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Notiziario Marketpress di Giovedì 12 Dicembre 2013
 
   
  APPRENDISTATO IN UMBRIA, PRESENTATO SECONDO RAPPORTO “AUR” SU ESPERIENZE, CRITICITÀ E PROSPETTIVE

 
   
  Perugia, 12 dicembre 2013 - In Umbria, nel 2012, le pratiche di assunzione effettuate in apprendistato sono state 5491; costituiscono appena il 3,8 per cento del totale degli ingressi nel mondo del lavoro, toccando i minimi storici (erano il 10,4 per cento nel 2000); il canale contrattuale maggiormente utilizzato è il tempo determinato che raccoglie il 53 per cento delle assunzioni, mentre i nuovi contratti a tempo indeterminato rappresentano il 9,6 per cento. È uno dei risultati del rapporto realizzato, per conto della Regione Umbria, dall´Agenzia Umbria Ricerche, nell´ambito dell´Azione di sistema a supporto e accompagnamento del funzionamento della legge regionale sull´apprendistato (l.R. N.18/2007). Il rapporto è stato illustrato oggi, nel corso di un incontro a Palazzo Donini. Coordinato dal presidente dell´Agenzia Umbria Ricerche, Claudio Carnieri, e introdotto dal direttore di "Aur" Anna Ascani, all´iniziativa è intervenuto il coordinatore dell´area Imprese e Lavoro della Regione Umbria, Luigi Rossetti. Nel corso dell´incontro sono state presentate anche le esperienze di utilizzo dell´apprendistato in alcune aziende umbre. Riprendendo e aggiornando il precedente rapporto del 2010, dopo le importanti revisioni intervenute con il Testo unico dell´apprendistato (nel 2011) e la riforma del mercato del lavoro (nel 2012), la nuova ricerca si apre delineando un quadro d´insieme, a partire dalla debolezza competitiva dell´apprendistato rispetto alle altre varianti contrattuali, le difficoltà applicative del nuovo regime che ha condotto a un´articolazione in tre tipologie (per la qualifica e per il diploma professionale; professionalizzante o contratto di mestiere; di alta formazione e ricerca), in un contesto generale di crisi economica accompagnata da un calo occupazionale. Una crisi "serissima - si rileva nel rapporto - in cui la reazione delle imprese, specialmente delle più piccole, è stata nei primi mesi del 2013 prevalentemente quella di non procedere a nuove assunzioni". L´obiettivo di potenziare l´apprendistato per farlo diventare il canale privilegiato di ingresso dei giovani nel lavoro "è ancora lungi dall´essere realizzato, probabilmente non solo a causa della perdurante crisi economica". Tra le criticità, "il blocco del meccanismo della fluidità nel passaggio dalla scuola al lavoro - ha rilevato Mauro Casavecchia, responsabile dell´Area Innovazione e sviluppo locale di Aur" - Lo snodo tra istruzione e occupazione rappresenta uno dei punti deboli del modello di sviluppo italiano. Quanto all´Umbria, un giovane su tre ha un contratto non stabile e solo uno su cinque ha un lavoro ad alta qualificazione, cui si collega un sottoutilizzo delle competenze nel sistema produttivo regionale". Analizzando le dimensioni dell´apprendistato in Umbria, è l´apprendistato professionalizzante o di mestiere la tipologia privilegiata, con oltre il 90% dei contratti stipulati nel 2012. Sostanzialmente, è un canale di accesso dei "meno giovani": la prevalenza per età è nella classe che va dai 20 ai 24 anni che raccoglie la metà dei lavoratori; l´altro 50 per cento è ripartito tra le due classi estreme dell´età consentita, con i giovanissimi (con meno di 20 anni) che rappresentano però solamente il 14,7 per cento, mentre quelli tra 25 e 29 anni sono il 35 per cento. Nelle classi più giovani prevalgono i maschi, in quelle più elevate le apprendiste che presentano, inoltre, livelli di istruzione più alti. L´apprendistato risulta un canale rivolto sia ai mestieri sia alle attività professionalizzanti. Dalla distribuzione delle qualifiche di assunzione, sempre nel 2012, emerge una concentrazione di apprendisti tra le professioni qualificate relative alle attività commerciali e dei servizi (44 per cento). Seguono artigiani, operai e agricoltori, che riguardano quasi un quarto degli ingressi, e gli impiegati con una percentuale del 14 per cento. Residuali sono le professioni non qualificate o, all´opposto, le professioni intellettuali o scientifiche, in coerenza con la distribuzione dei livelli di istruzione. Quanto ai settori di appartenenza, al 2012 quasi la metà dei nuovi ingressi è concentrata nel trasporto e magazzinaggio (24,3 per cento) e nelle costruzioni (20,4 per cento); seguono le forniture di acque, reti fognarie e attività di gestione rifiuti e risanamento (12,5 per cento). Una certa concentrazione si ha anche nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (5,5 per cento), nella metallurgia (5,8%) e nelle industrie alimentari (4,1 per cento). I contratti attivati nel 2012 hanno previsto all´atto dell´assunzione una durata sostanzialmente o inferiore all´anno (quasi un quarto) o superiore ai due anni (complessivamente oltre due terzi). Risultano in calo le conversioni dal contratto di apprendistato a quello a tempo indeterminato, che nel 2012 sono state circa duemila. Il rapporto esplora attraverso alcune interviste anche il punto di vista delle agenzie formative, che confermano difficoltà nell´organizzare e gestire la formazione, e di un gruppo di lavoratori destinatari della formazione in apprendistato allo scopo di riflettere su opinioni e giudizi che hanno voluto evidenziare. I corsisti (169 quelli che hanno risposto) esprimono un giudizio sostanzialmente positivo sulla formazione ricevuta e sulla competenza dei docenti; gli argomenti ritenuti più interessanti sono quelli legati alla sicurezza e alla pratica professionale. L´82 per cento degli intervistati nel momento in cui è stato contattato era ancora occupato: il 47 per cento a tempo indeterminato e il 37 per cento ancora in apprendistato. Dati che sembrano essere "incoraggianti" riguardo alle prospettive che questa tipologia di contratto può dare oggi a un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro. Il 5 per cento degli intervistati ha aperto una propria attività o una partita Iva. Si rileva anche una certa continuità tra l´apprendista e l´azienda in cui ha iniziato l´apprendistato: il 62 per cento degli intervistati vi continua a lavorare. Viene poi analizzato il modello francese, dando conto delle informazioni raccolte in un viaggio di studio nella regione dell´Auvergne. Se ne ricava l´impressione di un sistema avanzato e ben rodato di alternanza scuola-lavoro e di formazione, con alcuni elementi di particolare interesse quali i Centri di formazione per apprendisti. Nel trarre le conclusioni e indicare nuove piste di ricerca, il rapporto mette in luce come il contratto di apprendistato sia "non competitivo, difficile da gestire, soggetto a continui adattamenti normativi che non riescono a definirne una natura specifica: non più un contratto a causa mista per quanto riguarda il professionalizzante che, dopo la riforma del 2011, vede ridursi a un terzo l´impegno formativo; non ancora un contratto di inserimento per i giovani perché non adeguatamente flessibile; non ancora un contratto per i più giovani, a partire dal quindicesimo anno di età, perché rimesso tutto all´iniziativa delle Regioni che incontrano numerose difficoltà a realizzarlo". Per contribuire a promuovere la formazione in apprendistato, si evidenzia tra l´altro il canale della mobilità territoriale per l´acquisizione di nuove competenze sia linguistiche che tecnico-professionali dal confronto con esperienze di lavoro all´estero. Il rapporto è stato realizzato da un gruppo di lavoro coordinato da Mauro Casavecchia e composto dall´esperto Franco Fogliano e dai ricercatori Enza Galluzzo, Daniele Adanti e Nadia Giuliano.  
   
 

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