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Notiziario Marketpress di Martedì 20 Marzo 2007
 
   
  GLI OROLOGI DEL CERVELLO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ VITA-SALUTE SAN RAFFAELE: NEL NOSTRO CERVELLO ESISTONO TANTI OROLOGI DIVERSI, ALCUNI LENTI, ALTRI VELOCISSIMI, MA TUTTI TARATI PER ADATTARSI ALLA VELOCITÀ DEI FENOMENI CHE I NOSTRI OCCHI OSSERVANO

 
   
  Milano, 20 marzo 2007 - Quante volte capita che la percezione dello scorrere del tempo non corrisponda alle lancette dell’orologio? Questa sensazione sembra sia legata anche al fatto che nel nostro cervello non c’è un solo orologio. I ricercatori dell’Università Vita-salute San Raffaele di Milano, della University of Western Australia, dell’Università di Firenze e del Cnr di Pisa hanno infatti scoperto che la percezione del tempo da parte del cervello dell’uomo dipende anche da dove guardiamo, come se avessimo tanti orologi regolati a ritmi diversi a seconda degli stimoli visivi. Il lampeggiare di un semaforo, per esempio, dopo un po’ che lo osserviamo, anche se si mantiene regolare, ci sembra sempre più rapido ma basta spostare lo sguardo sul semaforo accanto e il tempo torna a scorrere normalmente. Lo studio, è pubblicato su Nature Neuroscience, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali di neuroscienze. Il nostro cervello divide il mondo esterno in tanti fusi orari diversi: la ricerca dimostra infatti che la durata degli stimoli visivi non è cronometrata da un singolo orologio centrale del cervello, come si riteneva sino ad ora, ma da tanti orologi indipendenti che si occupano ognuno di un singolo stimolo e di una specifica zona dello spazio. La ricerca suggerisce, inoltre, che a livello di distribuzione dei compiti tra le differenti aree del cervello, il senso dello scorrere del tempo sia frutto di un meccanismo diffuso in tutta la corteccia sensoriale e non in una singola area. Tanti orologi diversi, tarati su “fusi differenti”, che possono dilatare o comprimere la misura del tempo secondo le proprie necessità. Una visione apparentemente caotica, ma a volte utile. Si pensi, per esempio, a procedure che il nostro cervello ha automatizzato, come guidare una macchina nel traffico: si riesce a farlo mentre si è concentrati su tutt’altri pensieri. Gli orologi sensoriali misurano e valutano durate e coincidenze di stimoli visivi ed acustici (semafori, macchine, pedoni, clacson, frenate e sirene) mentre altri monitorano lo scorrere lento dei nostri pensieri. “Se il cervello dell’uomo lavora con tanti orologi asincroni – sottolinea Maria Concetta Morrone, professoressa di Psicologia Fisiologica Avanzata all’Università Vita-salute San Raffaele di Milano e coordinatrice dello studio - perché non costruire computer funzionanti con lo stesso schema? Si tratta di una ricaduta tecnologica molto interessante di questa ricerca: copiare questo modello potrebbe permetterci di costruire computer, reti di computer e sensori più potenti e “intelligenti”, in grado di assolvere a quelle funzioni che con un solo “orologio” le macchine non riescono ancora ad assolvere”. L’esperimento - I soggetti della ricerca sono stati monitorati mentre guardavano delle barre bianche e nere che si muovevano velocemente in una piccola finestra circolare. Dopo pochi secondi l’osservatore doveva giudicare per quanto tempo un’altra figura rimanesse nella stessa posizione nella finestra. Dopo che la barra appariva e scompariva più volte nella stessa posizione il soggetto riteneva che la durata della nuova immagine fosse sempre più breve. Questo risultato era atteso dagli scienziati sulla base di una proprietà generale dei nostri sensi detta “adattamento”: dopo una prolungata stimolazione il cervello si adatta allo stimolo e diventa meno reattivo ad esso. Per esempio, il nostro olfatto si adatta a forti odori, la nostra visione ad un ambiente con una illuminazione elevata o il nostro udito a rumori intensi. Il risultato che non era atteso, invece, era che questo adattamento funzionasse anche per il senso del tempo e che fosse legato alla posizione della barra nello schermo: se l’immagine compariva in altre parti del campo visivo, il soggetto aveva una percezione della durata del fenomeno “corretta” cioè simile a quella dell’orologio e questo succedeva indipendentemente dalla direzione dello sguardo del soggetto. .  
   
 

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