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Notiziario Marketpress di Mercoledì 26 Marzo 2014
 
   
  REGOLAMENTO URBANISTICO, IL VICESINDACO NARDELLA: "UN RISULTATO STORICO PER IL FUTURO DI FIRENZE" I NUMERI E I PUNTI FONDAMENTALI ILLUSTRATI DALL´ASSESSORE MEUCCI

 
   
  Firenze, 26 marzo 2014 - “Il Regolamento Urbanistico arriva in tempi record: è un risultato storico”. Lo ha detto il vicesindaco reggente Dario Nardella, commentando la presentazione dell’atto oggi all’esame del consiglio comunale per il voto di adozione. “Questi 5 anni sono stati straordinari – ha aggiunto Mardella - perché nel 2011 abbiamo approvato il Piano strutturale a volumi zero, che è l’architrave su cui si costruiscono le regole della pianificazione urbanistica, mente tra oggi e domani adotteremo il Regolamento urbanistico e approveremo il Regolamento edilizio”. “Si tratta di due strumenti indispensabili per lo sviluppo della città - ha continuato - perché non parlano solo di regole urbanistiche, ma anche dello sviluppo della città: in questi atti si parla infatti anche di economia, lavoro, di grandi opere pubbliche. Gli strumenti per far ripartire Firenze e l’economia della città ci sono tutti, ora dobbiamo metterci al lavoro per coinvolgere, imprese, lavoratori e cittadini”. “Con il Regolamento urbanistico esercitiamo il diritto di cambiare le città, che sono organi complessi in continuo movimento, basati sulla vita quotidiana dei cittadini che le animano - ha aggiunto Nardella - e compito della politica è governare la loro trasformazione”. Il vicesindaco reggente ha continuato sottolineando anche che “con il Regolamento urbanistico mettiamo un altro tassello nella costruzione del futuro di Firenze e sono convinto che la passione, la determinazione e la competenza con cui tutti voi avete lavorato, a partire dall’assessore Meucci, sono la migliore garanzia di un buon avvio. Sarà poi compito di ciascuno di noi di fare in modo che questo cammino vada avanti senza fermarsi, senza esitare. È un cammino ambizioso, che vale per i nostri figli, per le generazioni che verranno perché le trasformazioni vere richiedono anni e sacrifici. Firenze ha già vissuto in passato profonde trasformazioni: nella metà dell’800 visse una grande trasformazione urbana, potremmo dire la più grande dell’età moderna con i viali del Poggi, le grandi architetture, una trasformazione indotta anche dal ruolo che le fu affidata di capitale politica e istituzionale del Regno unito. Oggi è come se quel ruolo lo riconquistassimo. Non siamo capitale istituzionale, ma riaffermiamo il nostro ruolo di capitale europea, di capitale culturale e politica del nostro Paese. Dobbiamo sostenere questa ambizione con una riforma urbanistica che nelle sue ambizioni è paragonabile a quella grande trasformazione della metà dell’800”. Da parte sua, l’assessore alle Politiche del territorio Elisabetta Meucci ha svolto una lunga relazione, che ha toccato in concreto tutti i tempi di questo atto fondamentale e complesso. “Il Regolamento Urbanistico che oggi approda per l’adozione in consiglio comunale è un atto fondamentale per la nostra città, che disegna davvero il futuro di Firenze e rende concreti gli indirizzi del Piano Strutturale ‘a volumi zero’. Un atto fondamentale, che porta con sè un impatto economico enorme: 750.000 mq di superficie in movimento, 1,5 miliardi di euro per gli interventi, 2mila posti di lavoro per 5 anni. Dalle aree in trasformazione si ricaveranno 60 milioni di euro in oneri di urbanizzazione, destinati alle infrastrutture pubbliche; la dotazione di servizi collettivi sarà di quasi 40mq. Ad abitante, più del doppio di quanto previsto dalle norme”. “Quello che abbiamo voluto delineare non è il disegno della città che ci piacerebbe, ma quello della città che si realizza davvero: previsioni ‘fattibili’ non perché potrebbero realizzarsi, ma perché si concretizzano effettivamente – da detto ancora l’assessore - Per questo occorreva misurarsi con tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, spesso portatori di interessi non coincidenti: da qui l’importanza che abbiamo voluto dare ai percorsi partecipativi, sia informali che formali. Solo qualche dato: 5 convegni tematici (in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Urbanistica e l’Agenzia Fiorentina per l’Energia); una ventina di incontri con vari enti ed associazioni (compresi gli ordini ed i collegi professionali); un questionario online che ha coinvolto 1.700 cittadini; 985 contributi specifici ricevuti”. “Gli spazi di nuova destinazione erano stati quantificati dal Piano Strutturale in oltre un milione e 200mila mq: una destinazione che ovviamente il Regolamento Urbanistico doveva articolare in dettaglio. Per gli interventi oltre i 2mila mq abbiamo dettato prescrizioni precise, ricorrendo ad una procedura di evidenza pubblica, mediante un avviso con cui gli interessati alla trasformazione di un immobile sono stati invitati a fornire le caratteristiche ed i principali dati tecnici del progetto. Attenzione: non c’è stata alcuna concessione alle pressioni della rendita immobiliare, né si è instaurata alcuna negoziazione. Si è semplicemente svolta una ricognizione, senza alcun vincolo di accettazione da parte dell’amministrazione, nel segno della trasparenza”. “E proprio accanto ai principi della trasparenza, sostenibilità e fattibilità, è da sottolineare un altro criterio che ci ha guidato: quello della semplificazione. Non solo delle procedure ma anche formale, grazie ad oltre 200 schede-norma nelle quali sono descritte destinazione di progetto, superficie, modalità e tipo di intervento consentito, prescrizioni, mitigazioni, fattibilità idraulica, geologica e sismica. Nel quadro della semplificazione, voglio anche sottolineare l’importanza del provvedimento che oggi presentiamo insieme al Regolamento Urbanistico, ovvero il nuovo Regolamento Edilizio. Si è razionalizzato il testo vigente, depurandolo di quanto è già disciplinato dalle norme statali e regionali ed eliminando adempimenti che appesantivano le procedure. Il risultato è ben sintetizzato da poche cifre: si passa da 245 a 105 articoli e da 10 allegati a 3 allegati, con una semplificazione sostanziale perfezionata insieme agli ordini professionali”. L’assessore Meucci si è poi soffermata sulle principali trasformazioni che il Regolamento prevede. “La parte di città in cui è prevista la maggior parte delle trasformazioni è l’Utoe 12, che interessa il nucleo storico e l’espansione ottocentesca, con oltre 20 aree con variazione della destinazione d’uso attraverso interventi conservativi di immobili, con Sul (superficie utile lorda) maggiore di 2mila mq. (ricordo che in questi casi privati devono destinare una quota non inferiore al 20% alla residenza per l’affitto o altra forma di edilizia convenzionata). Le destinazioni d’uso dei contenitori di valore storico confermano la prevalenza di quella residenziale, anche tenendo conto delle recente ripresa demografica, in gran parte dovuta a movimenti migratori di origine extra comunitaria. Le analisi su cui il Regolamento Urbanistico si è fondato, suggeriscono da un lato la rilevanza degli spazi pubblici come spazi da potenziare e qualificare, anche come opportunità di incontro e integrazione; e dall’altro evidenziano che i progetti devono andare di pari passo con uno sviluppo della cultura della convivenza. Il nuovo Regolamento, nel confermare la prevalenza della destinazione residenziale per gli immobili storici, opera un riequilibrio a favore di altre destinazioni, in particolare a carattere direzionale e di servizio (scuole di alta formazione, centri di formazione professionale, servizi e incubatori d’impresa); mentre la destinazione turistico-ricettiva interessa il centro solo per la trasformazione del Teatro Comunale”. “Dopo l’area centrale, l’Utoe interessata dal maggior numero di trasformazioni è la 3, che corrisponde alla parte est della città sulle due sponde dell’Arno, fra l’altro interessata dalla previsione dell’insediamento di un campeggio a Rovezzano (per permettere la dismissione del campeggio del Piazzale Michelangelo) e di due nuovi impianti sportivi a cielo aperto. La parte ovest della città è quella interessata dalle più importanti trasformazioni di aree già produttive. In particolare l’Utoe 8, che si estende da via Baracca al viale Etruria, include le trasformazioni dell’ex Manifattura Tabacchi e dell’ex Officine Grande Riparazioni; mentre l’Utoe 9, sulla direttrice della via Pistoiese, include le trasformazioni delle aree ex Gover ed ex Esselunga mentre l’Utoe 10, sulla direttrice di Novoli, include la trasformazione del Centro alimentare Polivalente e del Panificio Militare. L’utoe 10 è caratterizzata da un mix di trasformazioni diverse dalla residenza, con una quota consistente dedicata ad attività industriali ed artigianali (il nuovo centro del settore alimentare e le attività commerciali in medie strutture, correlate sia al nuovo stadio che all’ex Panificio Militare)”. “L’utoe 11, sulla direttrice Careggi-castello, è interessata da un intervento significativo sullo stabilimento ex-Cerdec posto fra le ville medicee e il borgo storico. Infine, per quanto riguarda le Utoe 1, 4 e 5 (i territori collinari a nord e a sud della città) le trasformazioni previste riguardano complessi edilizi dismessi o sottoutilizzati, anche di valore storico architettonico (ex caserme, attrezzature socio-sanitarie, scuole e convitti) assegnando una prevalente destinazione residenziale”. “Per quanto riguarda le infrastrutture per la mobilità, ricordo che per le priorità da inserire nel Regolamento Urbanistico si è tenuto conto della decadenza quinquennale dei vincolo, qualora non si arrivi in tempo all’approvazione del progetto esecutivo. E’ confermato il posizionamento della Stazione dell’Alta Velocità ai Macelli e la realizzazione delle direttrici di penetrazione Pistoiese-rosselli e Fortezza –Panciatichi. Per quanto riguarda la tramvia, sono state inserite le linee 2, 3 e 4 (limitandosi a stralciare la tratta in sotterranea della linea 2); sono inserite anche quasi tutte le opere che il Piano Strutturale ha indicato come componenti del Semianello Nord e del Semianello Sud (fra cui il nuovo svincolo di Peretola, il sottoattraversamento del Sodo, il by-pass del Galluzzo, l’adeguamento di via delle Bagnese)”. “Fra le altre infrastrutture viarie sono inseriti anche un ponte sul Mugnone (in corrispondenza di via Crispi) e, sullo stesso allineamento, un sottopasso ferroviario parallelo a quello dello Statuto, un sottopasso pedonale in via Vittorio Emanuele ed un sottopasso ferroviario in via Giuliani. Per quanto riguarda le piste ciclabili, voglio ricordare gli interventi su suolo non meramente stradale (Nenni-torregalli, lungo Ema, lungo Greve, Argingrosso, Brozzi-sala)”. “Per quanto riguarda i parcheggi, le principali previsioni riguardano i parcheggi scambiatori di Peretola, di viale Nenni, di piazza Batoni, di viale Etruria, delle Due Strade, dell’Indiano-cascine, oltre a quelli a servizio di quartiere di Settignano, Ponte a Mensola, Castello, Sorgane e Pratellino; ed infine, in funzione dell’accessibilità al centro storico, quelli sotterranei di piazza del Carmine e piazza Brunelleschi (per cui si renderanno necessari ulteriori approfondimenti)”. In conclusione, l’assessore ha sottolineato “il riconoscimento al lavoro del Consiglio comunale (dal presidente della Commissione Urbanistica a tutti i consiglieri, anche a quelli di opposizione, che hanno dato contributi positivi): In 2 mesi abbiamo svolto 25 sedute delle commissioni consiliari, oltre a 10 incontri con i Consigli di Quartiere, che hanno confermato grande capacità di analisi e di elaborazione”. Infine i ringraziamenti. “Questo Regolamento Urbanistico, come già il Piano Strutturale, è frutto esclusivo degli uffici comunali: siamo probabilmente un caso senza precedenti, ed anche oggi unico per quanto mi risulta, in cui gli strumenti della pianificazione territoriale sono stati messi a punto senza ricorrere ad incarichi esterni, neppure a livello di consulenza ha concluso l’assessore Meucci - Un lavoro enorme per dimensione e complessità, per il quale voglio ringraziare i dirigenti, i tecnici e tutti coloro che, nei diversi ruoli e nelle diverse competenze, ci anno consentito di portare a termine quello che era uno degli impegni più importanti di questo mandato amministrativo”. Regolamento Urbanistico, la relazione integrale dell´assessore Meucci Questo il testo integrale della relazione svolta oggi dall´assessore alle Politiche del territorio Elisabetta Meucci in consiglio comunale, in occasione dell´adozione del nuovo Regolamento Urbanistico. "Credo non sfugga a nessuno dei consiglieri la rilevanza del voto che questa Assemblea si accinge ad esprimere. Il Regolamento Urbanistico che oggi è sottoposto all’adozione del Consiglio Comunale viene a dare concretezza operativa agli indirizzi a suo tempo approvati con il Piano Strutturale. E’ uno di quegli atti che disegnano davvero il futuro della città, di quelli destinati ad essere ricordati commentando “io c’ero”. Un futuro che, in questo caso, non è qualcosa che ci viene incontro e che cerchiamo di pre-vedere: è un futuro che cerchiamo di costruire, che sarà esito delle nostre capacità analitiche e progettuali, della nostra capacità di concepire e realizzare programmi coerenti ed efficaci. Stiamo parlando, usando per un momento la vecchia terminologia, del nuovo piano regolatore di Firenze. Strumenti cioè di cui vede la luce uno per generazione: negli oltre 70 anni che ci separano dalla legge urbanistica del 1942 questo è infatti il terzo piano, dopo il piano Detti adottato nel 1962 ed il piano Vittorini adottato nel 1993. Sono 70 anni densi di tentativi e di progetti di piano, di varianti, di modifiche – nella seconda metà di questo periodo - del quadro di riferimento normativo con tre leggi regionali in materia di territorio (la 74 del 1984, la 5 del 1995 e la 1 del 2005, non considerando la quarta in arrivo) tutte con filosofie e strumenti molto diversi fra loro: è insomma un quadro estremamente complesso ed articolato che rende difficile anche una lettura unitaria e sequenziale concentrata sulle vicende urbanistiche fiorentine. E’ una rievocazione che in questa occasione poteva anche starci, ma che non ho ritenuto di proporre per non sottrarre tempo ed attenzione dall’oggetto principale all’ordine del giorno e che voglio introdurre usando i termini della legge regionale vigente: “Il regolamento urbanistico disciplina l’attività urbanistica ed edilizia per l’intero territorio comunale; esso si compone di due parti: a) disciplina per la gestione degli insediamenti esistenti; b) disciplina delle trasformazioni degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi….” Dando conto della sua conformità alle previsioni del piano strutturale, il regolamento urbanistico contiene dunque una parte ordinaria, senza scadenza, e una straordinaria le cui previsioni e i conseguenti eventuali vincoli preordinati all’espropriazione sono dimensionati per cinque anni dalla loro approvazione e “perdono efficacia nel caso in cui, alla scadenza del quinquennio dall’approvazione del regolamento…non siano stati approvati i conseguenti piani attuativi o progetti esecutivi”. Come i consiglieri hanno ben presente la scelta fondamentale operata con il Piano Strutturale è stata quella di immaginare un rinnovamento della città “non fuori, ma dentro la città”, puntando sulla sua rigenerazione anziché sulla sua espansione, opzione sintetizzata nello slogan “volumi zero” e che concretizza il principio della sostenibilità. A questo proposito ci sia consentita una brevissima parentesi. Le amministrazioni comunali di Firenze sono state accusate, anche con qualche ragione, di muoversi con grande lentezza nel campo della pianificazione urbanistica: abbiamo una storia pluridecennale di piani e progetti mai portati a compimento. Questa volta, in questo mandato amministrativo, non solo riusciamo a varare sia il piano strategico che quello conformativo, ma possiamo anche rivendicare una primogenitura rispetto agli obiettivi di sostenibilità che la proposta di revisione della legge regionale sul governo del territorio dichiara di voler perseguire, in particolare con il blocco degli insediamenti al di fuori delle aree urbanizzate. Obiettivi che si sono affacciati anche in vari disegni di legge di iniziativa parlamentare e governativa lo scorso anno: insomma, una volta tanto, siamo arrivati prima noi. Ci tengo anche ad evidenziare – e chiudo subito la parentesi – che, a parte l’ovvia condivisione delle finalità generali, non abbiamo fatto mancare il nostro contributo critico, tramite l’Anci, alla forma che la proposta di legge regionale e i disegni di legge nazionali sono venuti assumendo. Nel caso della legge regionale rilevando che la proposta muove in direzione opposta a quella di un’auspicabile semplificazione della disciplina in funzione di un reale sostegno alle azioni di rigenerazione urbana; nel caso dei disegni di legge nazionali perché riteniamo errata l’ipotesi che questi prospettano di finanziare la rigenerazione con gli oneri maggiorati derivanti dall’espansione (e dunque con poche garanzie di contrastare davvero il nuovo consumo di suolo). A proposito della sostenibilità, che è stata la prima linea guida cui ci siamo attenuti, occorre aggiungere ancora qualche considerazione. Una delle questioni all’ordine del giorno è come conciliare la tutela delle risorse essenziali non riproducibili (la “sostenibilità” appunto) – traendo ispirazione dal Patto europeo dei sindaci - con le altrettanto imprescindibili esigenze di sostegno allo sviluppo, promuovendo l’occupazione e migliorando la qualità della vita. Detto in altro modo: si tratta di concepire una pianificazione territoriale che non si ponga, rispetto alle pressioni dell’economia, in una posizione di semplice difesa, ma che svolga una funzione di stimolo attraverso la valorizzazione del patrimonio territoriale. Ed uso il termine “valorizzazione” avendolo ben ponderato e nella consapevolezza che evoca qualche contrasto. Ad esempio la proposta di nuova legge regionale sul governo del territorio lo ha ignorato. Eppure quando prevediamo 40 aree oggetto di riqualificazione ambientale con interventi mirati sulla rete ecologica per renderla più efficiente, quando eliminiamo i parcheggi dalle nostre piazze, quando incentiviamo il risparmio energetico collegato al restauro degli involucri degli edifici, quando investiamo per lo sviluppo del trasporto pubblico e la mobilità sostenibile, quando ristrutturiamo immobili pubblici di pregio lasciati al degrado stiamo facendo operazioni che sono contestualmente di valorizzazione e di tutela delle risorse territoriali. Insomma, l’atto che ci accingiamo a votare ha un impatto economico enorme. Solo qualche dato. Abbiamo 750.000 mq di superficie in movimento tramite gli interventi di trasformazione previsti. Il costo degli interventi che si renderanno possibili è stimabile in 1,5 miliardi di euro. A questi interventi corrispondono 2.000 posti di lavoro per 5 anni. Dalle aree in trasformazione si possono ricavare 60 milioni di euro per oneri di urbanizzazione, tutti vincolati ad infrastrutture pubbliche. Dall’attuazione delle previsioni discende una dotazione di servizi collettivi di quasi 40mq. Ad abitante (che è più del doppio di quanto previsto dalle norme). Ma nell’elaborare il Regolamento Urbanistico all’obiettivo della rigenerazione abbiamo cercato di associare anche quello della fattibilità. Ad un tempo futuro, spesso indeterminato, in cui sono declinate molte politiche abbiamo cercato di sostituire il tempo presente. Non un disegno della città che ci piacerebbe, ma della città che si realizza davvero: previsioni “fattibili” non perché potrebbero realizzarsi, ma perché si concretizzano effettivamente. Per dirla con Weber ci siamo ispirati ad un’etica della responsabilità piuttosto che ad un’etica dei principi. Voglio soffermarmi su questo aspetto perché lo considero uno degli elementi di novità qualificanti. Come abbiamo cercato di costruire previsioni “che si realizzano davvero”? Anzitutto teniamo presente la distinzione fra la parte ordinaria del Ru che interviene sul patrimonio privato e la parte “strategica” che riguarda prevalentemente la città pubblica. La prima parte conforma il diritto di proprietà del singolo e come ogni norma di questo tipo opera in senso negativo: impedisce ciò che tecnicamente sarebbe possibile, ma non ha potere positivo di imporre ciò che il piano vorrebbe si realizzasse, nel nostro caso la riqualificazione di alcuni ambiti urbani. Se dunque davvero interessano i risultati occorre misurarsi con la complessità di processi che vedono come attori una pluralità di soggetti pubblici e privati portatori di interessi non coincidenti. Da qui l’importanza che abbiamo dato ai percorsi partecipativi, sia informali che formalizzati. Mi limito a citare qualche dato fra i tanti: 5 convegni tematici (dei quali 3 organizzati in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Urbanistica, alla cui presidente devo un ringraziamento particolare, e 2 con l’Agenzia Fiorentina per l’Energia), una ventina di incontri con vari enti ed associazioni (fra cui 3 incontri con gli ordini ed i collegi professionali sui temi specifici concordati che sono risultati particolarmente proficui), 5 focus tematici tenuti a livello di quartiere, un questionario online che ha coinvolto 1.700 cittadini, 985 contributi specifici ricevuti. Gli spazi suscettibili di nuova destinazione erano stati quantificati dal Piano Strutturale in oltre 1.200.000 mq. Destinazione che, ovviamente, il Regolamento Urbanistico doveva articolare in dettaglio. La scelta più semplice poteva essere quella di determinare e localizzare il mix di funzioni “ottimale”, ammesso e non concesso che sia possibile disporre di strumenti di valutazione così raffinati per scenari a breve, medio e lungo termine. Si è però considerato che una parte cospicua del patrimonio da recuperare risulta di valore storico-architettonico con la conseguenza che le quote di destinazione d’uso astrattamente predeterminate una volta sottoposte al vaglio della progettazione potevano risultare incompatibili con la morfologia dello specifico edificio e del livello di tutela. Si è dunque fissata una soglia (2.000 mq.) al di sotto della quale non viene operato alcun prelievo dal dimensionamento del Piano Strutturale, dettando prescrizioni precise sopra tale soglia. Per costruire tali prescrizioni si è fatto ricorso ad una procedura di evidenza pubblica, mediante un avviso con cui si sono invitati quanti fossero interessati alla trasformazione di un immobile a fornire le caratteristiche ed i principali dati tecnici della trasformazione ipotizzata. Attenzione. Non c’è alcuna concessione alle pressioni della rendita immobiliare. Non si è instaurata alcuna negoziazione. Si è semplicemente svolta una ricognizione senza alcun vincolo di accettazione da parte dell’amministrazione. Ed è anche una procedura nel segno della trasparenza e dell’oggettività delle scelte. Come si sa la forza della pianificazione sta nella sua imparzialità: la trasparenza cui ci siamo attenuti in ogni passaggio ne è una garanzia; ad esempio tutte le proposte pervenute dai privati sono agli atti dell’ufficio, consentendo così di ricostruire il percorso logico in base a cui sono state valutate. Aggiungo che è un modo di affermare, rispetto al principio rigido della “gerarchia dei piani” (si fa il piano più razionale del mondo, e pazienza se poi non si realizza…..), quello più flessibile e più efficace della “gerarchia degli interessi” (e l’interesse pubblico che prevale sugli interessi dei singoli è che la riqualificazione si faccia davvero) ferma restando la ferrea regia pubblica. E veniamo all’altra parte del Regolamento Urbanistico, quella “straordinaria” concernente la città pubblica, dimensionata sull’orizzonte quinquennale dei vincoli di esproprio. Due riflessioni. La prima riguarda il presunto declino della città pubblica. E’ una presunzione che ha qualche riscontro. Trova elementi di conferma, da un lato nello sviluppo della rete quale luogo virtuale di pubblico incontro e confronto, e, per converso, nella privatizzazione monofunzionale di quegli spazi fisici che originariamente erano nati come spazio di relazione per un ventaglio di usi e modalità di fruizione diversificato e indeterminato. Le piazze adibite a parcheggio sono state l’esempio più emblematico di questa privatizzazione monofunzionale e gli interventi di pedonalizzazione e riqualificazione recentemente avviati a Firenze a questo riguardo devono essere sottolineati proprio a testimoniare un’inversione di tendenza. Una politica di rigenerazione urbana deve dedicare grande attenzione agli spazi comunitari (di cui le piazze sono evidentemente una componente importante): sono gli spazi che devono sostenere e far circolare i valori che accomunano e che devono essere occupati nei momenti del libero confronto umano, assecondando la varietà spontanea dell’organismo sociale. Da qui il rilievo anche della cura dell’arredo urbano (a Firenze l’esperienza dei Cento Luoghi è stata utile anche a questo riguardo), l’importanza che assumono gli interventi di riorganizzazione del traffico e di sostegno della mobilità alternativa, il significato che possono assumere le varie iniziative del cosiddetto effimero, l’incidenza di una disciplina urbanistica, come quella all’approvazione del Consiglio, che cerca di conservare la residenza nelle aree sottoposte a maggior pressione da parte delle attività terziarie e della presenza turistica. La seconda riflessione parte dalla circostanza che, mentre in presenza di aree di espansione gli standard per attrezzature collettive possono più facilmente essere reperiti e finanziati, nel caso di una rigenerazione della città “a volumi zero” questo reperimento è più problematico. Occorre un’attenta ponderazione di ciò che è da sottoporre ad esproprio, e non solo per la decadenza quinquennale del vincolo, ma anche per l’elevato costo di esproprio delle aree e dei volumi all’interno della città consolidata. Può in questo caso essere di aiuto lo strumento della perequazione urbanistica, reperendo spazi pubblici nei comparti perequati senza che questo si traduca in vincoli preordinati all’esproprio (e a proposito della perequazione vale la pena spendere ancora qualche parola e ci torniamo fra un momento). Dunque: attenta considerazione delle aree da sottoporre ad esproprio; che implica una considerazione realistica delle risorse disponibili (ricordando che anche la reiterazione dei vincoli ha un costo). Nel caso di Firenze, ad esempio, ci ha fatto riflettere la circostanza che, a 15 anni dall’approvazione nel ’98 del Prg, soltanto 1/5 della previsione di verde pubblico abbia trovato attuazione. Il che spinge anche a chiedersi se, in luogo dei vincoli per l’esproprio, non possano ipotizzarsi vincoli di destinazione che consentano un uso pubblico del bene lasciando spazio all’iniziativa privata nella realizzazione e gestione. Sottolineo: realizzazione e gestione. Perché in un quadro di risorse pubbliche limitate e, probabilmente per un lungo periodo, decrescenti, il problema non è soltanto come potenziare il patrimonio pubblico, ma come mantenerlo. Un parco mal curato, una pista ciclabile dissestata, un edificio pubblico con gli intonaci sbrecciati, un’aiuola inselvatichita generano sensazioni di degrado che rischiano di riflettersi negativamente sulle modalità con cui, non solo una pubblica amministrazione, ma tutta una collettività, si prende cura dei beni pubblici nel loro complesso: accentuano ostilità e senso di estraneità, ispirano comportamenti violenti. La rigenerazione della città presuppone la riqualificazione della città pubblica. E la pianificazione di tale riqualificazione deve incorporare elementi di progettazione. Non si tratta della progettazione architettonica, quanto del riferimento al ciclo economico del progetto. La considerazione cioè di tutta la vita economica utile di un bene pubblico, non solo in termini di costi-benefici, ma anche in termini di flussi finanziari necessari per una corretta gestione a regime e dei quali deve essere accertata la sostenibilità. E veniamo alla perequazione a proposito della quale si potrebbero fare infiniti ragionamenti. Il Regolamento urbanistico la prevede fra gli strumenti possibili per promuovere la rigenerazione. Le aree che il Regolamento vi destina sono circa 1/3 di quelle complessivamente individuate a tale scopo dal Piano Strutturale. Per la precisione si tratta di 17 aree con superficie in trasferimento a fronte di 21 aree di atterraggio, corrispondenti a circa 59mila mq. Comprensive di verde e parcheggi, prevalentemente localizzate nell’Utoe 9 e cioè la zona di via Pistoiese compresa fra Peretola e Brozzi. Come è noto la perequazione è una procedura introdotta in quasi tutte le leggi regionali e di conseguenza adottata in centinaia di piani. E’ diventata di moda ma, attenzione, non possiamo nasconderci la complessità dei risvolti di natura economica, finanziaria, patrimoniale, giuridica e amministrativa. E in effetti, soprattutto a causa della difficoltà di concludere gli accordi, specialmente fra privati, sono pochissimi in Italia gli interventi concretamente avviati, a meno che le aree di generazione e quelle di atterraggio non appartengano alla stessa proprietà o quando il Comune abbia a disposizione aree in cui far atterrare i diritti che i privati non vogliono acquistare. Insomma: in ossequio al principio “facciamo un piano che si realizza davvero” abbiamo tenuto i piedi per terra e ci siamo sforzati di fare previsioni realistiche. Ricordo che la perequazione si colloca sul versante delle competenze statali in quanto riguarda il regime dei suoli ed in particolare il contenuto fondiario della proprietà privata. Dobbiamo dunque augurarci che si arrivi quanto prima ad una legge nazionale che regoli la materia ed eviti il contenzioso che può insorgere fra pubblico e privato applicando le misure perequative previste dai piani. Accanto ai principi della sostenibilità, della trasparenza e della fattibilità è da sottolineare un altro criterio che ci ha guidato nella redazione dei nuovi strumenti di governo del territorio: mi riferisco al criterio della semplificazione. Una semplificazione delle procedure, ad esempio con la possibilità di intervenire senza piano attuativo e quindi con intervento edilizio diretto in caso di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso originaria. E una semplificazione anche formale. Voi che avete letto per intero la proposta di Regolamento Urbanistico, credo che abbiate abbia avuto modo di apprezzare, sia lo sforzo fatto per conciliare il necessario rigore tecnico e giuridico con le esigenze di una comprensibilità non riservata ad una cerchia ristretta di addetti ai lavori, sia lo sforzo fatto per facilitarne l’utilizzo professionale, grazie ad oltre 200 schede norma nelle quali sono descritte la destinazione di progetto, la superficie, le modalità e il tipo di intervento consentito, le prescrizioni, le specifiche mitigazioni, la fattibilità idraulica, geologica e sismica. Un altro aspetto da evidenziare, nell’ottica della razionalizzazione delle prescrizioni e delle procedure, riguarda l’attribuzione al Regolamento Urbanistico di un ruolo centrale e pressoché esclusivo nella disciplina delle destinazioni d’uso. Finora si è cercato di governare le destinazioni, con risultati nel centro storico non sempre del tutto soddisfacenti, con una proliferazione di norme di carattere urbanistico depositate in strumenti di pianificazione settoriale, con qualche confusione in termini di ruolo e rango della disciplina. A questo proposito si devono anche tenere presenti le normative, note come “Salva Italia” e “Cresci Italia” che, nelle parti finalizzate alla promozione della concorrenza, hanno depotenziato fortemente la pianificazione settoriale a livello locale. Basta ricordare le disposizioni in base alle quali “sono abrogate tutte le restrizioni per cui un’attività economica è consentita previa una valutazione del fabbisogno o consentita/esclusa in una determinata area” e che negano la possibilità di “un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato in contesti e condizioni analoghe. Insomma non è più possibile negare l’autorizzazione a determinate attività motivandola con l’”eccesso di offerta”; occorre che gli eventuali dinieghi trovino collocazione (come oggi in effetti la trovano) negli strumenti urbanistici e motivazione in termini di impatti urbanistici e di relazioni con il contesto. E voglio ancora richiamare l’attenzione, sempre nel quadro della semplificazione, sul provvedimento che sottoponiamo all’approvazione contestualmente al Regolamento Urbanistico, e cioè il nuovo Regolamento Edilizio. Si è razionalizzato il testo vigente depurandolo di quanto è già disciplinato dalle norme statali e regionali e si sono eliminati adempimenti che appesantivano il procedimento e che non servivano a migliorare l’efficacia dei controlli. Il risultato è ben sintetizzato da poche cifre: si passa da 245 a 105 articoli e da 10 allegati a 3 allegati. Non si è trattato soltanto di una “potatura “ formale, ma di una semplificazione sostanziale (perfezionata grazie ad un prezioso confronto con gli ordini professionali) e che mi auguro il Consiglio abbia modo di valutare ed apprezzare. Varie commissioni consiliari sono state impegnate in un intenso lavoro di approfondimento della proposta di Regolamento Urbanistico che oggi è all’ordine del giorno. Questo mi esime dal ripercorrerla in maniera dettagliata. Mi limito soltanto a riassumere le principali trasformazioni che il Regolamento prevede. La parte di città in cui è prevista la maggior parte delle trasformazioni è l’Utoe 12, che interessa il nucleo storico e l’espansione ottocentesca, con oltre 20 aree con variazione della destinazione d’uso attraverso interventi conservativi di immobili aventi Sul maggiore di 2.000 mq. (ricordo la previsione per cui i soggetti privati che realizzano interventi di questa dimensione devono destinare una quota non inferiore al 20% alla residenza nella forma dell’affitto o in altra forma di edilizia convenzionata sulla base di accordi con il Comune). La declinazione delle funzioni con l’attribuzione delle destinazioni d’uso ai contenitori di valore storico conferma la prevalenza della destinazione residenziale (voglio sottolineare che la ripresa demografica recente – con 25mila abitanti in più negli ultimi 10 anni – ha interessato anche il centro storico, a conferma che l’impegno di tutelare la residenza nelle aree centrali ha prodotto risultati positivi). Abbiamo ben presente che questo incremento è in buona misura da ricondurre a movimenti migratori di prevalente origine extra comunitaria. Basta ricordare che venti anni fa gli stranieri a Firenze erano poco più di 7mila e rappresentavano meno del 2% della popolazione, oggi sono 55mila e superano il 15%: ogni 5 bambini che nascono ce n’è 1 che ha i genitori stranieri. Questo suggerisce una serie di considerazioni e obiettivi comunque non estranei ad una nuova disciplina urbanistica. Si tratta di formulare stime corrette sulla futura domanda di residenza. E vale la pena registrare un fenomeno, entro certi limiti fisiologico, rappresentato dal concentrarsi di determinati gruppi etnici in determinate aree (in particolare nei quartieri di Rifredi-le Piagge e del Centro). E’ evidente che una politica la quale, pur rispettosa delle diverse culture, sia attenta a contrastare fenomeni di emarginazione e di degrado sociale ed ambientale, deve far sì che non si sviluppino enclaves etniche il cui rafforzamento indebolisce i rapporti con l’esterno e le opportunità di effettiva integrazione. A questo proposito varrebbe la pena tener aver presente l’esperienza francese e i sommovimenti che, alcuni anni fa incendiarono le banlieus di Parigi. Le periferie parigine, che vedono una significativa presenza di seconde generazioni di immigrati, sono caratterizzate da impostazioni urbanistiche d’avanguardia (le “villes nouvelles”, la discreta qualità edilizia, un’eccellente rete di trasporti pubblici). E tuttavia quel “buon governo urbanistico” non è stato sufficiente per avere risultati socialmente positivi. Le analisi su cui il Regolamento Urbanistico si è fondato suggeriscono, da un lato la rilevanza degli spazi pubblici come spazi da potenziare e qualificare, non come mero adeguamento agli standard ma in maniera territorialmente articolata come opportunità di incontro e integrazione; e, d’altro lato, pongono in evidenza come la progettazione dell’abitare non possa essere scissa da uno sviluppo della cultura della convivenza e dalla necessità di rafforzare la trasversalità e l’integrazione delle politiche. Si deve precisare che il Regolamento urbanistico, nel confermare la prevalenza della destinazione residenziale per gli immobili di valore storico, opera un riequilibrio a favore di altre destinazioni, in particolare a carattere direzionale. Queste comprendono anche le attività private di servizio fra le quali sono incluse scuole di alta formazione, centri di formazione professionale, servizi e incubatori d’impresa, tutte attività di cui è auspicabile l’insediamento nel centro Unesco, mentre la destinazione turistico-ricettiva interessa questa zona solo per l’intervento di trasformazione del Teatro Comunale e per una opzione minima l’immobile di S.agnase. Dopo l’area centrale l’Utoe interessata dal maggior numero di trasformazioni è la 3, che corrisponde alla parte est della città sulle due sponde dell’Arno, fra l’altro interessata dalla previsione dell’insediamento e di due nuovi impianti sportivi a cielo aperto che rafforzano il ruolo di spazi per il tempo libero nell’ambito del parco fluviale. La parte ovest della città è quella interessata dalle più importanti trasformazioni di aree già produttive. In particolare l’Utoe 8, che si estende da via Baracca al viale Etruria, include le trasformazioni dell’ex Manifattura Tabacchi e dell’ex Officine Grande Riparazioni, l’Utoe 9, sulla direttrice della via Pistoiese, include le trasformazioni delle aree ex Gover ed ex Esselunga e l’Utoe 10, sulla direttrice di Novoli, include la trasformazione del Centro alimentare Polivalente e del Panificio Militare. In particolare quest’ultima Utoe è caratterizzata da un mix di trasformazioni diverse dalla residenza, con una quota consistente dedicata ad attività industriali ed artigianali che configureranno il nuovo centro dedicato al settore alimentare e con una presenza di attività commerciali in medie strutture di vendita correlate all’insediamento del nuovo stadio e nell’ex Panificio Militare. L’utoe 11, sulla direttrice Careggi-castello, è interessata da un intervento significativo sullo stabilimento ex-Cerdec posto fra le ville medicee e il borgo storico. Infine, per quanto riguarda le Utoe 1, 4 e 5 che interessano i territori collinari a nord e a sud della città, le trasformazioni previste riguardano complessi edilizi dismessi o sottoutilizzati, anche di valore storico architettonico (originariamente caserme, attrezzature socio-sanitarie, scuole e convitti) assegnando una prevalente destinazione residenziale. Mi sembra necessario aggiungere qualche riferimento anche per quanto riguarda le infrastrutture per la mobilità. Sono aspetti che sono già stati ampiamente approfonditi in occasione dell’approvazione del Piano Strutturale e di conseguenza non ritengo necessario soffermarmi su un’elencazione particolarmente dettagliata. La selezione delle priorità da inserire nel Regolamento Urbanistico si è effettuata tenendo presente la decadenza quinquennale dei vincolo qualora non si pervenga all’approvazione in tale termine del progetto esecutivo. La previsione a livello conformativo è dunque stata inserita nel Regolamento quando le verifiche di fattibilità, sia sotto il profilo della soluzione progettuale che della copertura finanziaria, siano risultate positive per un orizzonte di breve-medio periodo. E’ confermato il posizionamento della Stazione dell’Alta Velocità ai Macelli, rimandando alla conclusione degli approfondimenti in corso l’individuazione degli interventi di adeguamento del nodo alle esigenze del Servizio Ferroviario Metropolitano e prevedendo comunque fin d’ora la realizzazione delle direttrici di penetrazione radiale Pistoiese-rosselli e Fortezza –Panciatichi destinate anche a migliorare l’accessibilità alla nuova stazione. Per quanto riguarda la tramvia sono state inserite le linee 2, 3 e 4 limitandosi a stralciare la tratta in sotterranea della linea 2 (compresa cioè fra la Stazione dell’Alta Velocità e il Lungarno Pecori Giraldi) per cui la messa a punto in termini di fattibilità si colloca ragionevolmente oltre il quinquennio. Per un’analoga motivazione è rinviato l’inserimento del Passante Urbano e cioè dell’ipotesi di completamento a nord-est del sistema di circonvallazione esterna della città. Trovano invece collocazione nel Regolamento Urbanistico quasi tutte le opere che il Piano Strutturale ha indicato come componenti del Semianello Nord e del Semianello Sud (fra cui il nuovo svincolo di Peretola, il sottoattraversamento del Sodo, il by-pass del Galluzzo, l’adeguamento di via delle Bagnese). Fra le altre infrastrutture viarie sono inseriti anche un ponte sul Mugnone (in corrispondenza di via Crispi) e, sullo stesso allineamento, un sottopasso ferroviario parallelo a quello dello Statuto, un sottopasso pedonale in via Vittorio Emanuele ed un sottopasso ferroviario in via Giuliani. Per quanto riguarda le piste ciclabili, dal punto di vista del Regolamento Urbanistico, occorre rimarcare la previsioni relative a quegli interventi che comportano un interessamento di suolo ulteriore rispetto a quello meramente stradale. In tal senso si individuano alcuni specifici interventi relativi a piste ciclabili che hanno rilievo sotto il profilo della disciplina dei suoli (Nenni-torregalli, lungo Ema, lungo Greve, Argingrosso, Brozzi-sala). Per quanto riguarda i parcheggi le principali previsioni inserite riguardano i parcheggi scambiatori di Peretola, di viale Nenni, di piazza Batoni, di viale Etruria, delle Due Strade, dell’Indiano-cascine, oltre a quelli a servizio di quartiere o di frazione localizzati a Settignano, Ponte a Mensola, Castello, Sorgane e Pratellino ed infine, in funzione della vivibilità del centro storico, quelli sotterranei di piazza del Carmine e di piazza Brunelleschi per i quali potrebbero rendersi necessari ulteriori approfondimenti progettuali durante la fase intercorrente fra adozione e approvazione. Mi sembra necessario aggiungere a questa descrizione sommaria, che inevitabilmente ha assunto la forma di un’elencazione, un’ulteriore osservazione di sintesi. Si è posto, in maniera ricorrente, anche molto recentemente, il tema della riqualificazione delle periferie. L’esigenza di pensare Firenze in un’ottica diversa da quella monocentrica, che vede il centro storico come unico contenitore per le funzioni più importanti, è un tema ricorrente nell’analisi e nell’elaborazione urbanistica del dopoguerra. E’ un tema che il Piano Strutturale ha affrontato prevedendo la suddivisione del territorio in Unità Organiche Elementari (le Utoe), intese come un sistema di nuove centralità diffuse. Vorrei sottolineare che le Utoe non sono state viste come semplici ambiti in cui verificare e dimensionare gli standard di attrezzature, bensì come ambiti in cui assicurare una qualità insediativa di tipo urbano. Che significa non soltanto operare alcuni aggiustamenti, peraltro necessari (ad esempio come dotazioni minime di verde o di parcheggi), ma di introdurre previsioni riferite agli spazi pubblici di relazione, come piazze o strade pedonali delle quali garantire un uso davvero sociale. Consideriamo che le Utoe che abbiamo individuato hanno una dimensione media di 30mila abitanti, quella cioè di una città italiana di dimensioni medio-piccole che in genere ha una sua identità e riconoscibilità grazie ad un sistema centrale caratterizzato da un mix di attrezzature pubbliche e di spazi aperti. Le nostre periferie, articolate in Utoe, sono dunque state considerate come tante centralità da sviluppare e consolidare: non solo in termini di quantità di spazi, ma anche in termini di qualità e correlazione degli spazi. Qualità intesa come un sistema di luoghi centrali, di nuclei ben identificabili, costituiti non soltanto da attrezzature e servizi, ma anche da vuoti, da spazi pubblici aperti. In estrema sintesi il quadro è questo. Prima di concludere, a nome dell’amministrazione, devo un riconoscimento e alcuni ringraziamenti. Il riconoscimento è indirizzato al Consiglio. Nel corso di questo mandato amministrativo si è rafforzata la convinzione, in maniera diffusa – credo di poter dire – fra tutti i consiglieri, che con la pianificazione urbanistica si varano decisioni che hanno un rango statutario e che dunque devono essere caratterizzate da un livello di partecipazione e condivisione il più elevato possibile. E’ una convinzione che ci ha portato, ad esempio, ad inserire nel Piano Strutturale molti emendamenti provenienti anche da gruppi che poi non hanno ritenuto di votare l’approvazione del Piano e mi auguro che altrettanto avvenga in sede di approvazione di questo Regolamento.. E voglio sottolineare il lavoro intenso che il Consiglio ha svolto per consentire l’adozione di oggi. E’ un riconoscimento che va in primo luogo al Presidente della Commissione Urbanistica, Mirko Dormentoni, che ha tenuto una regia estremamente efficace nel portare a sintesi con gli emendamenti e la mozione di Commissione i molti contributi emersi nel percorso di questi mesi, a tutti i Presidenti delle Commissioni e a tutti i consiglieri, anche a quelli che non fanno parte della maggioranza e che hanno dato contributi positivi formulando proposte non superficiali o evidenziando problemi. In 2 mesi abbiamo svolto, sul Regolamento Urbanistico e sul Regolamento Edilizio, 25 sedute delle commissioni consiliari, oltre a 10 incontri con i Consigli di Quartiere. A quest’ultimo proposito vorrei sottolineare che non si è trattato di semplici passaggi di informazione e consultazione in ossequio alla disciplina sul decentramento: i quartieri hanno confermato, come già era avvenuto per il Piano Strutturale, che in materia di politiche territoriali possono esprimere una grande capacità di analisi e di elaborazione. Ed ora i ringraziamenti. Questo Regolamento Urbanistico, come già il Piano Strutturale, è frutto esclusivo degli uffici comunali. Siamo probabilmente un caso senza precedenti, ed anche oggi unico per quanto mi risulta, in cui gli strumenti della pianificazione territoriale sono stati messi a punto senza ricorrere ad incarichi esterni, neppure a livello di consulenza. Si è trattato di un lavoro enorme per dimensione e complessità. Si può avere un’idea dell’entità di tale lavoro considerando che sono stati analizzati i dossier concernenti 258 piani attuativi e progetti unitari convenzionati, oltre 1000 documenti relativi alle aree di trasformazione ed oltre 500 relativi alle opere di urbanizzazione. Il quadro conoscitivo è stato integrato dalla ricostruzione delle segnalazioni dei cittadini, singoli ed organizzati, che, successivamente al 1998, hanno evidenziato inadeguatezze del Prg vigente. A queste si è aggiunta quella parte di osservazioni al Piano strutturale che, per loro natura, trattavano temi inerenti il Regolamento urbanistico. Complessivamente le richieste esaminate sono state 989. Una specifica campagna di indagini sul campo ha riguardato il centro storico Unesco. I tecnici comunali hanno percorso fisicamente tutte le strade interne alla cerchia dei viali, circa 90 km., censendo 6.387 edifici e scattando quasi 15.000 foto allo scopo di accertare le caratteristiche di ogni singolo immobile in relazione ai vincoli da confermare o modificare e svolgendo, nei casi più problematici, un confronto con la Soprintendenza. Ferma restando la responsabilità, e la ovvia dialettica politica sulle scelte operate, credo che la qualità tecnica del lavoro svolto insieme ad una straordinaria dedizione possa essere riconosciuta in maniera unanime. Un ringraziamento sentito va dunque in primo luogo alla dirigente del Servizio Pianificazione Urbanistica architetto Stefania Fanfani, in qualità di responsabile del progetto, all’ingegner Giacomo Parenti e al dottor Domenico Palladino che hanno assicurato la trasversalità dei contributi ed il coordinamento del procedimento, al dottor Pietro Rubellini, all’ingegner Vincenzo Tartaglia, all’architetto Elisabetta Fancelli e alla Dott.ssa Francesca Pascuzzi che, nell’ambito delle rispettive competenze per l’ambiente, la mobilità e l’edilizia privata hanno fornito gli indispensabili quadri di riferimento. E l’elenco dei ringraziamenti va esteso a tutti coloro – e sono davvero tanti perché quasi tutti i settori del Comune sono stati coinvolti - che, nei diversi ruoli e nelle diverse competenze, ci anno consentito di portare a termine quello che era uno degli impegni più importanti di questo mandato amministrativo. Vorrei concludere consegnando al Consiglio un’ultima riflessione. Si parla talvolta di fine della città. Ed in effetti è entrata in crisi un’immagine della città come si è tramandata fin dalla rivoluzione neolitica. Pensiamo alla città come laboratorio che produceva cultura. Oggi la città consuma cultura prodotta altrove in una comunità informatica che si autoalimenta. O ancora. Consideriamo le conseguenze della velocizzazione degli spostamenti delle persone. Ovviamente a questa si potrebbe contrapporre la congestione del traffico e i tempi di accesso dalle periferie ai centri che ancora caratterizzano molte città e i problemi che ancora caratterizzano i trasporti pubblici locali. Ma le tendenze di fondo sono probabilmente segnate. Pensiamo agli effetti del collegamento ferroviario Firenze-bologna in 30 minuti o Firenze-roma e Firenze-milano in 90. Certo: statisticamente interessano esigue minoranze, ma fanno intuire come all’orizzonte ci sia un progressivo venir meno della coincidenza fra chi usa la città e chi la abita. Nel caso di Firenze, ad esempio, il 40% degli utenti della città (pari a quasi 150mila presenze giornaliere) è costituito da non residenti. E’ una dissociazione questa che rischia di rompere quella premura comune per il destino della propria città: per quanto tempo ancora esisterà il fiorentino, il romano, il milanese?.... Dobbiamo averne timore, o tutto questo non si inscrive nella linea evolutiva? La “città senza mura” dei figli dei figli dei nostri figli sarà probabilmente una “città di città”: per definizione pluralista, inclusiva, multietnica, tollerante …., una rete, ed una “rete di reti”, esattamente il contrario di quella prefigurata da spinte localistiche espresse dalle varie leghe nel panorama europeo e italiano e che sono la recessione pavida ed egoistica di fronte ad un futuro in cui le frontiere avranno l’ampiezza del pianeta. Parliamo di un mondo che non è dietro l’angolo e magari qualche collega si chiederà cosa c’entra tutto questo con l’adozione del Regolamento Urbanistico. Credo che dobbiamo essere consapevoli che questa è la prima ma forse anche l’ultima volta che approviamo Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico del Comune di Firenze. La prossima volta potrebbero esserci Piano e Regolamento Urbanistico della città metropolitana e dopo ancora la città smart e integrata del futuro chissà cosa ci riserva…. Nel momento dunque in cui approviamo un disegno per la Firenze dell’oggi, un disegno realistico e fattibile come ho sottolineato, credo che a tutti noi sia chiesto lo sforzo di tenere lo sguardo e l’immaginazione proiettati sul domani. Citando Latouche il progetto architettonico è secondo rispetto al progetto urbano ed il progetto urbano è necessariamente secondo rispetto al progetto sociale: l’urbanistica non è un mero progetto tecnico, l’urbanistica sottende un’idea di convivenza, di modi di relazione, uno scenario di valori da elaborare e condividere con i cittadini. E’ anche questo, colleghi consiglieri, ciò che oggi votiamo. Regolamento urbanistico, il presidente Bieber (Pd): “Atto storico, un’idea di città del futuro con al centro l’individuo e i suoi bisogni” “Vivo ringraziamento all’assessore Meucci e l’architetto Fanfani e tutta quanta la direzione urbanistica per il prezioso lavoro svolto in tutti questi mesi. Oggi ci apprestiamo a votare un atto storico che disegnerà il futuro della nostra città per i prossimi anni, il terzo piano dopo quello di Detti e quello di Vittorini nel ’93”. Così il presidente della commissione Cultura Leonardo Bieber intervenendo sul nuovo regolamento urbanistico in approvazione al Consiglio. “Se la nostra città è diventata quella che è - aggiunge Bieber-, lo dobbiamo anche a scelte importanti di chi ci ha preceduto (è grazie a Detti, ad esempio, che le nostre colline sono state salvaguardate) e che ha avuto la consapevolezza e la forza di progettare e costruire il futuro non solo urbanistico, ma anche sociale di una città. E’ importante che il regolamento urbanistico utilizzi parole come chiave come ‘sostenibilità’, ‘mobilità alternativa’, ‘qualità della vita’, ‘verde pubblico’, ‘riqualificazione delle periferie’, ‘piste ciclabili’ e tanto altro ancora, in un ottica in base alla quale il rinnovamento è dentro la città che si deve rigenerare e non espandere. E’ un regolamento che coniuga la tutela e la valorizzazione del territorio con la domanda di lavoro con oltre 2000 posti di lavoro previsti e 60milioni di onere di urbanizzazioni per strutture pubbliche. Ho apprezzato il richiamo fatto dall’assessore Meucci alle banlieue parigine e che sintetizza un po’ la filosofia del regolamento, dove, nonostante il buon governo urbanistico, tali scelte non sono state sufficienti ad arginare tensioni sociali e culturali. L’urbanistica- conclude il presidente Bieber- non è soltanto una tavola architettonica fredda, ma anche una testa e un’anima: deve cioè tenere insieme un’idea complessiva di città che rimetta al centro del suo sviluppo un insieme di valori e di ideali, ma soprattutto l’individuo con i suoi bisogni e sue necessità”  
   
 

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