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Notiziario Marketpress di Giovedì 25 Settembre 2014
 
   
  LE TENTAZIONI DI SANT’ANTONIO ABATE IL RITORNO A GENOVA DI UN CAPOLAVORO

 
   
  Genova, 25 settembre 2014 - Dopo l’anteprima per il pubblico in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, in cui oltre 2000 visitatori sono stati affascinati dalla singolarità e qualità dell’opera, il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Liguria, Maurizio Galletti il Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Liguria, Andrea Muzzi il Direttore della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Farida Simonetti presentano ufficialmente la tavola raffigurante Le tentazioni di sant’Antonio Abate, tradizionalmente attribuita a Pieter Brueghel il Giovane, una delle più celebri opere delle storiche collezioni genovesi, documentata nella seicentesca dimora di Francesco Maria Balbi, che, grazie alla sensibilità e generosità dell’attuale proprietario, sarà eccezionalmente esposta, fino al 31 marzo 2016, nelle sale della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola. Non più comparsa al pubblico dopo una mostra genovese nel 1946, potrà nuovamente essere ammirata e colpire i visitatori, come avvenne nel passato a tutti i più raffinati eruditi e soprattutto, nel 1845, a Gustave Flaubert, che da quella fu ispirato per la sua opera teatrale La Tentation de Saint Antoine, pubblicata nel 1874. Ma per un anno sarà anche a disposizione degli studiosi per effettuare indagini sulla tecnica esecutiva dell’autore, approfondire ricerche storiche sulla provenienza nella storica collezione genovese, sciogliere i misteriosi contenuti iconografici. Un’opera esemplare della straordinaria cultura internazionale cinquecentesca, proposta dalla Galleria Nazionale di Palazzo Spinola per il pubblico internazionale di Expo 2015. La tavola raffigurante le Tentazioni di sant’Antonio Abate risulta citata all’interno dell’importante quadreria raccolta nel palazzo genovese di Francesco Maria Balbi (1619-1704), sito nella omonima strada, dallo storiografo e pittore Carlo Giuseppe Ratti, il quale nel 1766 descrisse nella galleria della maestosa dimora “una tavolina del Brughel, che con ammirevole diligenza vi ha figurata una tentazione di S. Antonio Abbate”. Poco tempo dopo (1780), lo studioso segnalò ancora il dipinto, “diligentissimo lavoro del Brughel”, nella medesima collocazione. Negli stessi anni la tavola fu più volte citata in numerose guide francesi che riportarono l’ormai consueta attribuzione al Brueghel. Nel 1847 Federigo Alizeri ricordò la “bizzarra composizione del Brueghel soprannominato l’Inferno dal genere de’ suoi dipinti” nuovamente nella galleria, dove la segnalò in seguito anche una Guida pubblicata nel 1870, e, ancora, lo stesso Alizeri nel 1875. Quest’ultimo studioso propose di correggere la paternità che corredava in precedenza l’opera, genericamente indicata nelle fonti più antiche come del “Brueghel”, avanzando una più precisa attribuzione a Pieter Brueghel degli Inferni - ovvero Pieter Brueghel il Giovane (Bruxelles, 1564 - Anversa, 1639) -, figlio di Pieter Brueghel il Vecchio e fratello di Jan Brueghel dei Velluti. Tale riferimento venne ripreso in varie pubblicazioni successive e ampiamente confermato in occasione della Mostra della pittura antica in Liguria dal Trecento al Cinquecento allestita presso le sale del Palazzo Reale di Genova nel 1946, ultima occasione in cui il capolavoro fu esposto al pubblico. In seguito alla divisione dell’antica quadreria di Francesco Maria Balbi, attuata per motivi ereditari tra gli anni Sessanta e Settanta del Xx secolo, l’opera venne allontanata dalla dimora genovese di via Balbi per passare a Roma presso una collezione privata. La tavola è stata identificata nel dipinto citato da Gustave Flaubert in una lettera inviata a Mlle Leroyer de Chantepie il 5 giugno 1872 e visionato dallo scrittore francese in occasione di una sosta a Genova durante il viaggio in Italia affrontato nel 1845 in occasione del viaggio di nozze della sorella. Già in occasione della sua apparizione alla mostra allestita a Genova nel 1946 venne svelato il rapporto esistente tra la tavola appartenuta alla collezione di Francesco Maria Balbi e il capolavoro di Flaubert La Tentation de Saint Antoine, edito nella sua stesura definitiva nel 1874. Gustave Flaubert, nella lettera sopra menzionata, ricordò che “au mieu de mes chagrins j’achève mon Saint Antoine, c’este l’oeuvre de totute ma vie, puisque la première idée m’en est venue en 1845, à Genes, devant un tableau de Breughel, et depuis ce temps-là, je m’ai cessé d’y songer et de faire des lectures afférentes”. Fu dunque il quadro allora nel palazzo di via Balbi a colpire profondamente la sensibilità dell’artista, come dimostrano con chiarezza le ulteriori frasi estrapolate da una sua lettera spedita da Milano il 13 maggio 1845 ad Alfred Le Poittevin, personaggio a cui dedicherà trent’anni dopo la sua opera: “un tableau de Breughel représentant la Tentation de Saint Antoine, que m’a fais penser à arranger pour le théâtre la Tentation de Saint Antoine; mais cela demanderait un autre gaillard que moi. Je donnerais bien toute la collection du Moniteur si je l’avais, et 100.000 francs avec, pour acheter ce tableau-là, que la plupart des personnages qui l’examinent regardent assurément comme mauvais”. Le moderne proposte attributive - Dai primi anni Cinquanta del Novecento le Tentazioni di sant’Antonio Abate della quadreria Balbi Piovera furono sottoposte ad un attento esame da parte della critica, abbastanza concorde nel ritenere non del tutto corretta la precedente attribuzione a Pieter Brueghel il Giovane, riferimento modificato a favore del fratello Jan Brueghel oppure di Pieter Huys o dell’esecutore del dipinto con la Parabola del figliol prodigo (Vienna, Kunsthistorisches Museum) denominato convenzionalmente “Maestro del Figliol prodigo”, identificato da una parte della critica con Teodoro De Holanda. Circa la tradizionale attribuzione a Pieter Brughel il Giovane, le opinioni espresse di recente suggeriscono diverse proposte di ricerca, da un’esecuzione dell’affascinante tavola da parte di un pittore anversano attivo in Italia negli anni Settanta del Cinquecento, all’intervento del pennello di Jan Mandijn (Haarlem, 1500 ca. - Anversa 1559), artista considerato uno dei protagonisti della produzione pittorica nordica del pieno Rinascimento, collocandosi come stretto seguace di Bosch, dal cui linguaggio si distaccò per una resa ancor più visionaria delle fantasiose figure. Nelle figure disposte in primo piano è stata ipotizzata anche la presenza della mano di Marten De Vos (Anversa, 1532-1603), proposta che porterebbe a una collocazione cronologica delle Tentazioni di sant’Antonio Abate nei suoi anni giovanili, ossia dopo il soggiorno italiano dell’artista.  
   
 

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