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Notiziario Marketpress di Mercoledì 14 Marzo 2007
 
   
  SLOW FOOD A COMMENTO DEL RAPPORTO FAO SULLA PESCA

 
   
  «Urgente una presa di coscienza da parte dei consumatori, i comportamenti d´acquisto affianchino e diano forza alle politiche di gestione sostenibili» Ieri è stato pubblicato il rapporto biennale Fao sullo Stato della pesca e dell’acquacultura nel mondo. Il rapporto non lascia dubbi sullo stato degli ecosistemi acquatici: il 25% degli stock ittici monitorati risulta sovrasfruttato o depauperato. Si evidenzia una situazione critica per squali, tonni e alcune specie di merluzzo. «Il rapporto 2006 conferma che la situazione, pur non peggiorando in maniera evidente rispetto al 2004, rimane preoccupante» afferma Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia. «Un fatto sembra essere chiaro e incontrovertibile: i tempi della legislazione e della sua applicazione per la gestione delle acque sono troppo lenti e quindi perdono di efficacia rispetto allo sfruttamento sconsiderato delle risorse ittiche e a tutti gli altri urgenti problemi di ordine ambientale. Le leggi da sole non bastano», continua Burdese «serve una presa di coscienza che coinvolga efficacemente il consumatore, fondamentale per un’inversione di tendenza. Slow Food da tempo si impegna su questo fronte, attraverso eventi come Slow Fish (in programma alla Fiera di Genova dal 4 al 7 maggio prossimi, ndr) e le numerose attività didattiche portate avanti dall´associazione in tutta Italia. Devono cambiare i comportamenti d´acquisto, in modo che il mercato si adegui privilegiando specie poco conosciute, ma non per questo meno buone, e pesce pescato o allevato a basso impatto ambientale. Ognuno di noi deve sentirsi responsabile, in quanto consumatore, del futuro di mari e fiumi». Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish, coordinatore scientifico Icram, così commenta i risultati del rapporto Fao: «La consapevolezza della situazione degli ecosistemi acquatici non deve rimanere chiusa nell’ambito scientifico e la sostenibilità ambientale deve diventare un elemento determinante nelle decisioni politiche gestionali delle acque. Un esempio su tutti, il notevole sviluppo dell’acquacoltura, che emerge anche dal rapporto: è opinione diffusa che questa pratica possa controbilanciare e addirittura risolvere il problema dello sfruttamento delle risorse ittiche. Tale lettura è una pericolosa semplificazione. Ci sono tipi diversi di acquacoltura. L’acquacoltura sostenibile in sintesi consiste nell’allevamento di specie erbivore di pesce o di organismi filtratori. Poi ci sono gli allevamenti di specie carnivore, che utilizzano pesci selvatici sotto forma di mangimi, e in questo caso il costo ambientale è intollerabile. Teniamo presente che i tre quarti dei pesci allevati nei Paesi industrializzati sono carnivori. Proprio di queste differenze» continua Silvio Greco «deve essere informato il consumatore per poter partecipare attivamente alla tutela degli stock ittici». .  
   
 

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