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Notiziario Marketpress di Lunedì 24 Novembre 2014
 
   
  CORTE DI GIUSTIZIA UE, DANNO AMBIENTALE: RESPONSABILITÀ OGGETTIVA DEL PROPRIETARIO DEL SITO INQUINATO ?

 
   
   Lussemburgo, 24 novembre 2014 - La direttiva 2004/35/Ce sulla responsabilità ambientale si basa sul principio «chi inquina paga». Non sono a carico dell’operatore i costi delle azioni di prevenzione o di riparazione se egli può provare che il danno è stato causato da un terzo. Il decreto legislativo n. 152/2006 obbliga soggetti pubblici e privati a tutelare l’ambiente mediante un’adeguata azione, informata ai principi della precauzione e dell’azione preventiva, della correzione dei danni causati all’ambiente e del «chi inquina paga». Prevede che l’amministrazione, dopo la scoperta della contaminazione di una superficie, diffidi il responsabile o adotti gli interventi necessari alla messa in sicurezza, nei casi in cui il responsabile della contaminazione non sia individuabile e non provveda il proprietario. La Fipa Group S.r.l., la Tws Automation S.r.l. E la Ivan S.r.l. Hanno acquistato alcuni terreni che erano, in precedenza, di proprietà del gruppo Montedison, nel sito di interesse nazionale «Massa Carrara». Essi presentano un elevato grado di inquinamento che non è stato causato dalle succitate società. Sembra trattarsi invece della conseguenza di contaminazioni imputabili ancora al gruppo Montedison. L’amministrazione competente ha preteso dalle società, quali proprietarie dei fondi, l’attuazione di determinati interventi di sicurezza d’emergenza. Alla Montedison, indicata responsabile della contaminazione, è stata richiesta l’adozione delle medesime misure. Il Tar Toscana – su ricorso delle società – ha revocato le misure. L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato è chiamata ora a pronunciarsi sul ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Ambiente contro le tre sentenze. Il Consiglio di Stato chiede alla Corte di giustizia se il Trattato e la direttiva ammettano disposizioni nazionali che non consentano all’autorità amministrativa (in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile o di ottenere da quest’ultimo le misure di sicurezza d’emergenza e di bonifica) di imporre l’esecuzione delle misure al proprietario non responsabile, prevedendo, a suo carico, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica. Il governo italiano ritiene che il principio «chi inquina paga» fondi una responsabilità oggettiva delle imprese proprietarie di terreni utilizzati per fini industriali per le contaminazioni dei suddetti fondi. Esse trarrebbero dal fondo l’utilità economica e sarebbero pertanto responsabili di tutti i rischi che ne derivano. Non sarebbe pertanto necessario accertare se essi abbiano causato o meno la contaminazione. L’avvocato generale propone alla Corte di rispondere alla domanda del Consiglio di Stato nel senso che i principi dell’Unione europea in materia ambientale ammettono una normativa nazionale che, in caso di accertata contaminazione di un sito e di impossibilità di individuare il soggetto responsabile o di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa di imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza al proprietario non responsabile dell’inquinamento, ma preveda a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica. L’avvocato generale ritiene infatti che l’aver causato i danni ambientali è il presupposto degli obblighi indicati nella direttiva a carico delle persone fisiche o giuridiche. Il principio «chi inquina paga» non significa invece che l’operatore sia tenuto a sostenere oneri collegati con la riparazione di un danno ambientale di cui non sia responsabile. I meri proprietari di fondi danneggiati che non hanno causato il danno non svolgono alcun ruolo nel sistema della direttiva sulla responsabilità ambientale e la direttiva non trova alcuna applicazione nei loro confronti. Alcune traduzioni della «seconda» sentenza Erg, C-379/08 del 9 marzo 2010 (v. Comunicato stampa n. 25/10) sembrerebbero attestare che, in circostanze eccezionali, la direttiva consentirebbe all’autorità competente di chiedere ai proprietari non responsabili di realizzare essi stessi le misure di riparazione. Si deve tuttavia ritenere che la Corte non abbia in tal modo inteso accertare gli obblighi dei proprietari, degli utenti o dei concessionari di terreni in quanto tali, ma si sia riferita agli operatori ai sensi della direttiva sulla responsabilità ambientale che svolgono sui terreni interessati attività economiche. Tutte le altre versioni linguistiche della sentenza infatti, in particolare l’originale in francese, l’unico ad essere stato discusso dai giudici partecipanti, e la versione italiana vincolante, utilizzano la nozione di operatore [1] allo stesso modo della direttiva.  
   
 

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