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Notiziario Marketpress di Giovedì 06 Febbraio 2014
 
   
  CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: UN’IMPOSTA CHE SVANTAGGIA LE IMPRESE COLLEGATE, NELL’AMBITO DI UN GRUPPO, A SOCIETÀ STABILITE IN UN ALTRO STATO MEMBRO COSTITUISCE UNA DISCRIMINAZIONE INDIRETTA FONDATA SULLA SEDE DELLE SOCIETÀ

 
   
  Lussemburgo, 5 febbraio 2014 - Ciò potrebbe verificarsi nel caso dell’imposta ungherese sul fatturato del commercio al dettaglio dovuta dall’insieme delle imprese collegate sulla base del fatturato complessivo realizzato Ai sensi della normativa ungherese relativa all’imposta sul fatturato del commercio al dettaglio, i contribuenti che, nell’ambito di un gruppo di società, costituiscono imprese collegate devono sommare i singoli fatturati realizzati per poi applicare un’aliquota impositiva fortemente progressiva, ripartendo quindi l’importo dell’imposta così determinato in base al prorata dei rispettivi fatturati effettivi. La Hervis gestisce in Ungheria negozi di articoli sportivi e appartiene ad un gruppo di imprese la cui società madre (la Spar Österreichische Warenhandels Ag) è stabilita in un altro Stato membro. Per effetto della normativa ungherese, la Hervis è tenuta a versare una frazione dell’imposta straordinaria dovuta dall’insieme delle imprese del gruppo. L’applicazione di tale normativa produce tuttavia l’effetto di assoggettare la Hervis ad un’aliquota media di imposizione nettamente superiore a quella che le si applicherebbe qualora venisse preso in considerazione unicamente il fatturato realizzato dai propri negozi. La sua domanda di sgravio dell’imposta straordinaria è stata respinta dall’amministrazione finanziaria, ragion per cui la Hervis ha avviato un’azione giudiziaria in Ungheria. Il giudice nazionale chiede alla Corte di giustizia se la normativa ungherese sull’imposta straordinaria sia compatibile con i principi di libertà di stabilimento e di parità di trattamento, tenuto conto che essa produce effetti potenzialmente discriminatori nei confronti dei contribuenti «collegati», nell’ambito di un gruppo, a società stabilite in un altro Stato membro. Con la sentenza odierna, la Corte rileva che la normativa ungherese sull’imposta straordinaria distingue i contribuenti in funzione della loro appartenenza o meno ad un gruppo di società. Pur non stabilendo alcuna discriminazione diretta (in quanto l’imposta straordinaria viene applicata in condizioni identiche per tutte le società esercenti, in Ungheria, attività di commercio al dettaglio), tale criterio di distinzione produce l’effetto di svantaggiare le imprese collegate rispetto alle imprese non appartenenti ad un gruppo di società. A tal riguardo, la Corte osserva che, da un lato, l’aliquota dell’imposta straordinaria è fortemente progressiva, particolarmente nel suo scaglione superiore. Dall’altro, l’imposta straordinaria viene calcolata, per le imprese collegate, sulla base del fatturato consolidato di gruppo, laddove, nel caso di una persona giuridica non appartenente ad un gruppo (come nel caso di un’impresa autonoma in franchising), la base imponibile si limita al fatturato del contribuente singolarmente considerato. La Corte ritiene che l’applicazione di tale sistema di aliquote fortemente progressive ad una base imponibile consolidata di fatturato rischi di operare a detrimento delle imprese collegate, nell’ambito di un gruppo, a società stabilite in un altro Stato membro. La Corte invita il giudice nazionale a verificare se ciò si verifichi sul mercato ungherese. In caso affermativo, spetterà al giudice nazionale dichiarare che la normativa ungherese produce una discriminazione indiretta fondata sulla sede delle società, discriminazione non giustificata da motivi imperativi di interesse generale.  
   
 

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