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Notiziario Marketpress di
Giovedì 10 Ottobre 2013 |
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DIABETE: IN ITALIA BUON USO DEI FARMACI, MA SI PUO´ FARE DI PIU’
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Milano, 10 ottobre 2013 - “Sostanzialmente positivo il
giudizio che emerge dall’edizione 2012 del Rapporto Aifa sull’uso dei farmaci
in Italia (Rapporto Osmed) sull’operato
della rete diabetologica nazionale”, ad affermarlo è Antonio Ceriello,
Presidente di Associazione medici diabetologi (Amd), la società scientifica cui
fanno capo gli oltre 600 centri di diabetologia italiani operanti nell’ambito
del Servizio sanitario nazionale. “Per la prima volta – ricorda Ceriello – l’Agenzia Italiana del
Farmaco nella realizzazione del Rapporto Osmed si è avvalsa, per analizzare i
comportamenti prescrittivi dei farmaci nelle persone con diabete, del database
Annali Amd, probabilmente la raccolta dati più completa al mondo sulla malattia
diabetica, che esamina, ad oggi, le modalità di assistenza, l’impiego dei
farmaci antidiabete, antipertensivi e ipolipemizzanti, oltre ai risultati
clinici in oltre 500.000 persone con diabete – 1 su 6 in Italia – nella metà,
oltre 300, dei centri di diabetologia sul territorio nazionale. Questa
collaborazione con l’Autorità regolatoria nazionale, da un lato, è un
importante riconoscimento per il lavoro che in questi 10 anni Amd ha compiuto
per mettere in atto un sistema di analisi e miglioramento della qualità
dell’assistenza diabetologica in Italia, dall’altro, permette alle Istituzioni
di ottenere informazioni approfondite sul carico assistenziale delle due forme
di diabete e sull’appropriatezza prescrittiva degli specialisti”, conclude.
I dati del rapporto Osmed 2012 dell’Aifa relativi al diabete evidenziano
un’intensificazione dei trattamenti e anche un moderato incremento
dell’appropriatezza prescrittiva, pur con margini di miglioramento.
Nel diabete tipo 1, nell’arco temporale 2004-2011, si
è avuta una radicale modifica nel trattamento insulinico, con il progressivo
abbandono delle insuline con durata d’azione intermedia e premiscelate, e
l’adozione dei regimi cosiddetti “basal-bolus”, che mimano meglio la risposta
fisiologica dell’insulina endogena. Anche l’utilizzo della tecnologia
dell’infusione continua sottocutanea, attraverso microinfusori, è raddoppiata
nel periodo di osservazione: oggi è utilizzata dal 16,5% delle persone con diabete tipo 1, con
una maggiore frequenza di utilizzo nella donna e indipendentemente dalla durata
della malattia e dalla fascia di età. “I cambiamenti terapeutici si sono
tradotti in un miglioramento del controllo metabolico, con un lieve aumento,
dal 20,6 al 23,2%, delle persone con diabete tipo 1 con emoglobina glicosilata
(Hba1c) sotto il 7%, ma soprattutto con la parallela riduzione della
proporzione di quelle con valori di Hba1c francamente elevati (oltre 8%): da
51,6 a 44,2%, meno 7,4 punti in valore assoluto. Esistono, come è lecito
attendersi, differenze su base regionale sulle quali proprio grazie al progetto
Annali, Amd e la rete diabetologica nazionale stanno lavorando attivamente per
mettere in atto attività di miglioramento”, commenta Carlo Giorda, Presidente
Fondazione Amd.
Per quanto riguarda il diabete tipo 2, quasi 2 persone
con diabete su 3 sono in trattamento con ipoglicemizzanti orali o farmaci
iniettabili diversi dall’insulina (definiti nel complesso “iporali”), mentre
tra chi è in cura con insulina, il 50% è trattato con sola insulina e il 50%
con iporali associati a insulina. I farmaci di gran lunga più impiegati sono la
metformina e i secretagoghi (sulfaniluree e glinidi), rispettivamente nel 65,5%
e nel 49,6% della popolazione diabetica. In termini di schemi terapeutici,
oltre il 50% delle persone con diabete tipo 2 è curato con 1 o 2
ipoglicemizzanti orali, mentre solo una piccola quota (6,8%) con 3 o più. Il
15,6% utilizza solo insulina e un altro 15,6% insulina combinata a ipoglicemizzanti.
Non si registrano sostanziali differenze prescrittive legate al sesso, mentre
differenze marcate riguardano le fasce di età e durata di malattia. Nelle
persone più anziane e con più lunga durata di malattia sono infatti
maggiormente impiegate glinidi e insuline. La prescrizione dei nuovi farmaci
incretino-mimetici (inibitori del Dpp-iv e agonisti del Glp-1) è più bassa
nelle fasce di età più avanzate. “Negli anni dal 2004 al 2011 è nettamente
aumentato l’uso di tutte le classi di farmaci ipoglicemizzanti, a parte le
insuline intermedia e premiscelata, cadute quasi totalmente in disuso, e le
sulfaniluree. Gli incrementi più rilevanti riguardano l’utilizzo di metformina
e insulina basale. L’analisi degli schemi terapeutici mostra un aumento della
quota di persone in trattamento, un aumento della tripla terapia orale e
dell’insulina, oltre ovviamente all’introduzione degli agonisti del Glp-1 a
partire dal 2008. In altre parole, vi è stato un aumento dell’intensità di
trattamento che si è tradotto in un miglioramento del compenso metabolico, con
un aumento dei soggetti a target di Hba1c (da 39% a 43,8%) e una parallela
riduzione dei soggetti con valori francamente elevati (da 34,9% a 27,2%).
Inoltre, è migliorata anche in maniera importante l’appropriatezza dei
trattamenti; lo mostrano 3 indicatori chiave: -1,9% le persone in cura con sola dieta nonostante valori di Hba1c
>7.0%; -14,1% quello dei non trattati
con insulina nonostante valori di Hba1c >9.0%; -9%, infine, la quota di
persone in cura con insulina che mostrano valori di Hba1c >9.0%. Tuttavia,
nonostante il miglioramento delle attitudini prescrittive e dei risultati
dell’assistenza, esistono ancora importanti margini di miglioramento. Ad oggi
la quota di soggetti con valori di Hba1c superiori a 9% supera il 10%; nella
donna sussistono percentuali più elevate nelle fasce di Hba1c più
insoddisfacenti, come accade anche al di sotto dei 55 anni, nei soggetti con
più lunga durata di malattia e in quelli trattati con insulina. E anche nel
diabete tipo 2 esistono differenze tra regione e regione, indice probabilmente
della disuniformità di risorse che possono condizionare gli atteggiamenti del
medico e della necessità di implementare politiche sanitarie più omogenee sul
territorio nazionale”, conclude Giorda.
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