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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Marzo 2007
 
   
  L´ESCLUSIONE DALLA SPERIMENTAZIONE CLINICA DANNEGGIA LA SALUTE DELLE DONNE

 
   
  Bruxelles, 12 marzo 2007 - Le donne sono ancora ampiamente sottorappresentate nelle sperimentazioni cliniche in Europa e ci sono prove sempre più evidenti dell´effetto deleterio di tale situazione sul loro stato di salute. Per molto tempo gli studi clinici di malattie e patologie che colpiscono indifferentemente uomini e donne sono stati condotti quasi interamente sugli uomini. Una delle ragioni di ciò era la supposizione secondo cui le differenze tra uomini e donne in termini di salute si limitassero principalmente al sistema riproduttivo. L´altro motivo di esclusione delle donne dalle sperimentazioni cliniche era la volontà, peraltro lodevole, di proteggere i loro futuri figli. Tuttavia, alla fine degli anni Ottanta e all´inizio degli anni Novanta, i ricercatori hanno iniziato a rendersi conto che in effetti tra uomini e donne vi erano molte differenze, che davano origine a un´ampia gamma di patologie con un decorso completamente diverso tra i sessi o che determinavano una risposta diversa del corpo ai farmaci. Alcune di tali differenze possono essere ricondotte alle differenze sociali tra i generi: poiché spesso svolgono lavori e mansioni diverse, uomini e donne sono esposti a fattori di rischio patologico diversi. Altre differenze sono di carattere biologico e sono il risultato di divergenze genetiche, ormonali e metaboliche. Un esempio di malattia con un decorso diverso a seconda del sesso è la malattia di Lyme, che viene trasmessa dalle zecche e che, se non viene trattata tempestivamente, può avere conseguenze gravi sul sistema nervoso centrale. Un medico in Svezia aveva notato che alle donne ultraquarantenni la malattia veniva diagnosticata in ritardo rispetto agli uomini. Uno dei segnali più importanti della presenza della malattia è un anello rosso sulla pelle: dopo la menopausa le donne non evidenziavano tuttavia tale sintomo classico e al suo posto compariva un puntino rosso. Test immunologici hanno rivelato che la reazione al contagio della malattia di Lyme è correlata agli ormoni. Anche i medicinali possono avere effetti diversi su uomini e donne. Il farmaco digoxin era stato messo a punto per far pompare meglio il cuore dei pazienti colpiti da infarto. Le sperimentazioni erano state condotte su un gruppo composto all´80% da uomini e i risultati avevano evidenziato che il farmaco, pur non prolungando la vita, consentiva ai pazienti di ridurre il numero di ricoveri. Sulla base di tali dati, in Europa e negli Stati Uniti vennero formulate raccomandazioni che consigliavano la somministrazione del medicinale per migliorare la qualità della vita. Alcuni anni dopo, i ricercatori hanno condotto un´analisi post-hoc che analizzava separatamente i risultati relativi a uomini e donne e hanno scoperto che, mentre gli uomini che assumevano il digoxin evidenziavano risultati migliori di altri a cui era stato prescritto un placebo, le donne curate con tale farmaco morivano prima di quelle che assumevano un placebo. Tuttavia, poiché costituivano una percentuale molto ridotta del gruppo di studio iniziale, tale effetto non era stato rilevato. La differenza riscontrata potrebbe essere dovuta al fatto che gli uomini tendono a sviluppare una cardiopatia dopo un infarto, mentre nelle donne tale patologia è più frequentemente causata da diabete o da ipertensione, che a loro volta potrebbero influire in maniera diversa sul cuore. Tali esempi mostrano come la salute delle donne sia messa gravemente a rischio a causa della loro esclusione costante dalle sperimentazioni cliniche. La dottoressa Clara Moerman dell´Università di Amsterdam ritiene che si tratti di una questione di equità. «Tutti i membri della società hanno diritto a ricevere un´assistenza sanitaria di buona qualità», ha dichiarato con enfasi. «A tal fine occorre avere la conoscenza, e servono ricerche che tengano conto di tale fattore». Ha anche rilevato che coinvolgere entrambi i sessi nella ricerca è una buona prassi scientifica. «Escludere le donne significa non generare conoscenza sull´argomento», ha osservato. «Se ci sono delle differenze, ai ricercatori dovrebbero interessare». Benché sia perfettamente legittimo voler proteggere i figli non ancora nati, la dottoressa Moerman sottolinea che non tutte le donne in età fertile hanno in programma una gravidanza; inoltre chi gestisce le sperimentazioni potrebbe chiedere alle partecipanti di usare contraccettivi per la durata dello studio. «è una difficoltà solitamente superabile!» ha affermato. Negli Stati Uniti, dal 1993 è in vigore una legge che impone agli studi clinici finanziati dal National Institutes of Health di includere nelle popolazioni oggetto di indagine uomini, donne e soggetti appartenenti alle minoranze etniche. Un anno fa i criteri sono stati ampliati fino a comprendere tutta la ricerca sulla salute finanziata dal Nih. Le regole adottate sanciscono sostanzialmente il diritto di ogni cittadino a partecipare alla ricerca e a condividerne i vantaggi e i rischi. Nell´ue, da una parte la Commissione si adopera per promuovere l´equilibrio dei generi nella ricerca, ma dall´altra le questioni di etica fanno spesso riferimento alla dichiarazione di Helsinki, incentrata sulla tutela delle persone che prendono parte alla ricerca. «Manca la questione della giustizia e dell´equità nei confronti di tutti i membri della società», ha dichiarato la dottoressa Joke Haafkens, sempre dell´Università di Amsterdam. Recentemente le dottoresse Moerman e Haafkens hanno condotto uno studio finanziato dall´Ue volto a stabilire se i comitati etici per la ricerca (Rec) di cinque Stati membri dell´Ue prestassero attenzione alla parità dei generi nella valutazione dei protocolli di sperimentazione. Hanno scoperto che in nessuno dei comitati esaminati esistevano requisiti formali per il coinvolgimento di esperti di questioni di sesso e genere nei gruppi di esperti. «Una valutazione del coinvolgimento equo di uomini e donne negli studi non è richiesta né nella normativa né negli strumenti a supporto delle procedure di valutazione etica», si legge. «Ciò vale anche per l´analisi - specifica a seconda del genere - dei rischi e benefici associati alla partecipazione allo studio». Tuttavia, non basta semplicemente coinvolgere le donne nella ricerca. Come mostra l´esempio del digoxin, gli scienziati devono anche presentare i risultati in modo tale da consentire l´analisi delle differenze tra uomini e donne. In un articolo recente, le ricercatrici spagnole Maria Teresa Ruiz Cantero e Maria Angeles Pardo hanno rivelato che le sperimentazioni sul farmaco contro l´osteoartrite Vioxx comprendevano più donne che uomini. Tuttavia, l´80% delle sperimentazioni non descriveva l´efficacia del farmaco a seconda del sesso e solo uno studio riportava gli effetti collaterali specifici del genere. «A tale proposito, è significativo che il 78% degli effetti collaterali segnalati da Vioxx in Spagna abbia colpito le donne», si legge. Anche in America c´è un problema: uno studio recente ha scoperto che tre quarti delle sperimentazioni cliniche cardiovascolari pubblicate nelle riviste più prestigiose del settore non fornivano un´analisi dei risultati sulla base del sesso, benché fosse più probabile ritrovare tali informazioni nelle sperimentazioni finanziate dal Nih. «Le cardiopatie sono la minaccia numero uno per la salute della donna e dobbiamo essere in grado di indicare alle donne se i test diagnostici che prescriviamo sono accurati e che effetto avranno su di loro le terapie, ma ad oggi non abbiamo dati sufficienti specifici per le donne», ha dichiarato Sharonne Hayes della Women Heart Clinic della Mayo Clinic. Per risolvere tale problema occorrono interventi di molte parti interessate, tra cui l´Ue. «A nostro avviso, la direttiva comunitaria sulla ricerca clinica dovrebbe prevedere anche disposizioni volte a promuovere la parità dei generi nella revisione etica della ricerca clinica, sia incoraggiando una rappresentazione equa di uomini e donne nei Rec, sia esigendo una valutazione dei protocolli più sensibile alle esigenze sanitarie specifiche del genere e ad altre possibili differenze determinate dal sesso», hanno scritto le dottoresse Moerman e Haafkens nel loro articolo. Raccomandano inoltre che la Dg Ricerca avvii un dibattito tra le parti interessate «nel contesto dell´esigenza di un coinvolgimento equilibrato e di una distribuzione equa dei vantaggi e dei rischi associati alla partecipazione agli studi». Nel contempo, l´articolo spagnolo chiede un coinvolgimento più attivo dell´Agenzia europea per i medicinali (Emea) che, afferma, non ha sviluppato orientamenti o strategie specifiche a seconda del genere. «L´emea dovrebbe esercitare la propria influenza normativa per garantire sicurezza ed efficacia alle donne che assumono i farmaci», scrivono. Anche la stampa deve intervenire. «Un cambiamento da parte del Nih e di altre fonti di finanziamento per incoraggiare la ricerca specifica per genere rappresenta solamente l´inizio», ha affermato la dottoressa Mary Norine Walsh del The Care Group di Indianapolis, uno degli autori dello studio americano sul cuore. «I cambiamenti saranno più marcati nel momento in cui, nella pianificazione delle grandi sperimentazioni cliniche, sarà previsto il coinvolgimento di un numero sufficiente di donne, che consenta un´analisi finale da definire a priori e quando tale analisi sarà richiesta in maniera uniforme da editori di riviste e autori di recensioni». Anche i medici devono essere sensibilizzati a tale problematica, già a cominciare dalla facoltà di medicina. Secondo la dottoressa Haafkens, le facoltà di medicina olandesi hanno recentemente iniziato a porre maggiore enfasi sulle questioni di genere nei loro corsi. Anche i pazienti hanno un ruolo da svolgere. «Quando un medico raccomanda una determinata terapia o test a una donna, la paziente dovrebbe chiedere se le donne sono state coinvolte nella ricerca», ha affermato la dottoressa Hayes. «Quando dico a una paziente che deve assumere un determinato medicinale o sottoporsi a un esame o a una procedura, dovrei essere in grado di assicurarle che il relativo protocollo è stato testato sulle donne. Attualmente, in molti casi non lo posso dire. Tuttavia, secondo me, se le donne ponessero tali domande, il nostro comportamento cambierebbe e saremmo indotti a garantire che la ricerca futura sia maggiormente applicabile alla loro specificità». .  
   
 

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