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Notiziario Marketpress di Martedì 12 Novembre 2013
 
   
  3D FORUM: LEZIONE SU BIG DATA

 
   
   Udine, 12 novembre 2013 - Raccogliere, analizzare, archiviare, riutilizzare una mole di dati sempre più ingente, sempre più velocemente. Opportunità che sta presentando – e potrà farlo sempre di più in futuro – enormi potenzialità e occasioni di crescita economica, ma che ha anche un lato oscuro, dipendente però esclusivamente dall’“abuso” che gli uomini ne fanno, con tutti i rischi che derivano non tanto dalle minacce alla privacy quanto dalla capacità di predire i comportamenti umani fino ad annichilire la libera volontà delle persone. Udine 3D Forum, l’innovativa due-giorni organizzata da Confartigianato Udine all’interno del Future Forum 2013, ha ospitato una preziosa lezione su Big data, da parte di uno dei massimi esperti mondiali della materia, ossia Viktor Mayer-shönberger, docente di Internet governance and regulation all’Internet Institute dell’Università di Oxford e consulente del World Economic Forum e di numerose istituzioni e aziende, tra cui Microsoft. La nostra è una società che si sta «datificando», ha detto Shönberger: le imprese e le grandi realtà economiche sono oggi in grado di gestire enormi quantità di dati grazie alla digitalizzazione e questa mole si descrive secondo tre concetti: “More”, “Messy” e Correlation”. More. Significa che oggi, se vogliamo studiare un fenomeno, possiamo raccogliere e analizzare un quantitativo maggiore, più corposo di dati. Shönberger ha portato un esempio lampante. «Quando facciamo una foto, dobbiamo decidere prima di scattare quali dettagli mettere a fuoco, sapendo già che il resto risulterà sfuocato. È una scelta che dobbiamo compiere prima ed è immodificabile una volta che abbiamo scattato. Se usiamo invece una “Lightfield camera” (una fotocamera “plenottica”), invece, essa è in grado di registrare tutte le informazioni del campo visivo. Prima scattiamo, raccogliendo così tutti i dati dell’immagine inquadrata. E dopo, successivamente, possiamo scegliere quali particolari mettere a fuoco. Big data dà l’opportunità della fotocamera plenottica: la possibilità di raccogliere subito tutte le informazioni e poi decidere su quali concentrarsi e quali tenere in considerazione». Messy. La seconda qualità è la “confusione”, perché evidentemente raccogliendo un’enorme mole di dati ci si può trovare in mezzo anche informazioni non pertinenti o scorrette. Ma la forza del Big Data sta proprio nella quantità. Sulle piccole quantità, bastano poche informazioni sbagliate per falsare il risultato, mentre sul big data sono praticamente ininfluenti. Correlations: Il cervello umano è portato a ragionare in termini di causalità. E la ricerca di un nesso di causalità ci condiziona, perché «è confortante, rassicurante», ma spesso ci porta ad avere una visione distorta della realtà. I big data non ci aiutano a trovare connessioni causali, ma trovano correlazioni con metodo statistico, ci aiutano a identificare la realtà così com’è. Ciò che conta sono le correlazioni, dunque, non la causalità: non ci interessa sapere il perché si fanno certe scelte, ma ci interessa capire che scelte si fanno e come si correlano ad altre analoghe. Più dati raccogliamo più emergono correlazioni . L’analisi di big data evidenzia che è molto probabile che un fenomeno si verifichi, non perché si verifica, ma ciò è sufficiente per risolvere un problema specifico, con implicazioni in moltissimi campi, anche in quello della salute e della medicina. I Big Data, ha detto Shönberger, causano poi uno spostamento del valore economico. Il valore è dato oggi dalla possibilità di riutilizzo multiplo dei dati. Tra i vari esempi portati dallo studioso quello di Rolls-royce, che produce motori di jet. Si tratta ovviamente di motori dotati di innumerevoli sensori per monitorare il “comportamento” del motore a seconda delle condizioni cui è sottoposto. Rolls Royce in un singolo volo è in grado di registrare 5 gigabyte di dati. Una volta che il jet atterra, la società analizza la mole di dati fino ad arrivare alla “manutenzione predittiva”, ossia a capire che un pezzo si guasterà prima che ciò si verifichi davvero. Rolls Royce dunque non guadagna più tanto nella vendita dei motori, quando dai contratti delle manutenzioni: i big data hanno fatto spostare il valore dell’attività su un altro binario. Il riuso dei dati cambia dunque il lavoro, l’azione aziendale. Per diventare una big data company, ci vogliono molti soldi? Shönberger ha spiegato con esempi pratici che non è così: non serve costruire una grande “server farm”, perché esistono i cloud server, dunque non c’è grande investimento iniziale. Ma quello che serve è avere accesso ai dati, o raccogliendoli direttamente oppure prendendo quelli che sono disponibili gratuitamente o ancora ottenendoli da chi non sa come utilizzarli. Il fulcro però è questo: bisogna avere ben chiaro che i Big Data si possono utilizzare e possono risolvere problemi e creare sviluppo, economico e sociale. Dark Sides. Ci sono però i lati oscuri. Se il pericolo per la privacy non spaventa tanto Shönberger, pur ricordando l’orwelliano “1984”, «ciò che mi impaurisce – ha detto – è invece che l’abuso e la manipolazione di Big data potrebbe portare a farci punire un uomo non più per ciò che ha fatto ma per ciò che i dati prevedono farà nel futuro. Certo, sarebbe bello sapere in anticipo, per esempio, se una persona sarà assassinata e quindi evitarlo, salvare una vita, ma puniremo qualcuno senza prova e dunque nessuno potrà più provare la sua innocenza, con molte analogie con il film “Minority report”». Shönberger ha evidenziato però che «il problema non è il big data. Il problema è come noi usiamo - o abusiamo – dell’analisi di big data. Perché il big data ci dice solo che cosa è possibile accada, non ci dà causalità bensì correlazione. È che noi umani vogliamo vedere la causalità anche dove e quando non dovremmo. Dunque siamo noi che tendiamo a creare gli abusi». Dobbiamo perciò fare moltissima attenzione, perché «mettendo in pericolo il “libero arbitrio” eliminiamo la responsabilità umana: se io sono punito perché si pensa che commetterò un crimine, allora perché non commetterlo davvero?». Un pericolo effettivo che ci deve spingere a proteggere la nostra libertà. Per Shönberger dobbiamo farci difendere da professionisti, dalle nuove professionalità che i big data stanno creando per il futuro. E dobbiamo operare affinché i big data non siano in mano a un’oligarchia di “baroni” che ci possa portarci alla «dittatura dei dati». I Big data ci aiutano a capire meglio il mondo e a risolvere problemi, ma ci portano anche nuovi problemi e sfide. «Dobbiamo perciò – ha concluso Shönberger – salvare uno spazio sicuro per la nostra creatività, l’immaginazione, l’irrazionalità, dobbiamo anche saperci ribellare a quanto dicono i dati, perché sono solo un’ombra della realtà, sono incompleti. E dobbiamo farlo con umiltà e umanità».  
   
 

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