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Notiziario Marketpress di Lunedì 19 Marzo 2007
 
   
  CONVEGNO PROSTATA 2007 LE ATTUALI TERAPIE DEL TUMORE PROSTATICO NUOVI FARMACI E TRATTAMENTI , PREVENZIONE ,ANTICORPI MONOCLONALI, VACCINI

 
   
  Torino, 19 marzo 2007 - Dal Progetto Prostata Torino lo stato dell’arte nel 2007 per la cura delle forme localizzate e delle forme avanzate del tumore alla prostata (adenocarcinoma) che esordisce in modo subdolo senza sintomi finché non raggiunge uno stadio avanzato e colpisce in Italia il 30% degli uomini over 50 con 21 mila nuovi casi l’anno ponendosi primo in classifica per diagnosi e incidenza . “Si tratta “ dice il professor Alessandro Tizzani, Direttore Clinica Urologica I Università di Torino, Responsabile Progetto Prostata Torino, Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista, Torino, di un problema primario di salute pubblica in preoccupante aumento nel mondo ne sono affetti oltre 500 mila uomini e recenti stime indicano che entro 2015 il tumore alla prostata sarà la neoplasia più frequente nella popolazione maschile”. Le cause della malattia restano ancora misconosciute anche se esiste una certa predisposizione genetica ereditaria per cui il tumore alla prostata può manifestarsi in più persone della stessa famiglia. Fondamentale quindi scoprirlo prima di una sintomatologia già indice di malattia, giocando d´anticipo. Prima si interviene e più aumentano le possibilità di guarigione”. A Torino il 16 marzo si parlerà di terapia: dalle terapie chirurgiche tradizionali alla innovativa chirurgia laparoscopica robot assistita. I principali esperti che operano all’interno del primo “Prostate Cancer Center” Italiano esporranno inoltre le più innovative possibilità terapeutiche radioterapiche, sia radioterapia esterna che interstiziale (la Brachiterapia), chemioterapiche, immunoterapiche e con anticorpi monoclonali. Si parlerà anche di nuovi farmaci “Nelle forme ormai avanzate e con metastasi, spiega Tizzani ,” l’unica terapia è quella farmacologica con specifici farmaci gli Lhrh analoghi che bloccano la secrezione del testosterone - l’ormone che stimola la crescita della neoplasia (un tempo l’unica possibilità era la castrazione chirurgica- orchiectomia- ) Questi farmaci riducendo i livelli del testosterone in circolo rallentano o stabilizzano il tumore. E proprio nel campo farmacologico un arma in più arriva da un nuovo farmaco (appartenente alla classe degli Lhrh analoghi ): la leuprolide nuova formulazione, grazie a un innovativo sistema di rilascio è in grado di garantire rispetto agli altri farmaci esistenti, un controllo ottimale del testosterone su una percentuale maggiore di pazienti. Novità ancora più importante legata alla leuprolide è che costa circa il 20% in meno rispetto agli analoghi già in commercio consentendo così, oltre ad un controllo ottimale della malattia anche un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale. Altre promettenti sostanze - quando il male non risponde più alla terapia ormonale, sono i bifosfonati di terza generazione che bloccano la crescita delle metastasi nell’osso. Sempre sull’osso, oltre alla tradizionale radioterapia, si possono impiegare radionuclidi beta-emittenti farmaci dotati di debole radioattività che si concentrano selettivamente nelle lesioni ossee. La chemioterapia classica non consente di ottenere risultati sul tumore di prostata. I taxani sono una nuova classe di chemioterapici che in studi preliminari hanno consentito di bloccare la progressione del tumore nel 38-46% dei pazienti. Infine una delle più promettenti novità è l’associazione della “vecchia” terapia con gli estrogeni (gli ormoni femminili impiegati fin dagli anni 60 e poi soppiantati dagli analoghi Lhrh) con gli analoghi della somatostatina in quei tumori che dopo anni di terapia con Lhrh, “scappano”dal controllo trasformandosi nei cosiddetti tumori neuroendocrini della prostata”. La Chirurgia - Terapie Radicali “Oggi i progressi in campo anestesiologico e chirurgico”, sottolinea il professor Tizzani “consentono di operare con sicurezza anche tumori localmente avanzati o pazienti con altre comorbilità . Le scelte terapeutiche per il trattamento del cancro della prostata dipendono dall’estensione della malattia (stadio clinico) e dall’aspettativa di vita del paziente (quindi dall’età e dalla presenza di co-morbidità) . La prostatectomia radicale è l’unico intervento in grado di curare e guarire il tumore prostatico quando localizzato alla ghiandola prostatica. L’intervento, che può essere eseguito per via retropubica o perineale con o senza linfoadenectomia, comporta l’asportazione chirurgica di tutto il contenuto della loggia prostatica. In pazienti a basso rischio e con un tumore di dimensioni ridotte e circoscritto è possibile eseguire l’operazione con la tecnica “ nerve sparing” che preserva i nervi erettori almeno da un lato. Ora , grazie alla diagnosi precoce è possibile effettuare questo tipo di intervento nell´80% dei casi, conservando la potenza sessuale”. La chirurgia mininvasiva. “ Alla chirurgia tradizionale”, continua Tizzani , “si affiancano strumenti che consentono di asportare la prostata “senza tagli” attraverso piccoli fori praticati nell’addome e microtelecamere che guidano il bisturi. Questo approccio già noto come laparoscopia aveva molti svantaggi (tempi operatori lunghi, rischio di sanguinamento elevato, difficoltà di insegnamento ai “giovani chirurghi”). Ora questi problemi sono superati con la chirurgia robotica che grazie all’impiego di visori tridimensionali e di microstrumenti capaci di rotazioni a 360 gradi supera i tradizionali ostacoli della laparoscopia. Grandi speranze anche per quei pazienti che a causa di tumori più avanzati non erano candidati all’intervento chirurgico. La Intra-operative radiation Therapy – Iort, consente di trattare, durante l’intervento, con la radioterapia direttamente i tessuti sani non rimossi dopo l’asportazione della prostata, per eliminare anche eventuali cellule di tumore “già scappate” dall’organo e non visibili ad occhio. Ampio è il capitolo del trattamento radioterapico: si passa da quello standard (la Radioterapia Conformazionale Tridimensionale 3D-crt), alla sua sofisticata evoluzione cioè alla Radioterapia con Modulazione di Intensità- Imrt). Tale modalità di irradiazione permette di modulare meglio l’intensità della dose nell’ambito di ogni campo di trattamento e quindi colpire solo il tessuto prostatico malato. La Image Guided Radiation Therapy (Igrt) prevede invece l’impianto di semi di oro posizionati, sotto guida ecografica, nella ghiandola prostatica, consentendo un ottimizzazione del trattamento radioterapico. Un’ulteriore modalità di trattamento è rappresentata dalla brachiterapia prostatica interstiziale indicata per pazienti a basso rischio che prevede il posizionamento di semi di iodio radioattivi nella prostata malata . Il vantaggio di questa tecnica mininvasiva è quello di controllare la malattia salvaguardando la potenza sessuale e la continenza urinaria . High Intensity Focused Ultrasound Therapy “Tra le metodiche ancora sperimentali” prosegue il professore Tizzani , “rientra anche la High Intensity Focused Ultrasound Therapy (Hifu) “ , che consente una ablazione selettiva della ghiandola con ultrasuoni ad alta energia focalizzati sul tessuto malato. Con l’immunoterapia invece si induce il sistema immunitario da uno stato di tolleranza a uno stato di sorveglianza verso il tumore. Ciò si può raggiungere tramite un vaccino, costituito da cellule prelevate dal paziente stesso e trattate con nuove tecnologie in modo da renderle capaci di stimolare il sistema immunitario del paziente contro il tumore. Infine gli anticorpi monoclonali, che potrebbero essere impiegati come traccianti o come farmaci. - si tratta di anticorpi tutti uguali l’uno all’altro e prodotti con innovativa tecnologia (George J. F. Köhler e César Milstein - premio Nobel per la medicina nel 1984) in grado di produrli in elevate quantità capaci di legarsi in modo selettivo e speciifico sulle cellule del cancro . Quello che fa la differenza oggi è la scelta del bersaglio Psma (prostate spefic membrane antigen ) e la selezione e degli anticorpi che avviene con il metodo microarray” (che consente di aiutare il medico a scegliere quegli anticorpi che attancandosi alla cellula tumorale accendono o spengono i geni chiave”. Epidemiologia - “Ogni anno”dice il professor Alessandro Tizzani, Direttore Clinica Urologica I Università di Torino, Responsabile Progetto Prostata Torino, Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista, Torino, “in Italia 21. 000 uomini sono colpiti dal tumore prostatico e 7. 000 muoiono a causa di questo tumore. In Italia il carcinoma prostatico rappresenta il primo tumore più comune nella popolazione maschile, nonché la patologia neoplastica più diagnosticata nell’uomo oltre i 75 anni . Il cancro della prostata è il sesto più comune tumore al mondo per numero di nuovi casi, il terzo più frequente nella popolazione maschile, e il più comune negli uomini di Europa, Nord America e di alcuni paesi dell’Africa. Nel 2000 il numero di nuovi casi al mondo è stato stimato essere di 513. 000; questa neoplasia costituisce mediamente il 9,7% di tutti i tumori della popolazione maschile. I dati epidemiologici raccolti dal Registro Tumori Piemonte nel periodo 1998-2000 mostrano un tasso standardizzato d’incidenza di 78. 6/100. 000 abitanti maschi ed un tasso standardizzato di mortalità di 16,8/100. 000 abitanti maschi. La sopravvivenza relativa a 5 anni di osservazione è cresciuta dal 55,5% del periodo tra il 1985 e il 1989, al 79,8% del periodo tra il 1995 e il 1998; questo incremento sembra principalmente dovuto all’anticipazione diagnostica . Il cancro della prostata raramente è diagnosticato prima dei 50 anni (in meno dell’0,1% dei casi), l’età media dei pazienti affetti da questa neoplasia è di 72-74 anni, e in circa l’85% dei casi viene diagnosticato dopo i 65 anni . I risultati di studi autoptici suggeriscono che la maggior parte degli uomini sopra gli 85 anni ( più dell’75%) presenta un carcinoma prostatico latente . L’incidenza del carcinoma prostatico varia sensibilmente nelle diverse etnie e nazioni: i tassi più bassi si osservano nelle popolazioni asiatiche, i più alti tra gli Afro-americani residenti negli Stati Uniti” . Zanetti R, Gafà L, Pannelli F, Conti E, Rosso S: Il cancro in Italia. I dati di incidenza dei registri tumori. Vol. Iii:1993-1998. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore 2001. Parkin Dm, Whelan Sl, Ferlay J, Teppo L, Thomas Db, eds: Cancer incidence in five continents. Vol Iiv. Lyon: Iarc Sci Publ, 1997. Parkin Dm, Bray Fi, Devesa Ss: Cancer burden in the year 2000: the global picture. Eur J Cancer 2001; 37 (suppl): S4-66. E. Pagano, G. Ciccone, C. Galassi, N. Segnan, F. Merletti: Relazione Sanitaria sull’oncologia in Piemonte: Aspetti Epidemiologici. 2004; capitolo 1: tavola 12. Sakr Wa, Haas Gp, Cassin Bf, Pontoes Je, Crissmass Jd: The frequency of carcinoma and intraepithelial neoplasia of the prostate in young male patients. J Urol 1993; 150: 379-85. I Principali Fattori Di Rischio - Età “E’ il fattore di rischio principale” , spiega il professore , “ legato allo sviluppo di neoplasia prostatica. La malattia è rara prima dei 50 anni, mentre dopo questa età l’incidenza e la mortalità aumentano in modo quasi esponenziale. Fattori genetici L’aggregazione familiare del cancro prostatico può essere dovuta ad una suscettibilità genetica , all’esposizione a comuni fattori ambientali o al solo caso in considerazione dell’elevata prevalenza di questo tumore. Il 10-15% dei pazienti affetto da questa neoplasia ha almeno un parente anch’esso colpito , ed i parenti di primo grado di pazienti con carcinoma prostatico hanno un rischio 2-3 volte maggiore di sviluppare la malattia; inoltre, tale rischio aumenta all’aumentare del numero delle persone affette in famiglia e al ridursi dell’età alla diagnosi. Fattori razziali L’incidenza del carcinoma prostatico varia ampiamente tra le popolazioni. I cinesi residenti in Cina hanno una incidenza pari a 19 su 100000 abitanti mentre gli afro-americani residenti negli stati uniti hanno una incidenza pari a 137 su 100000 abitanti. Fattori dietetici di rischio: latticini, grassi, carni rosse cotte ad elevata temperatura”. Fattori Dietetici Protettivi licopene carotenoidi ,Vitamina E , Selenio Il licopene è una sostanza antiossidante contenuta nei pomodori, che potrebbe ridurre il rischio di sviluppare tumore alla prostata. La Chirurgia Terapie Radicali “Oggi i progressi sia in campo anestesiologico che chirurgico”, sottolinea Tizzani “consentono di operare con sicurezza anche tumori localmente avanzati o pazienti con altre comorbilità Le scelte terapeutiche per il trattamento del cancro della prostata” ;” dipendono dall’estensione della malattia (stadio clinico) e dall’aspettativa di vita del paziente (quindi dall’età e dalla presenza di co-morbidità) . La prostatectomia radicale è l’unico intervento in grado di curare e guarire il tumore prostatico quando localizzato alla ghiandola prostatica. L’intervento che può essere eseguito per via retropubica o perineale con o senza linfoadenectomia, comporta l’asportazione chirurgica di tutto il contenuto della loggia prostatica. In pazienti a basso rischio (Psa < 10, Gleason < 7 ) e con un tumore di dimensioni ridotte e circoscritto è possibile eseguire l’operazione con la tecnica “ nerve sparing” che preserva i nervi erettori almeno da un lato. Ora , grazie alla diagnosi precoce è possibile effettuare questo tipo di intervento nell´80 per cento dei casi, conservando la potenza sessuale”. La nuova chirurgia minivasiva “Alla chirurgia tradizionale”, aggiunge Tizzani, “si affiancano oggi strumenti che consentono di asportare la prostata “senza tagli” attraverso piccoli fori praticati nell’addome e microtelecamere. Questo approccio già noto come laparoscopia aveva molti svantaggi (tempi operatori lunghi, rischio di sanguinamento elevato, difficoltà di insegnamento ai “giovani chirurghi”). Oggi questi problemi sono superati con la chirurgia robotica (da Vinci S). Che grazie all’impiego di visori tridimensionali e di microstrumenti capaci di rotazioni a 360 gradi supera i tradizionali ostacoli della laparoscopia. Grandi speranze anche per quei pazienti che a causa di tumori più avanzati non erano candidati all’intervento chirurgico. La Intra-operative radiation Therapy – Iort, possibile al momento solo durante interventi chirurgici tradizionali, consente di trattare durante l’intervento con la radioterapia direttamente i tessuti sani non rimossi dopo l’asportazione della prostata, per eliminare anche eventuali cellule di tumore “già scappate” dall’organo e non visibili ad occhio. Radioterapia Il trattamento radioterapico standard è rappresentato dalla Radioterapia Conformazionale Tridimensionale (Tridimensional Conformal radiation Therapy, 3D-crt), modalità di irradiazione che consente di somministrare una dose elevata di radiazioni (78 Gy) ad un volume ben circoscritto, con significativa riduzione dell’esposizione ad alte dosi del tessuto sano adiacente. Una ulteriore intensificazione della dose totale somministrata (81 Gy), accompagnata da una parallela riduzione della tossicità iatrogena, è permessa dalla Radioterapia con Modulazione di Intensità (Intensity Modulated Radiation Therapy, Imrt), sofisticata evoluzione della 3D-crt. Tale modalità di irradiazione permette di modulare l’intensità della dose nell’ambito di ogni campo di trattamento attraverso l’uso di collimatori multilamellari gestiti da specifici software, migliorando ulteriormente la distribuzione della dose in termini di scarto terapeutico tra copertura della ghiandola prostatica e risparmio dei tessuti sani. La Image Guided Radiation Therapy ( Igrt) prevede l’impianto di semi di oro posizionati, sotto guida ecografica, nel contesto della ghiandola prostatica, consentendo una ulteriore ottimizzazione del trattamento radioterapico mediante correzione on-line degli errori di posizionamento del paziente. Intra-operative radiation Therapy – Iort Un’ulteriore modalità di trattamento è rappresentata dalla brachiterapia prostatica interstiziale con semi a perdere (Iodio 125), che prevede l’infissione di sorgenti radioattive nel contesto della ghiandola prostatica sotto guida ecografica. L’aumentato interesse, da parte della comunità scientifica e dell’opinione pubblica, nei confronti della brachiterapia prostatica interstiziale, ha condotto ad un incremento del numero di pazienti trattati con tale metodica. I risultati ottenuti consentono di affermare come, in pazienti selezionati 8Gleason < 7 e Psa < 10), il trattamento brachiterapico sia del tutto sovrapponibile, in termini di controllo locale alle altre modalità di trattamento con intento radicale, con una minore tossicità. Tra le metodiche ancora sperimentali rientra anche la High Intensity Focused Ultrasound Therapy (Hifu). Che consente una ablazione selettiva della ghiandola con ultrasuoni ad alta energia focalizzati sul tessuto malato”. Terapie Farmacologiche “Nelle forme ormai avanzate e con metastasi” spiega il professor Tizzani. “quando l’età del paziente non consente il ricorso alla chirurgia o per importanti comorbiltà, l’attesa di vita del paziente sia inferiore ai 10 anni, l’unica terapia è quella farmacologica con specifici farmaci , gli Lhrh analoghi che bloccano la secrezione del testosterone , l’ormone che stimola la crescita della neoplasia (un tempo l’unica possibilità era la castrazione chirurgica- orchiectomia- ) Questi farmaci riducendo i livelli in circolo del testosterone rallentano o stabilizzano il tumore. E proprio nel campo farmacologico un arma in più arriva da un nuovo farmaco (appartenente alla classe degli Lhrh analoghi ) giunto in Italia da pochi mesi : la leuprolide nuova formulazione, grazie a un innovativo sistema di rilascio è in grado di garantire rispetto agli altri farmaci esistenti, un controllo ottimale del testosterone su una percentuale maggiore di pazienti. La novità ancora più importante legata alla leuprolide è che costa circa il 20% in meno rispetto agli analoghi già in commercio consentendo così, oltre ad un controllo ottimale della malattia anche un notevole risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale”. “Quando la malattia non risponde più alla terapia ormonale”, prosegue Tizzani si può ora ancora intervenire con bifosfonati di terza generazione che bloccano la crescita delle metastasi nell’osso. Sempre sull’osso oltre alla tradizionale radioterapia si possono impiegare radionuclidi beta-emittenti farmaci dotati di debole radioattività che si concentrano selettivamente nelle lesioni ossee”. Di notevole interesse sembra essere l’Acido Zoledronico nella prevenzione della compromissione ossea che ,come si sa è ,un punto di non ritorno del tumore . (Manteining bone health in pat. With prostatic cancer Med J. 2006 feb 20,184 ) “La chemioterapia classica” precisa Tizzani ,” non consente di ottenere risultati sul tumore di prostata. I taxani sono una nuova classe di chemioterapici che in studi preliminari hanno consentito di bloccare la progressione del tumore nel 38-46% dei pazienti. Infine una delle più promettenti novità è l’associazione della “vecchia” terapia con gli estrogeni (gli ormoni femminili impiegati fin dagli anni 60 e poi soppiantati dagli analoghi Lhrh) con gli analoghi della somatostatina in quei tumori che dopo anni di terapia con Lhrh, “scappano” dal controllo della terapia trasformandosi nei cosiddetti tumori neuroendocrini della prostata. Recenti studi hanno evidenziato, per la combinazione estrogeni-somatostatina, risposte cliniche oggettive nel 90% dei pazienti trattati con miglioramento del dolore osseo, del performance status, riduzione della Cromogranina A circolante (Cg-a) e del Psa”. Patel Vr, Tully As, Holmes R, Lindsay J. Robotic radical Prostatectomy in the community setting – the learning curve and beyond: initial 200 cases. Urology. 2005 July; 174: 269-272. Abstract. Nccn: Clinical Practice guidelines in Oncology – v. 2004 . Nutting Cm, Convery Dj, Cosgrove Vp et al: Reduction of small and large bowel irradiation using an optimized intensity-modulated pelvic radiotherapy technique in patients with prostate cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2000; 48: 649–656. Pollack A, Zagars Gk, Smith Lg et al: Preliminary results of a randomized radiotherapy dose-escalation study comparing 70Gy with 78 Gy for prostate cancer. J Clin Oncol 2000; 18: 3904–3911. Akerley W, Butera J, Wehbe T, et al: A multiinstitutional, concurrent chemoradiation trial of strontium-89, estramustine, and vinblastine for hormone refractory prostate carcinoma involving bone. Cancer 2002; 94: 1654–1660. Saad F, Gleason Dm, Murray R et al: A randomized, placebo controlled trial of zoledronic acid in patients with hormone-refractory metastatic prostate carcinoma. J Natl Cancer Inst 2002; 94: 1458–1468 Terapia Vaccinica Presso il Laboratorio di Immunologia dei Tumori dell’Università degli Studi di Torino”, dice Tizzani ,” è in studio un vaccino destinato a pazienti affetti da tumori della prostata in progressione. La preparazione di questo biofarmaco di nuova istituzione, è stata approvata dall’Istituto Superiore di Sanità (protocollo 24/9/2004-0045052) per l’impiego nella sperimentazione clinica di fase I. Il vaccino è stato messo a punto dalla professoressa Lina Matera presso il Laboratorio di Immunologia dei Tumori dell’Università di Torino, e nell’ambito di Progetti di Ricerca Finalizzati della Compagnia di San Paolo e della Regione Piemonte. Il vaccino è costituito da cellule isolate dal sangue del paziente e re-iniettate dopo qualche giorno di coltura in strutture appositamente studiate. Impiego del vaccino nella sperimentazione clinica. Quando: l’inizio è esclusivamente subordinato all’autorizzazione, da parte dell’Autorità Regolatoria, delle “cell factory” per la produzione di biofarmaci destinati all’impiego nell’uomo”. Anticorpi Monoclonali Si tratta, spiega Tizzani , “ di anticorpi, cioè molecole in grado di riconoscere in modo estremamente selettivo e specifico porzioni definite di altre molecole (antigeni). Il termine monoclonale indica l’origine da un solo clone di cellule. In altre parole sono tutti uguali (con la stessa specificità di legame) ed è possibile produrli in grande quantità. La tecnologia per la produzione di anticorpi monoclonali è stata sviluppata da George J. F. Köhler e César Milstein (premio Nobel per la medicina nel 1984). In poche parole: i linfociti prelevati da topi immunizzati contro l’antigene bersaglio, vengono fusi con cellule di mieloma murino per trasformarli in “ibridomi”. Gli ibridomi così ottenuti sono cellule immortali, quindi in grado di replicarsi e sopravvivere in vitro per un periodo di tempo indefinito, e capaci di produrre anticorpi contro un antigene noto: “bersaglio”. Gli anticorpi monoclonali, se resi simili a quelli umani (umanizzati) possono essere impiegati come traccianti o come farmaci. Un anticorpo monoclonale umanizzato in grado di legarsi specificamente su antigeni tumore associati può infatti essere marcato con sostanze radioattive e quindi essere impiegato come localizzatore estremamente sensibile di cellule tumorali nell’organismo o, a dosi maggiori, può essere impiegato come radiofarmaco. Se l’anticorpo viene coniugato con una tossina, diventa un veicolo specifico per portare il farmaco solo sulle cellule tumorali (immunotossina). Il bersaglio adottato in partenza è il Psma (Prostate-specific Membrane Antigen), un ectoenzima espresso ad elevata specificità in tumori primari e secondari di prostata e in endoteli di vasi neoformati. Altri anticorpi sono stati prodotti immunizzando con cellule ottenute da campioni chirurgici di tumori prostatici e successivamente identificati in base alla capacità di legare in modo differenziato cellule normali e tumorali. Gli anticorpi specifici per Psma sono stati prodotti e purificati clinical grade e marcati con 131Iodio. Il modello in vivo adottato si è basato su topi Scid trapiantati con linee continue di tumore prostatico umano Psma+. Gli anticorpi marcati sono stati iniettati in vivo, ove ne sono state valutate la capacità di localizzare in modo specifico le lesioni tumorali sia primarie che secondarie, ottenute facendo crescere il tumore nell’osso femorale. Il pannello di anticorpi ottenuti (ma di cui non si conosce ancora la specificità) è stato analizzato con un approccio innovativo basato sulla capacità di indurre una modulazione positiva o negativa di geni umani valutati con tecniche di microarray. In altre parole ne è stato sfruttato la capacità di indurre segnali positivi e negativi, oltre ad identificare quelli che sono funzionalmente inerti. Sono stati così selezionati anticorpi monoclonali in grado di legare molecole di superficie appartenenti alla famiglia delle heat shock proteins ed altri il cui legame era in grado invece di indurre l’accensione di geni codificanti metastasis related proteins-2 (mrp-2) o callicreina-3. Il primo bersaglio identificato consente di disegnare degli anticorpi come farmaci in grado di identificare lesioni tumorali con tecniche scintigrafiche e utili per applicazioni terapeutiche a distanza. Il secondo anticorpo invece potenzialmente rientra come farmaco in grado di indurre espressione de novo di molecole di superficie, che a loro volta possono diventare bersaglio di difese cellulari naturali e di strategie farmacologiche di inibizione della diffusione metastatica”. .  
   
 

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