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Notiziario Marketpress di Mercoledì 28 Marzo 2007
 
   
  PROGETTO M.I.O.T.: NASCE IL PRIMO NETWORK DI CENTRI ITALIANI PER MONITORARE LE COMPLICANZE CARDIACHE NEI TALASSEMICI AVVIATO UN GRANDE STUDIO CLINICO PER VALIDARE L’INNOVATIVA METODICA CHE MONITORA L´ACCUMULO DI FERRO NEL CUORE DEI PAZIENTI CON ANEMIA MEDITERRANEA

 
   
  Milano, 28 marzo 2007 — Un progetto scientifico inedito, tutto italiano e tecnologicamente avanzato, per migliorare le prospettive di vita delle persone affette da anemia mediterranea, la malattia genetica ereditaria (chiamata anche thalassemia major o malattia di Cooley) che conta in Italia 5. 000 pazienti, oltre a circa 2. 000 affetti da altre forme di talassemia, un vero primato tra tutti i Paesi industrializzati. È il progetto M. I. O. T. (Myocardial Iron Overload in Thalassemia), che studierà per 3 anni 2. 000 talassemici, valutandone nei dettagli l´accumulo di ferro nel cuore e la fibrosi miocardica, mediante un’originale tecnica abbinata alla risonanza magnetica, definita T2* (Ti-due-star). Questa tecnica è l’unica che consente oggi di misurare in modo affidabile, rapido e non invasivo l´accumulo di ferro nel cuore. La T2* contribuisce a diagnosticare precocemente ciò che con un elettrocardiogramma o con ecografia cardiaca non si può vedere, se non quando la disfunzione è già in atto ed avanzata. In passato, non era possibile monitorare adeguatamente l´accumulo cardiaco di ferro: la formazione di fibrosi e la disfunzione del cuore comparivano, fatalmente, a compromettere la sopravvivenza del paziente. Oggi, il sistema di diagnosi e lettura dei risultati, messo a punto in esclusiva dal Cnr di Pisa, sarà utilizzato anche da altri da 7 centri italiani (Catania, Palermo, Cagliari, Reggio Calabria, Campobasso, Roma, Ancona), consentendo la valutazione dei talassemici distribuiti in diverse sedi della Penisola e in modo standardizzato per tutta Italia. I dati verranno centralizzati a Pisa, costituendo il più ampio database al mondo di pazienti con talassemia. Il progetto M. I. O. T. , motivo di orgoglio internazionale per la ricerca scientifica italiana, rappresenta un’esemplare collaborazione fra pubblico e privato, resa possibile dalla “task force” instauratasi tra il Cnr di Pisa, la So. S. T. E. (Società per lo Studio delle Talassemie ed Emoglobinopatie), la Fondazione Italiana Leonardo Giambrone e alcuni partner industriali, tra cui Chiesi, Schering e General Electric Healthcare. Al momento, partecipano all’iniziativa, oltre agli 8 centri di cardioradiologia, 35 centri ematologici di tutta Italia, già impegnati nella diagnosi e cura dei talassemici e che ora disporranno di un riferimento diagnostico importante per monitorare i loro pazienti. Il progetto prevede che questo numero possa aumentare in futuro. «Conoscere l´accumulo cardiaco di ferro è determinante - precisa il dr. Massimo Lombardi, coordinatore dello studio e Responsabile del Laboratorio di Risonanza Magnetica presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Pisa - per seguire nei dettagli un problema cruciale per la sopravvivenza dei soggetti talassemici e decidere, di conseguenza, la migliore terapia su base individuale. Abbiamo utilizzato una metodica non inedita, cui abbiamo aggiunto una modalità tecnologica creata appositamente dai nostri ingegneri e destinata alla corretta interpretazione dei dati, mettendola poi a disposizione dei pazienti che vivono in regioni distanti dalla Toscana, attraverso il network di 8 centri di cardioradiologia creatosi con il Progetto M. I. O. T. ». Il soggetto talassemico ha bisogno di continue trasfusioni per sopperire al difetto congenito di emoglobina, il pigmento che dà il colore rosso al sangue, ma che soprattutto ha il compito di trasportare l´ossigeno legato a molecole di ferro. La continua distruzione dei globuli rossi libera ferro, che va a depositarsi in vari organi, soprattutto nel fegato e nel cuore. È proprio la disfunzione cardiaca, legata ai depositi di questo metallo, a determinare la precoce mortalità dei pazienti. Per eliminare il ferro esiste un’apposita terapia, definita appunto ferrochelante. Viene tradizionalmente somministrata mediante infusione sottocutanea, molto lenta (dodici ore), di desferoxamina. La nuova disponibilità di terapie ferrochelanti per via orale (deferiprone) libera invece queste persone dalla schiavitù dell´infusione continua. «Il vantaggio per il paziente è enorme ­- spiega il prof. Aurelio Maggio, Direttore Unità Operativa di Ematologia Ii con Talassemia presso l’A. O. “V. Cervello” di Palermo - ma ci attendiamo anche benefici clinici sulla riduzione dei depositi di ferro. Lo studio M. I. O. T. Ci dirà se queste attese sono giustificate e ne preciserà esattamente i valori e le conseguenze terapeutiche. Vogliamo infatti portare queste diverse migliaia di pazienti a una vita normale e prolungata». Questo progetto avrà importanti implicazioni sull’approccio clinico al paziente: in particolare, consentirà di personalizzare la terapia sulla base delle condizioni individuali, soprattutto in rapporto alla quantità di ferro che si accumula nel cuore, aumentando l’aspettativa di vita. «Oggi i talassemici superano abbondantemente la quarta decade di vita, anche se pagano ancora il prezzo degli anni in cui non si avevano terapie ottimali», riferisce il prof. Andrea Barra, Consigliere della Fondazione Italiana Leonardo Giambrone, l´Associazione che rappresenta i pazienti e si impegna attivamente per incentivare tutte le iniziative che ne migliorino l’esistenza e le prospettive di benessere. «Un talassemico che nasce oggi trova una risposta concreta nei progressi fatti nel trattamento della malattia. Grazie al Progetto M. I. O. T. , nel quale la Fondazione ha profondamente creduto fin dall’inizio, i pazienti avranno finalmente 8 centri cardioradiologici di riferimento, dove potranno essere monitorati in modo continuo e senza disagi». L´italia conta circa 7. 000 persone affette da talassemia, più un numero di portatori sani stimato intorno ai 2 milioni: da due genitori portatori del tratto talassemico esiste 1 possibilità su 4 che nasca un figlio malato. Le maggiori concentrazioni di malati e portatori in Italia si trovano in Sardegna, in Sicilia e nel delta del Po. In alcune regioni 1 coppia ogni 270 è a “rischio” di procreare bambini malati. Lo screening dei portatori e la diagnosi prenatale, quindi, che costituiscono il cardine per la prevenzione primaria della malattia devono, oggi, essere necessariamente accoppiati con il controllo delle complicanze attraverso un attento monitoraggio dei danni d’organo dovuti al sovraccarico di ferro (prevenzione secondaria), al fine di ottenere una normale sopravvivenza in questi pazienti in attesa di una cura definitiva. .  
   
 

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