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Notiziario Marketpress di Martedì 10 Giugno 2014
 
   
  LA CITTADINANZA DIGITALE E´ UN ARCOBALENO DI DIRITTI

 
   
  Trento, 10 giugno 2014 - Stiamo vivendo in un´epoca digitale con strumenti tecnologicamente molto avanzati segnata da una profonda dicotomia: i giovani se ne sono appropriati, mentre una platea enorme di popolazione, composta da adulti e anziani, la sta soltanto subendo. Si ravvisa un cambio epocale nel nostro Paese e la rete è vissuta come luogo d´incontro, di confronto, di scambio di idee. Quale strada deve intraprendere la classe dirigente, la Pubblica amministrazione, la scuola in questo contesto? Può mettersi in gioco senza la rete? Sicuramente no e un passo avanti in questo senso è doveroso farlo per creare “sense of community” e rendere i cittadini parte attiva del cambiamento sociale. Il mondo globale è fatto di spazi fisici, di spazi di rete online/offline, di social network, di siti web in cui vi è un costante intreccio ineludibile fra la dimensione reale e virtuale. La rete può essere foriera di nuovi spazi di opportunità, ma anche di potenziali rischi, di cui il soggetto deve essere a conoscenza ed assumersi la responsabilità di farsene carico. E qui entra in gioco il ruolo di Action Aid International Italia Onlus, il 31 maggio rappresentato da Marco de Ponte, che ha trasformato in uno dei suoi capisaldi la formazione/educazione al web e la lotta per l´affermazione e promozione dei nuovi concetti di smart city e di open government in grado di garantire forme di “open data” contro le diseguaglianze sociali e a sostegno della co-partecipazione attiva della cittadinanza, anche tramite il web, al governo di un territorio. “La logica operativa che si deve innestare nella società odierna – ha detto de Ponte – deve avere alcuni cardini su cui poggiare per un reale coinvolgimento civile: le informazioni sul web devono essere accessibili, comprensibili e con formati adatti e interattivi. Action Aid sta perseguendo questo indirizzo per far sì che il cittadino si senta in gioco, parte attiva del circuito sociale: ad esempio, un intervento di grande rilievo è stato compiuto in occasione dei terremoti in Abruzzo prima e in Emilia dopo. In quest´ultima regione abbiamo avviato l´esperienza “Open ricostruzione”, una piattaforma dove cittadini, istituzioni e aziende potevano mettere in comune e confrontarsi su tutte le azioni possibili per intervenire in soccorso al territorio violato dallo scisma. Poter condividere lo stato di avanzamento lavori, registrare i danni grazie alle segnalazioni dei privati, pubblicare foto inviate dagli smartphone dei residenti, ha lenito in parte il dolore agghiacciante provocato dal sisma e ha contribuito a far nascere nei cittadini emiliani un forte e indelebile “sense of community” che è progredito, in una seconda fase, con laboratori e workshop (sia online che dal vivo) per approfondire la normativa di settore per la richiesta di finanziamenti, di accesso a particolari contributi o azioni di solidarietà. Questo è solo un esempio – ha concluso de Ponte – per indicare quanto la rete nel ventunesimo secolo possa permettere la formulazione di soluzioni ai problemi in modo collaborativo e pro-attivo fra istituzioni e privati cittadini. Ma per farlo, occorre “popolare se stessi” sia in rete che negli spazi fisici sociali, non dimentichiamolo mai”.  
   
 

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