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Notiziario Marketpress di Martedì 24 Settembre 2013
 
   
  CONTRO LA DEPRESSIONE, “TI RACCONTO UN SOGNO” IL SOCIAL DREAMING NEL PERCORSO DI UMANIZZAZIONE DELLE CURE IL MINFULNESS, TECNICA DI MEDITAZIONE PER UNA VISIONE PROFONDA DELLA VITA

 
   
  Roma, 24 settembre 2013 – La depressione è un problema che colpisce i malati di tumore in maniera spesso grave e soprattutto va ad interferire in maniera negativa sull’efficacia delle cure. La percezione della realtà ed i vissuti personali sono inoltre molto alterati nei luoghi di cura. Per favorire la qualità di vita e potenziare l’attività terapeutica sono varie le iniziative promosse dai nostri Istituti. Nel convegno di ieri ne sono state approfondite alcune. Lo staff dell’“L ’Area di Supporto alla Persona”, diretta da Tonino Cantelmi, ha appena presentato il progetto “Ti racconto un sogno…”, che nasce dall’utilizzo del gruppo esperienziale e della tecnica del Social-dreaming, per affrontare le difficoltà legate alla relazione Utenza-struttura, attraverso le “libere associazioni sui sogni e sull’immaginario collettivo della malattia oncologica”. L’esperienza è aperta ai pazienti e a tutti coloro che sono chiamati a rispondere ai bisogni di cura: familiari, medici, operatori sanitari, psicologi, volontari, ecc.. Fabrizio Didonna, psicologo-psicoterapeuta presidente dell’Istituto Italiano Mindfulness, ha illustrato le potenzialità osservate in oncologia tramite l’utilizzo della Mindfulness, pratica psicologica derivata dalla meditazione buddista, che consente ai soggetti di acquisire una consapevolezza piena della propria mente e del proprio corpo. Infine, sono stati presentati i dati preliminari della Survey condotta sui Centri italiani dedicati alla cura dell´Epilessia afferenti al gruppo di studio Nazionale della Lega Italiana contro l´Epilessia (Lice) su "Epilessia e Tumori Cerebrali", di cui Marta Maschio del Regina Elena è Coordinatore Nazionale. “Recuperando l’approccio delle culture tribali e delle antiche civiltà – illustra Cantelmi - in cui i sogni venivano raccontati e discussi come “chiavi” per leggerne i significati simbolici, i sogni possono essere considerati come espressione di desideri e fantasie di un certo individuo, ma anche come “speciali rappresentazioni” di punti di vista ed idee della persona a proposito della comunità in cui vive e delle organizzazioni a cui appartiene. La nostra esperienza evidenzia che l’Ospedale può divenire un vero e proprio crocevia di interazioni caricate di valenze e di attese non sempre reali.” Le persone che si lasceranno coinvolgere dall’iniziativa “Ti racconto un sogno…” al via dal 30 p.V., avranno l’opportunità di esplorare creativamente i problemi e le sfide posti da una realtà molto complessa - l’evento cancro e suoi luoghi di cura - e di riflettere su come applicare la mente creativa allo svolgimento del proprio ruolo o alla comprensione della propria esperienza. “I benefici della meditazione – spiega l’esperto di Mindfulness, Fabrizio Didonna – sono stati osservati in protocolli validati da oltre 30 anni che dimostrano di migliorare in modo significativo il dolore cronico, i disturbi del sonno, ansia, depressione e problemi causati da stress. La tecnica, che origina dalla disciplina buddista, aiuta a stare nel “qui ed ora” e ad utilizzare le risorse personali, vivendo in modo diverso l’esperienza vita. E’ uno stato mentale capace di ridurre in modo significativo la depressione ed aumentare l’efficacia delle cure” Infine dalla survey condotta sui Centri italiani dedicati alla cura dell´Epilessia su "Epilessia e Tumori Cerebrali" con l’obiettivo di "fotografare" la presa in carico del paziente è emerso che è fondamentale stimolare l’integrazione multidisciplinare. “I pazienti registrati – spiega Marta Maschio - presso i centri afferenti al gruppo rappresentano una percentuale bassa rispetto al totale dei pazienti con Epilessia Tumorale, e ciò che si rileva è inoltre la mancanza di interazione tra specialisti. Sebbene risulti del 60% la frequenza di riunioni tra neurochirurghi, radioterapisti e oncologi, tale percentuale necessita di essere ulteriormente ampliata al fine di garantire il massimo supporto al paziente, ai familiari e agli operatori che se ne fanno carico.” In altre parole, occorre sbloccare i flussi di comunicazione con se stessi, con le persone che ci circondano e con l’ambiente. E’ questa l’umanizzazione delle cure. “Ti Racconto Un Sogno” - Il Social Dreaming in Ospedale: La rielaborazione dei vissuti legati alla malattia oncologica, attraverso la condivisione collettiva dell’immaginario onirico, come chiave per ‘umanizzare’ la relazione tra paziente, familiare ed équipe sanitaria. Premessa - Il Social Dreaming è una tecnica di lavoro di gruppo che valorizza il contributo che i sogni possono offrire non solo alla comprensione del “mondo interno” dei sognatori ma anche della realtà sociale in cui essi sono immersi. Gordon Lawrence (Tavistock Institute of Human Relation di Londra) mise a punto questa tecnica, agli inizi degli anni ’80, partendo dall’intuizione che i sogni contengano informazioni fondamentali sull’ambiente sociale dei sognatori nel momento in cui stanno sognando, sviluppando inoltre un approccio al gruppo centrato sul concetto di “relazionalità” (“relatedness”) e sull’idea di “un gruppo di persone che sognano socialmente”. Nel corso degli anni, la tecnica del “Social Dreaming” è stata impiegata e sperimentata in vari contesti, in particolare in ambiti organizzativi e istituzionali. Gli incontri di Social Dreaming vengono definiti da G. Lawrence matrici (il termine matrice contiene la radice della parola latina “mater”, madre; é una fonte originale da cui qualcosa può essere creato.) Durante le matrici/sedute, i partecipanti presentano sogni che sono offerti al gruppo in modo che sia possibile stabilire legami e connessioni. I sogni vengono sviluppati attraverso “le libere associazioni”, impiegando l’amplificazione emotiva e tematica dei contenuti. “ Ti Racconto Un Sogno” Il Social Dreaming e l’Ire - “Ti racconto un sogno…” è un progetto-pilota di “umanizzazione competente”, messo a punto dall’equipe dell’Area di Supporto alla Persona con l’intento di coinvolgere tutti coloro che fanno parte della realtà ospedaliera : pazienti, familiari, volontari, medici, operatori sanitari. Con il termine “competente” ci si riferisce alla novità insita in questa particolare iniziativa che introduce uno strumento nuovo, semplice ma al contempo sofisticato, la cui gestione richiede la presenza di figure professionali qualificate (psichiatri e psicoterapeuti) che abbiamo maturato una significativa esperienza non solo con la dimensione più umana, intima della malattia oncologica, ma anche rispetto alle dinamiche inconsce e collusive che intercorrono tra utenza ed istituzione e che permeano “percorsi di cura” ospedalieri. L’ iniziativa intende promuovere un’esperienza conoscitiva di gruppo rivolta a tutti coloro che in qualche modo vivono e sono immersi nella realtà istituzionale ospedaliera del Regina Elena, con l’obiettivo di lavorare su quei blocchi, su quegli squilibri e sulle carenze relazionali che possono derivare da dinamiche emotive rimosse e disconosciute. L’ipotesi di fondo è che la rielaborazione dei vissuti legati alla malattia oncologica, stimolata dalla condivisione collettiva dell’immaginario onirico, possa rappresentare un utile strumento per riqualificare la comunicazione, e quindi la relazione, tra pazienti, famigliari ed equipe sanitaria, in altri termini per “umanizzarla”. “Ti racconto un sogno…”, è una rielaborazione del classico Social Dreamin-sd e della sua usuale applicazione in ambito oncologico, per accedere a scenari emotivi complessi e inquietanti, con i quali ci si confronta quando si ha a che fare la malattia oncologica, con i suoi percorsi e luoghi di cura, senza prescindere dal prezioso contributo proveniente dai pazienti e dai loro famigliari. Il Sd può costituire un utile strumento per analizzare e comprendere il contesto ospedaliero in cui “si cura” e “si viene curati”, per facilitare la creazione di “spazi protetti” in cui sperimentare nuove forme di comunicazione e di relazione. Durante lo scambio dei sogni e delle libere associazioni dei partecipanti, sono come annullati i ruoli e le competenze e l’unico ruolo che è consentito è quello di sognatore. Tali spazi sono essenziali per osservare la comunicazione e la condivisione dei vissuti comuni e non ai partecipanti in modo da trovare punti di vista nuovi e possibili soluzioni originali e creative ai problemi che riguardano la realtà sociale condivisa - nello specifico la vita in Istituto - che ha come elemento comune il viaggio attraverso l’esperienza oncologica. I gruppi esperienziali di Social Dreaming organizzati dall’Area di Supporto alla Persona si susseguiranno dal ottobre con una durata di circa due mesi ciascuno. La frequenza è settimanale ed ogni incontro/matrice ha la durata di un’ora e trenta minuti. Il numero di partecipanti al gruppo, che aderiranno spontaneamente, è di circa quindici persone che si disporranno in cerchio. Ciascun gruppo verrà seguito da un conduttore/facilitatore, ovvero una persona che, avendo maturato una competenza relativa alle manifestazioni - gli "effetti" - dell´inconscio, sia in grado di percepire quanto avviene nel gruppo e non solo di fornire "interpretazioni", ma soprattutto di accompagnare e facilitare i processi di comunicazione e di pensiero, suggerendo immagini che favoriscano la capacità di auto-rappresentazione del gruppo stesso. La particolare modalità di lavoro del gruppo, caratterizzata da uno scopo non terapeutico, è esplicitamente e programmaticamente "esperienziale". Nelle esperienze di “Social Dreaming” il significato che un sogno ha per il sognatore rimane sullo sfondo, mentre l’attenzione è portata sul suo significato sociale e tale spostamento di prospettiva ha spesso l’effetto positivo di spingere, almeno temporaneamente, sullo sfondo le questioni di potere, per concentrarsi invece sul pensiero di gruppo e sulla valorizzazione di modi di pensare “divergenti” rispetto al pensiero dominante. Viene dunque attivata una struttura aperta in cui circolano pensieri e informazioni che determinano continuamente una dimensione di condivisione e di “socializzazione” dell´esperienza. Il gruppo esperienziale è così collocato in una cornice istituzionale che ne traccia i confini nello spazio e nel tempo e ne determina la finalità: la conoscenza tramite l´esperienza di come si muove la mente in un gruppo che si è posto il compito di osservare ciò che accade al suo interno. È implicita in questo metodo l´idea che l´esperienza sia una costruzione e l´esito di un processo elaborativo che implica elementi di intersoggettività e di comunicabilità. Al termine degli incontri i partecipanti sono invitati a rielaborare la loro esperienza attraverso la stesura di una breve relazione, da scrivere nella più completa libertà e che, successivamente, sarà oggetto di analisi da parte dei conduttori. Peraltro, la relazione finale, si porrà anche come un momento di elaborazione del lutto, un modo di conservare memoria di un percorso che, essendo a termine, contiene fin dall´inizio l´idea di un’interruzione prevista ma, allo stesso tempo imposta e irrevocabile. Infine, durante l’ultimo incontro/matrice, uno spazio di lavoro viene dedicato ad una restituzione, da parte del conduttore al gruppo, per meglio comprendere e definire tutti i temi emersi dalle matrici, “traducendoli ” e rilanciandoli anche nei termini di proposte di nuovi "percorsi possibili" di lavoro e di strumenti alternativi di cooperazione e di scambio interpersonale.  
   
 

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