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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Novembre 2013
 
   
  MISURARE IL BENESSERE DELLA SOCIETÀ? IL PIL NON BASTA CALCOLARE AL MEGLIO IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER NON RESTAR FUORI DALLE POLITICHE EUROPEE, UTILIZZARE I NUMERI PER COMBATTERE GLI SPRECHI IN SANITÀ.

 
   
   Milano, 4 novembre 2013 - Qual è lo stato di salute de mercato del lavoro? Qual è il termometro per misurare con efficacia il benessere della società? Cosa ci dicono le statistiche in merito agli sprechi della sanità? Ne hanno discusso il 30 ottobre alcuni tra i maggiori esperti di statistica nel corso del convegno Statistica e società, strumenti per l´analisi dei fenomeni sociali (Programma e relatori) organizzato dal Dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-bicocca in collaborazione con Istat. «Se si confrontano i due indicatori che più comunemente si usano per valutare lo stato di salute (o di malattia) dei mercati del lavoro dei paesi europei – ha spiegato Emilio Reyneri, sociologo del lavoro dell’Università di Milano-bicocca -, risulta evidente un paradosso per quanto riguarda l’Italia. Infatti, il tasso di disoccupazione del nostro Paese sino al 2011 era inferiore di circa un punto percentuale alla media dell’Unione Europea. Per contro, il tasso di occupazione da molti anni compete con Spagna, Grecia e Ungheria per essere il più basso dell’Unione Europea». Ma perché questo dato è apparentemente dissonante? «Questo paradosso si spiega con la definizione di disoccupazione adottata da Eurostat, che limita il perimetro dei disoccupati a coloro che dichiarano di aver fatto un’azione di ricerca di lavoro nel corso dell’ultimo mese. Risultano cosi esclusi coloro che vorrebbero lavorare, ma non hanno fatto una recente azione di ricerca. In Italia i senza lavoro che percepiscono un’indennità sono relativamente pochi e anche costoro non debbono recarsi ogni mese presso un Centro per l’impiego per percepire l’indennità, risultando così inattivi se non fanno altre (e più costose) azioni di ricerca. Per contro, la grande maggioranza dei senza lavoro in Spagna percepisce un’indennità e per riceverla deve recarsi ogni mese presso un centro per l’impiego, risultando così automaticamente in cerca attiva di lavoro». Nel corso del convegno gli esperti si sono anche chiesti se il Pil possa bastare per calcolare il benessere di una società. «Le prospettive e i progressi di una società vanno valutati considerando i bisogni dei cittadini - ha detto Linda Laura Sabbadini dell’Istat -, la loro qualità della vita, il grado di equità e sostenibilità che regole e funzionamento del sistema originano. Non può essere sufficiente il Pil per valutare lo stato di benessere di una società. Noi, insieme ai cittadini, abbiamo costruito un set di indicatori da affiancare al Pil per poter dare alla politica delle linee guida». Sono stati così stabiliti dodici domini che rappresentano le dimensioni da misurare – salute, istruzione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi – e 134 indicatori, con una media di poco più di dieci indicatori per dominio Qual è la fotografia di questa indagine? «Il cittadino non ha fiducia negli altri e nelle istituzioni – ha evidenziato Linda Laura Sabbadini -. Solo il 20 per cento si fida degli altri, un valore molto basso rispetto al 60 per cento dichiarato dai Paesi nordici; quanto alle istituzioni, sono molto bassi i voti dati dai cittadini ai partiti e al Parlamento, rispettivamente 2,3 e 3,6, ma anche il voto a governi locali e magistratura rimane sotto la sufficienza (4 e 4,5). Un’eccezione sono i Vigili del fuoco, che prendono più di 8». Il convegno è servito anche a sottolineare il ruolo centrale che la statistica ha per programmare le scelte legate alla politica sanitaria. «Leggendo i dati statistici relativi alle malattie croniche – ha spiegato Giovanni Corrao docente di statistica medica dell’Università di Milano-bicocca – emerge che molti pazienti iniziano una terapia che poi non portano avanti. Questo apparentemente potrebbe sembrare un risparmio per il Sistema sanitario nazionale, ma analizzando i dati emerge che non è così. I pazienti che iniziano e poi interrompono una terapia per patologie cardiovascolari, ad esempio, sono quelli poi maggiormente soggetti a ictus e infarti. E una persona colpita da ictus costa al sistema sanitario nazionale molto di più di quanto costerebbe una singola terapia». Buoni segnali in questo senso arrivano dalla Lombardia: «Negli ultimi dieci anni c’è stata una maggiore attenzione all’aderenza della terapia, e questo ha comportato un maggior numero di ricette mediche ma un minor costo per la sanità pubblica». Con dati, statistiche, numeri, potranno misurarsi anche gli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale del Dipartimento di Sociologia che stamattina hanno partecipato numerosi all’iniziativa. Infatti, come ha annunciato Carla Facchini, direttore del dipartimento, a breve sarà lanciato un concorso per il miglior poster che, utilizzando dati di vario tipo, rappresenti sinteticamente una particolare tematica. Il concorso è curato dalle docenti Patrizia Farina, Emanuela Sala e Sonia Stefanizzi, info sul sito www.Sociologia.unimib.it    
   
 

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