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Notiziario Marketpress di Martedì 27 Marzo 2007
 
   
  "IL FUTURO FERTILE". A TAORMINA FOCUS SU WTO E PAC CON L´INTERVENTO DEL COMMISSARIO FISCHER BOEL

 
   
  La platea del Forum di Confagricoltura si è misurata il 23 marzo con i temi più rilevanti per la competitività dell’agricoltura italiana ed europea, guardando con speranza e preoccupazione al prossimo Wto e alla futura verifica sulla Pac. “ L’agricoltura italiana - commenta Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura - si muove su uno scenario sempre più complesso e globalizzato, che vede la spinta di Paesi emergenti - dal Brasile, alla Nuova Zelanda - che tentano di aggredire il mercato alimentare europeo, ma anche di alcuni Paesi membri dell’Unione che premono per ridimensionare l’agricoltura europea. La verifica dello stato di salute della Pac, il prossimo anno, potrebbe gettare le basi per un sistema d’intervento in agricoltura del tutto diverso, dopo il 2013, che ridimensioni gli impegni e le politiche. Ma prima ancora potrebbe chiudersi un nuovo accordo sul commercio internazionale: e qui troviamo i grandi Paesi esportatori che chiedono il taglio delle tariffe doganali e dei sostegni agricoli, ma anche alcuni Paesi membri che spingono verso una sostanziale sforbiciata dei pagamenti agricoli, come elemento strategico per ridimensionare il bilancio comune. Senza contare che altri settori economici e sociali potrebbero avvantaggiarsi delle risorse della Pac. Se queste spinte prevalessero, il ruolo strategico della componente agricola, nei territori rurali, sarebbe gravemente compromesso. Per questo è importante che ciascuno, imprese, governo, parti sociali e, naturalmente, Ue, faccia la propria parte”. Di seguito i punti programmatici di Confagricoltura, in merito a globalizzazione e politica comunitaria. L’europa e il nuovo accordo internazionale sul commercio La questione dirimente è la reciprocità. L’unione Europea aveva presentato già prima della Conferenza Ministeriale di Hong Kong un’offerta negoziale che prevedeva il 39% di riduzione delle tariffe. Se si dovesse decidere di andare oltre tale livello, sarà necessario che anche gli altri Paesi più sviluppati diano segnali di corrispondente disponibilità. Una stima dell’Ocse quantifica in una somma compresa tra i 20 e i 37 miliardi di euro annui le perdite per gli agricoltori europei se così non fosse. E’ necessario inoltre non favorire quei prodotti ottenuti grazie alla mancanza delle più elementari forme di tutela della persona umana e dell’ambiente. In prospettiva futura, il negoziato multilaterale dovrà pure occuparsi di questioni che oggi non sono all’ordine del giorno, come l’impiego del lavoro minorile, le foreste abbattute in dispregio degli equilibri ambientali, la mancata tutela della biodiversità nonché degli standard tecnici dei processi di produzione, sempre più rilevanti per la competitività delle imprese sul mercato globale. Altra questione prioritaria è la tutela dei prodotti “a denominazioni d’origine”. Si teme la riduzione del sostegno all’agricoltura europea e l’apertura delle porte a prodotti d’importazione, senza alcuna tutela per l’export dei prodotti di maggiore qualità. Sarebbe una sconfitta cocente, non solo per gli agricoltori, ma anche per tutti coloro che ci hanno indicato la via della qualità, come l’unica soluzione percorribile per avere prospettive future. E a tale proposito: come mai l’Unione Europea non ha ancora imposto l’indicazione del Paese d’origine sui prodotti importati, come prevedono, obbligatoriamente, gli Stati Uniti? L’italia e le politiche agricole europee La Pac è garantita, nel quadro finanziario e nelle sue regole generali, sino al 2013, ma i pagamenti diretti al singolo agricoltore sono già stati ridotti negli ultimi tre anni, per gli effetti combinati della modulazione obbligatoria e per altri aspetti tecnici introdotti con la “revisione di medio termine”. Tra non molto, potrebbero essere applicate ulteriori riduzioni conseguenti all’allargamento a Romania e Bulgaria. L’appuntamento del prossimo anno sarà perciò tutt’altro che una partita facile e occorre arrivare preparati. Confagricoltura confida negli impegni assunti dalla Commissaria, sig. Ra Fischer Boel, che non intende destrutturare la riforma della Pac compiuta nel 2003, né rimetterne in discussione i principi e la dotazione finanziaria fino al 2013. Riforma che è certamente perfettibile e che deve essere pienamente applicata, anche per ridurre, se non annullare del tutto, il problema del mancato utilizzo di parte dei fondi destinati da Bruxelles ai pagamenti unici disaccoppiati. Su tale aspetto, il confronto in atto con il Ministero delle Politiche Agricole ha già prodotto un primo risultato in termini di alleggerimento dei vincoli al trasferimento dei titoli disaccoppiati; ora vanno introdotti quanto prima tutti i correttivi necessari. Occorrono poi assolute garanzie sul fatto che le nuove politiche del “secondo pilastro”, siano funzionali al ruolo produttivo che gli agricoltori svolgono in Europa ed ai compiti multifunzionali delle imprese, per dare ad esse dimensioni internazionali. Tutte le misure dei futuri Psr dovranno essere coerenti con questi obiettivi. E l’azione di indirizzo e coordinamento, del livello comunitario, come di quello nazionale, va attuata con efficacia. Pensiamo al grande filone delle bioenergie, che meriterebbe di avere risorse minimali vincolate, in coerenza con i nuovi obiettivi che il Consiglio Europeo di questo mese, a Berlino, ha fissato per i 27 stati membri. Ma occorre anche mettere in evidenza l’aspetto occupazionale. Delegare ai Paesi extraeuropei il compito di fornire ai consumatori - ed alle nostre industrie di trasformazione - materie prime alimentari, significa non solo rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti, ed ai contenuti intrinseci di qualità presenti nelle produzioni agricole europee, ma anche far venir meno milioni di posti di lavoro, prevalentemente riferibili alle aree meno prospere. Solo in Italia, parliamo, di qualcosa come due milioni di occupati, tra conduttori e dipendenti. Fra l’altro legare l’erogazione degli aiuti al dato occupazionale - oltre che ad una “componente storica”, che oggi è l’unico punto di riferimento - può rappresentare una spinta decisiva alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro. A beneficio della trasparenza e della qualità della vita nei territori rurali. Parliamo, ovviamente, delle imprese agricole che, proseguendo nella loro attività, sviluppano in ambito rurale processi economici di rilievo, in termini di acquisto di mezzi tecnici, impiego di servizi consulenziali o agromeccanici, gestione commerciale o industriale del prodotto. .  
   
 

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