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Notiziario Marketpress di
Lunedì 21 Ottobre 2013 |
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GIUSTIZIA EUROPEA: PASSAPORTO BIOMETRICO - LECITO IMPORRE INSERIMENTO IMPRONTE DIGITALI
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Il rilevamento e la
conservazione nel passaporto delle impronte digitali lede i diritti al rispetto
della vita privata e alla tutela dei dati personali, ma tali misure sono
giustificate dal fine di impedire qualsiasi uso fraudolento dei passaporti
Il regolamento n.
2252/2004[prevede che i passaporti presentino
un supporto di memorizzazione altamente protetto che contiene, accanto
all’immagine del volto, due impronte digitali. Queste possono essere utilizzate
al solo scopo di verificare l’autenticità del passaporto e l’identità del suo
titolare.
Il sig. Schwarz ha
chiesto all’amministrazione della città di Bochum (Germania) il rilascio di un
passaporto, rifiutandosi però di farsi rilevare le impronte digitali. Poiché l’autorità
ha respinto la sua richiesta, il sig. Schwarz ha proposto ricorso dinanzi al
Verwaltungsgericht Gelsenkirchen (tribunale amministrativo di Gelsenkirchen,
Germania), affinché ingiungesse all’amministrazione di rilasciargli il
passaporto senza prelevargli le impronte digitali.
In tale contesto,
il tribunale amministrativo chiede alla Corte se il regolamento,
obbligando chi richiede il passaporto a far rilevare le proprie impronte
digitali e prevedendo la conservazione di queste nel passaporto, sia valido, in
particolare, alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea.
Con la sentenza
odierna la Corte di giustizia risponde
in senso affermativo a tale domanda.
Sebbene il
rilevamento delle impronte digitali e la loro conservazione nel passaporto
costituiscano un pregiudizio ai diritti al rispetto della vita privata e alla
tutela dei dati personali, tali misure sono in ogni caso giustificate dallo
scopo di preservare i passaporti dagli usi fraudolenti.
La Corte osserva al
riguardo che le misure contestate perseguono, in particolare, l’obiettivo
d’interesse generale di impedire l’ingresso illegale di persone nell’Unione
europea. A tal fine, esse mirano a prevenire la falsificazione dei passaporti e
a impedirne l’uso fraudolento.
Innanzitutto, non
si evince dagli elementi messi a disposizione della Corte, né è stato
sostenuto, che tali misure non rispettino il contenuto essenziale dei diritti
fondamentali di cui trattasi.
Inoltre, le misure
contestate sono idonee a conseguire lo scopo di preservare i passaporti da un uso fraudolento, riducendo
notevolmente il rischio che a persone non autorizzate sia erroneamente
consentito entrare nel territorio dell’Unione europea.
Infine, le misure
contestate non eccedono quanto necessario al conseguimento del suddetto scopo.
Infatti, per quanto
attiene al rilevamento delle impronte
digitali, non è stata riferita alla Corte l’esistenza di misure
sufficientemente efficaci che siano meno pregiudizievoli. La Corte rileva in
particolare che il grado di maturità tecnologica del metodo basato sul
riconoscimento dell’iride non è pari a quello del metodo basato sulle impronte
digitali e che, dati i costi al momento molto più elevati, tale metodo è meno
adatto a un impiego generalizzato.
Quanto al trattamento delle impronte digitali, la
Corte rileva che queste svolgono un ruolo specifico nel settore
dell´identificazione delle persone in generale. Infatti, il confronto delle
impronte digitali rilevate in un luogo con quelle memorizzate in una banca dati
consente di dimostrare la presenza in tale luogo di una determinata persona,
che ciò avvenga nell’ambito di un´indagine penale oppure allo scopo di
sorvegliare indirettamente tale persona.
La Corte tuttavia
osserva che il regolamento
precisa espressamente che le impronte digitali possono essere utilizzate
soltanto allo scopo di verificare l´autenticità del passaporto e l’identità del
suo titolare. Per di più, il regolamento
prevede che le impronte digitali siano conservate solamente all’interno del
passaporto, il quale permane di esclusivo possesso del suo titolare. Non
prevedendo nessun’altra forma né strumento per conservare tali impronte, il regolamento non può essere
interpretato come idoneo a fornire, in quanto tale, un fondamento giuridico ad
una eventuale centralizzazione dei dati raccolti in base ad esso oppure
all´impiego di questi ultimi a fini diversi da quello di impedire l´ingresso
illegale di persone nel territorio dell´Unione.
La
Corte di giustizia rileva infine che il regolamento
è stato adottato su un adeguato fondamento giuridico e che la procedura che ha
portato all’adozione del testo applicabile nel caso di specie non è viziata, dato
che il Parlamento vi ha pienamente partecipato come colegislatore.
(Corte di giustizia dell’Unione europea,
Lussemburgo,17 ottobre 2013, sentenza nella causa C-291/12, Michael Schwarz / Stadt
Bochum)
[1] Regolamento (Ce) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004,
relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi
biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati
membri (Gu L 385, pag. 1), come modificato dal regolamento (Ce) n. 444/2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009 (Gu L 142, pag. 1, e
rettifica Gu L 188, pag. 127).
[2] E i documenti di viaggio.
[3] E ciò in ogni caso all’epoca dell’adozione del regolamento n. 444/2009 che ha sostituito il testo della
disposizione contestata del regolamento n. 2252/2004 e che si applica al
caso di specie.
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