, Francia e Spagna, che oscillano tra il 22% e il 29%.
E nel primo quadrimestre del 2013 l’export alimentare
è cresciuto già più dell’8%.
Nel dettaglio, esportiamo soprattutto prodotti vini,
mosti e aceto (21% del totale), dolci e confetterie (13%), conserve e composte
di frutta e ortaggi (12%), latticini e formaggi (9%), pasta (8%), oli e grassi
(7%), carni preparate (5%) e caffè (4%).
I Baluardi Del Made In Italy Alimentare: Ue E Usa,
Brics E Paesi Arabi -
Rafforzare gli sbocchi internazionali ‘maturi’ e
aumentare la spinta propulsiva verso i mercati emergenti: solo così sarà
possibile preservare, sul lungo passo, stabilità e spazi significativi di
espansione del comparto. Il 2013 conferma un trend delle esportazioni
alimentari emerso nel 2012, con l’area Ue (+4,9%, con punte del +6% in
Germania, Francia e Uk) meno dinamica rispetto a Usa (+9,2%) e Canada (+9,8%),
mentre le crescite più significative si sono registrate nei mercati Extra-ue.
Significative infatti le variazioni percentuali
2012/2011 registrate in Medio Oriente, con Emirati Arabi Uniti (+39,5%), Arabia
Saudita (+30,5%) e Turchia (+13,9%). Estremo Oriente, con Thailandia (+50,6%),
India (+22,8%), Corea del Sud (+22,5%), Giappone (+20,5%), Cina e Hong-kong
(+20,2%) e “Importanti” anche gli spunti di Messico (+32,5%), Ucraina (+18,5%),
Brasile (+7,3%) e Russia in piena ripresa (+5,8%).
Le Barriere Non Tariffarie Frenano L’affermazione Del
Nostro Export -
Ma dove le potenzialità di business sono elevate
rimane significativo il “freno” di forti barriere protezionistiche, soprattutto
di carattere non tariffario di tipo sanitario.
Alcuni esempi? Le politiche di bio-sicurezza in
Australia, dove solo da 6 anni possiamo esportare prosciutto crudo disossato,
ma sono tuttora vietate le esportazioni di salumi cotti e prodotti a breve
stagionatura; in Brasile, dove l’export dal 2000 è praticamente raddoppiato
(+99%), vini e spiriti sono soggetti ad analisi di controllo al momento
dell’importazione, che possono bloccare la vendita delle bottiglie anche per un
anno; la Cina vieta l’importazione di prodotti alimentari freschi come
ortofrutta o carni bovine e suine; in Thailandia, il divieto di pubblicità per
le bevande alcoliche ostacola l’attività promozionale dei nostri vini; negli
Emirati Arabi Uniti c’è l’obbligo di certificazione di macellazione halal per
le carni bovine e il pollame, mentre in Turchia vige un embargo su tutta la
carne bovina proveniente dall’Ue. In Russia, incertezze sulle normative per
l’importazione dovute all’unione doganale con Bielorussia e Kazakistan e
parametri di riferimento diversi da quelli comunitari stanno creando che stanno
creando non poche difficoltà alle nostre carni lavorate, ai gelati e al settore
lattuero caseario.
E anche in baluardi storici del food italiano come il
Giappone, grava il divieto di importare carne bovina italiana o frutta fresca,
a parte le arance tarocco. Mentre il Canada, con il suo obbligo di
arricchimento con sostanze vitaminiche di tutta la farina bianca ha di fatto
“dichiarato guerra” all’import di panettone, pandoro e altri lievitati da
ricorrenza made in Italy.
Dalla Contraffazione E L’italian Sounding Un “Buco” Di
Oltre 60 Miliardi Di Euro -
Per quanto riguarda contraffazione e dell’italian
sounding, il giro di affari del falso italiano è un “fardello” che pesa sulle
potenzialità del nostro export per oltre 60 miliardi di euro (6 mld di
contraffazione e 54 mld di italian sounding), quasi 3 volte il valore
dell’export annuo, e raggiunge livelli macroscopici (24 miliardi circa) sui
mercati più ricchi, come quello nord-americano (Usa e Canada). Ma anche nei
paesi (Messico, Brasile, Australia, Russia, Nuova Zelanda, Turchia) dove le
comunità italiane sono più radicate e la nostra emigrazione è stata più
massiccia.
L’ultima frontiera del falso made in Italy è il
cosiddetto fenomeno “look-alike”, legato all’imitazione e in particolare alle
private label prodotte per la Gdo. Si tratta di confezioni che nella forma, nei
colori, e nei materiali richiamano il brand del leader di mercato: una realtà
difficile da circoscrivere in quanto il prodotto viene realizzato in conformità
con le norme o è comunque garantito dalla legislazione vigente in quel Paese.
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