|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Giovedì 03 Ottobre 2013 |
|
|
  |
|
|
COOPERAZIONE SOCIALE IN UMBRIA, PRESENTATO PRIMO RAPPORTO “AUR”
|
|
|
 |
|
|
Perugia, 3 ottobre 2013 - In Umbria sono 182 le
cooperative sociali iscritte all´Albo istituito e regolamentato dalla Regione
Umbria, con una media di venti ogni centomila abitanti, una in più rispetto
alla media nazionale, e circa settemila addetti. Il settore, nell´ultimo
decennio, ha apportato un crescente contributo allo sviluppo del sistema
produttivo regionale, resistendo meglio di altri settori alla crisi economica e
dimostrando capacità di innovarsi: rispetto al 2005, il numero di cooperative sociali
è aumentato del 75% (a fronte di una media nazionale del 59 per cento) con
direttrici di sviluppo che non hanno interessato solo i
"tradizionali" settori di operatività, come ad esempio quello
sanitario e socio assistenziale, ma anche altri comparti dell´economia
regionale, e in controtendenza rispetto all´andamento del mercato del lavoro ha
incrementato il numero di addetti. Sono alcuni degli elementi che
caratterizzano il profilo identitario della cooperazione sociale in Umbria,
così come emerge dal primo Rapporto realizzato dall´Agenzia Umbria Ricerche, su
incarico della Regione Umbria, presentato oggi nel corso di un convegno a
Palazzo Donini, che sarà concluso dalla vicepresidente della Giunta regionale e
assessore al Welfare, Carla Casciari.
Obiettivo della ricerca, come hanno sottolineato il
presidente e il direttore dell´Aur, Claudio Carnieri, e Anna Ascani, è stato
non soltanto quello di aggiornare la fotografia di un settore fondamentale per
il livello di "welfare" che caratterizza l´Umbria, ma soprattutto
quello approfondirne gli aspetti qualitativi, la propensione all´innovazione e
le potenzialità di riorganizzazione di fronte ai radicali mutamenti di scenario
che oggi mettono a dura prova l´economia sociale, fornendo indicazioni e spunti
di riflessione per le nuove politiche regionali di "welfare".
La ricerca si è basata su una indagine di campo che ha
coinvolto l´universo delle cooperative sociali regionali (65 quelle che hanno
aderito sulle 149 effettivamente riscontrate) attraverso la somministrazione di
un questionario, su "focus group" e interviste con i responsabili di
politiche e servizi socio-sanitari di diverse istituzioni pubbliche,
sull´analisi dei bilanci dal 2008 al 2011.
"Ne emerge un settore apparentemente in salute -
ha rilevato Mauro Casavecchia, responsabile Area innovazione e sviluppo locale
di "Aur" - ma che oggi è ´stretto´ da diversi fattori: l´aumento
della concorrenza, la drastica riduzione della spesa pubblica, più stringenti
procedure per l´affidamento dei servizi. E il mercato fa emergere una nuova
domanda sociale che richiede nuovo ´welfare´ e alla quale le cooperative sono
chiamate a rispondere con servizi, competenze, una rete più forte di relazioni
locali, una maggiore cultura organizzativa e gestionale".
Il Rapporto si apre con un´analisi del valore della
cooperazione sociale nel quadro nazionale, a cura di Paolo Venturi, a partire
dai numeri: in Italia si contano attualmente 80.844 cooperative e ben 12 mila
cooperative sociali, di cui otto su dieci operanti nel settore dei servizi. La
cooperazione sociale italiana "ha contribuito all´occupazione nazionale
(+17,3%), soprattutto di donne e giovani, e ha saputo svolgere finora un ruolo
fondamentale sia per lo sviluppo economico che per la costruzione di politiche sociali
volto alla riduzione dei livelli di disuguaglianza presenti nel nostro
paese".
Si entra poi nel vivo dei risultati della rilevazione
di campo, cui hanno partecipato 65 cooperative. Dall´analisi dei questionari, a
cura di Valentina Bendini, emerge che le cooperative sociali umbre si
caratterizzano per elevata dimensione della base sociale ed occupazionale.
Quelle di tipo A (che gestiscono servizi sociosanitari ed educativi) hanno in
media 75 soci, mentre quelle di tipo B (che prevedono l´inserimento lavorativo
di soggetti svantaggiati) ne hanno 58.
Il socio lavoratore rappresenta oltre l´85% della base sociale delle
cooperative umbre. La configurazione organizzativa sta subendo alcuni profondi
cambiamenti, in particolare nelle cooperative di servizi sociosanitari ed
educativi: se prevalgono i soggetti assunti con contratti a tempo indeterminato
(più del 60 per cento), nell´ultimo periodo sono aumentati soprattutto i
contratti part-time (rappresentano circa il 50 per cento) e i lavoratori ai
quali è stata offerta un´occupazione a tempo determinato e quelli che operano
grazie a contratti quali apprendistato, tirocinio e "work
experience". Ciò è confermato anche dall´età media dei componenti delle
cooperative di tipo A che evidenzia un certo ricambio generazionale: più del
60% del personale ha meno di 40 anni ed esiste una tendenziale volontà di
assumere giovani con un elevato grado di scolarizzazione ed un´età tra i 18 ed
i 24 anni.
Anche per le cooperative di tipo B, in cui prevalgono
i soggetti con più di 40 anni (55%), si è rilevata una contrazione dei
contratti a tempo indeterminato a favore delle nuove forme contrattuali ed una
tendenza ad assumere giovani con un livello di scolarizzazione, però, più basso
rispetto alle A.
Tra il 2010 e il 2011, c´è una dinamica positiva del
fatturato che aumenta del 9% nelle cooperative di tipo A e del 12% in quelle di
tipo B che hanno partecipato all´indagine, evidenziando "la capacità di
fronteggiare gli effetti negativi della crisi e delle conseguenti restrittive
politiche pubbliche di welfare". Anche questo aspetto "conferma
l´elevato radicamento territoriale della cooperazione sociale umbra che tende a
svolgere le proprie attività su scala quasi esclusivamente locale, in
prevalenza comunale". I principali committenti sono Asl, Aziende
ospedaliere e Comuni per le cooperative di tipo A; imprese e Comuni per quelle
di tipo B. Quanto alle tipologie di utenti beneficiari la cooperazione sociale
umbra continua a rafforzare i propri tratti identitari: le cooperative di tipo
A assumono una struttura multi-servizi con una prevalenza del settore
"anziani", mentre le cooperative sociali di tipo B operano nella
maggioranza dei casi nel settore dei servizi, svolgendo attività considerate
tipiche (quali manutenzione del verde, pulizia, facchinaggio).
"I risultati della ricerca - sono le conclusioni
di Valentina Bendini - evidenziano la capacità di tenuta delle cooperative
sociali derivante non tanto dal rafforzamento delle relazioni pregresse quanto,
invece, dalla capacità di aprirsi e di sviluppare nuovi tipi di relazioni con
soggetti non necessariamente pubblici, quali famiglie e imprese, è in grado di
incentivare la realizzazione di nuove attività".
La dimensione economica e patrimoniale delle
cooperative sociali umbre è stata analizzata da Diletta Tancini. Il settore, in
particolare, si caratterizza per l´elevato grado di concentrazione, con l´80%
circa del valore e dei costi della produzione attribuibile a poco più di un
quinto delle cooperative, per una discreta dinamicità, in termini di risultati
economici e investimenti, e per livelli di produttività e redditività più
elevati rispetto alla media nazionale. La remunerazione del fattore lavoro si
conferma la voce di costo più importante, assorbendo complessivamente il 70% circa
del fatturato, mentre si evidenziano in maniera preoccupante difficoltà
finanziarie connesse all´allungamento dei tempi di riscossione dei crediti.
Quanto ai consorzi di cooperative, escono dalla ricerca confermandosi nella
loro natura di grandi soggetti, che non sono rimasti esclusi dagli effetti
della crisi economico-finanziaria.
Al "fattore umano", risorsa cruciale delle
organizzazioni che si occupano di attività sociali, è dedicata l´analisi di
Fulvio Pellegrini.
Dai risultati del questionario "si evidenzia -
afferma - la persistenza, se non addirittura lo sviluppo, di un nuova area di
dipendenza (lavoratori non contrattualizzati) centrata su differenti forme di
volontariato e di coinvolgimento di natura formativa (work based experiences)
che sembrano consentire, in maniera flessibile, il mantenimento dei volumi di
attività nel tempo, anche a fronte di una riduzione dei finanziamenti, anche se introducono fattori di ambiguità
della contrattualizzazione e rischi di
precarizzazione". Pellegrini fa il punto anche sulle trasformazioni del
welfare e del rapporto tra attore pubblico e cooperazione sociale, mettendo in
evidenza un quadro molto dinamico in cui le nuove esigenze di protezione,
prevenzione, assistenza generano una domanda da parte dei cittadini che
richiede un radicale ripensamento delle risposte, con un sistema di servizi
diversamente articolato all´interno di un nuovo modello di regolazione.
Un ulteriore aspetto, decisivo per le prospettive
degli operatori del Terzo settore e per determinare la loro capacità di far
fronte al cambiamento di scenario riguarda le possibili strategie
riorganizzative delle cooperative sociali, che passano
"inevitabilmente" per l´innovazione dei servizi e dei processi e per
l´aumento dello spessore e della qualità delle relazioni, sia tra di esse sia
con altri soggetti pubblici e privati. Segue le tracce di tali percorsi
innovativi nei risultati dell´indagine il successivo saggio di Antonio
Picciotti, al quale si deve anche il coordinamento scientifico della ricerca.
Nel capitolo che conclude il Rapporto, vengono
schematizzate le più rilevanti traiettorie di sviluppo e i percorsi evolutivi
avviati in risposta alle sfide emergenti, per tratteggiare infine alcune
proposte indirizzate al decisore pubblico di possibili linee di intervento
adottabili all´interno di nuove politiche a sostegno dell´innovazione del
sistema della cooperazione sociale regionale.
Il Rapporto è stato elaborato da un gruppo di lavoro
composto da Mauro Casavecchia (coordinatore generale), Antonio Picciotti
(coordinatore scientifico), gli esperti Fulvio Pellegrini e Paolo Venturi; le
ricercatrici Valentina Bendini, Eleonora D´urzo, Meri Ripalvella e Diletta
Tancini.
|
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|