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Notiziario Marketpress di
Lunedì 21 Ottobre 2013 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: ALLEVAMENTI OVINI E CAPRINI - LEGITTIMO L´OBBLIGO DI IDENTIFICAZIONE ELETTRONICA INDIVIDUALE
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L’obbligo di
identificazione elettronica individuale per gli ovini e i caprini è valido.
Quando ha adottato
tale misura, volta a una migliore prevenzione delle epizoozie, il legislatore europeo
non ha violato la libertà d’impresa degli allevatori né infranto il principio
della parità di trattamento
Fino all’importante
epidemia di afta epizootica del 2001, gli allevatori di ovini e di caprini
dovevano marchiare i loro animali solo attraverso un marchio auricolare o un
tatuaggio, atti a consentire l’individuazione dell’azienda di provenienza. Dovevano
inoltre tenere un registro indicante il numero totale di ovini e caprini
presenti ciascun anno nell’azienda. Orbene,
durante tale epizoozia, si è dovuto procedere all’abbattimento sistematico di
diversi milioni di animali, in ragione di ovini non identificati e dell’assenza
di tracciabilità, per poi scoprire che un grande numero di essi non era
infetto. Oltre a ciò, è stato necessario ricorrere a varie restrizioni in seno
all’Unione e a un divieto su scala mondiale di tutte le esportazioni di
bestiame, di carne e di prodotti di origine animale a partire dal Regno Unito.
Ai fini di una
miglior prevenzione di epidemie di questo tipo e di un migliore funzionamento
degli scambi di ovini e di caprini fra gli Stati membri, il legislatore
dell’Unione ha introdotto un nuovo sistema per
cui ciascun animale deve essere identificato individualmente attraverso due strumenti:
un marchio auricolare tradizionale e un dispositivo elettronico. Quest’ultimo
può avere la forma di un marchio auricolare elettronico, di un bolo ruminale,
di un transponder iniettabile o di un marchio elettronico sul pastorale.
L’identità di ciascun animale deve inoltre essere iscritta in un registro
d’azienda. Inoltre, quando gli animali lasciano l’azienda, i loro movimenti
devono essere registrati in un documento di accompagnamento. In aggiunta, ogni
Stato membro è tenuto a predisporre un registro centrale o una banca dati
informatica in cui registrare tutte le aziende situate sul proprio territorio e
ad effettuare, a scadenze regolari, un censimento degli animali detenuti in
tali aziende.
Il sig. Schaible,
un allevatore di ovini tedesco che detiene 450 pecore, ha presentato un ricorso
dinanzi al Verwaltungsgericht Stuttgart (Tribunale amministrativo di Stoccarda,
Germania), al quale ha chiesto di dichiarare che egli non è soggetto né agli
obblighi di identificazione individuale e di identificazione elettronica
individuale dei propri animali, né all’obbligo di tenere un registro d’azienda.
In tale contesto, il Tribunale amministrativo ha chiesto alla Corte di giustizia
di accertare se tali obblighi siano validi oppure se violino la libertà di
impresa e il principio della parità di trattamento.
Nell’odierna sentenza, la Corte dichiara che gli
obblighi per gli allevatori di ovini e di caprini di identificare i loro
animali individualmente ed elettronicamente, nonché di tenere un registro
d’azienda, non violano né la libertà d’impresa né il principio della parità di
trattamento.
Benché tali
obblighi possano limitare l’esercizio della libertà d’impresa, essi sono tuttavia giustificati da obiettivi
legittimi di interesse generale, segnatamente la tutela sanitaria, la lotta
contro le epizoozie e il benessere degli animali, nonché la realizzazione del
mercato interno di tali animali.
Infatti, agevolando
la tracciabilità di ciascun animale e permettendo quindi alle autorità
competenti, in caso di epizoozia, di adottare i provvedimenti necessari ad
impedire la propagazione di malattie contagiose fra gli ovini e i caprini, tali
obblighi sono adeguati e necessari al fine di conseguire i suddetti obiettivi.
Inoltre, gli
obblighi in questione non sono sproporzionati. Riguardo agli oneri economici che ad essi conseguono
per gli allevatori, la Corte richiama vari elementi che occorre considerare:
(i) i costi possono essere meno elevati rispetto ai costi di strumenti non
selettivi, quali il divieto di esportazioni o l’abbattimento preventivo di
bestiame in caso di comparsa di una malattia,
(ii) il nuovo sistema prevede diverse deroghe,
(iii) l’obbligo di identificazione elettronica è stato introdotto solo in
modo progressivo e
(iv) gli allevatori hanno la possibilità di ottenere un aiuto finanziario a
copertura parziale dei costi aggiuntivi legati all’introduzione del sistema.
Quanto al benessere degli animali, la Corte
osserva che il fatto che debbano essere applicati sugli animali due mezzi di
identificazione, anziché uno solo, e che i nuovi mezzi di identificazione
provochino statisticamente maggiori lesioni e complicazioni rispetto ai
dispositivi tradizionali, non sono tali da dimostrare che la valutazione del
legislatore dell’Unione in merito ai vantaggi dell’introduzione dell’obbligo di
identificazione elettronica degli ovini e dei caprini fosse errata. La Corte
rileva inoltre che il nuovo sistema contribuisce in modo attivo a proteggere il
benessere degli animali, in quanto facilita la lotta contro le epizoozie e
permette così di evitare di dover abbattere animali infetti.
Il nuovo sistema
rispetta anche il principio della parità
di trattamento.
Infatti, la deroga che autorizza gli Stati membri aventi un patrimonio ovino o
caprino ridotto a rendere facoltativo il sistema di
identificazione elettronica non discrimina gli allevatori stabiliti in uno
Stato membro dove tale identificazione è obbligatoria. La Corte rileva, in particolare,
che le soglie previste sono ragionevoli e proporzionate ai fini previsti dal
nuovo sistema e che detta deroga si applica soltanto agli animali non destinati
agli scambi intracomunitari.
Infine, tale
sistema non è neppure tale da discriminare gli allevatori di ovini e di caprini
rispetto agli allevatori di bovini e di
suini, i quali non sono soggetti ai
medesimi obblighi. Infatti, nonostante talune similitudini, sussistono, fra
questi diversi tipi di mammiferi, differenze tali da giustificare un quadro
normativo specifico per ciascuna specie. In considerazione del contesto della
crisi dell’afta epizootica del 2001, il legislatore dell’Unione poteva
legittimamente introdurre una normativa specifica che prevedeva
l’identificazione elettronica degli ovini e dei caprini, particolarmente
interessati da tale crisi. Tuttavia, la Corte rileva che, benché il legislatore
potesse legittimamente basarsi su un approccio progressivo per l’introduzione
dell’identificazione elettronica, esso è tenuto, in considerazione degli
obiettivi del regolamento censurato, a valutare la necessità di procedere al
riesame delle misure istituite, in particolare per quanto riguarda il carattere
facoltativo oppure obbligatorio dell’identificazione elettronica.
(Corte di giustizia dell’Unione europea
, Lussemburgo, 17 ottobre
2013, sentenza nella causa C-101/12, Herbert
Schaible/land Baden-wurttemberg)
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