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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 25 Febbraio 2015 |
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VARESE TESSILE: IL DISTRETTO RESISTE NEGLI ANNI DELLA CRISI, PERSE OCCUPAZIONE E IMPRESE. IL SETTORE PERÒ SI CONFERMA PECULIARITÀ DEL TERRITORIO
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Varese, 25 febbraio 2015 - L’analisi della Camera di Commercio evidenzia un dato chiaro: nonostante la perdita in imprese e occupazione esplosa con l’avvio della crisi nel 2008, il tessile è ancora un settore che connota il sistema economico varesino. La conferma viene dai numeri: sul nostro territorio questo settore, considerando la sola produzione di tessuti e filati senza l’abbigliamento e la moda (oggetto di un prossimo approfondimento, ndr), presenta infatti un indice di specializzazione molto elevato a livello lombardo, pari a 245. Questo vuol dire che, considerando come indicatore quota 100 su base regionale, in provincia di Varese ci sono 245 addetti nel tessile. Un indice che evidenzia la concentrazione sul nostro territorio di un distretto che sta resistendo con forza e determinazione alla crisi. «I dati del Registro Imprese tenuto dalla Camera di Commercio evidenziano le difficoltà di un settore – sottolinea il presidente Renato Scapolan – che da anni lotta fino allo stremo delle sue forze. La crisi però non ce l’ha portato via! Le imprese stanno resistendo, soprattutto quelle che hanno potuto puntare sulla capacità di essere parte di una supply chain internazionale e sull’innovazione, grazie anche a strutture di ricerca ad alto livello come il Centro Tessile Cotoniero di Busto Arsizio. Un settore quindi in profonda trasformazione, alle prese con difficoltà rilevanti, ma che non ha perso di importanza. Questo perché ci sono la caparbietà degli operatori e una grande patrimonio di competenze che stanno permettendo al tessile di confermarsi settore strategico per il sistema Varese». Entrando nel dettaglio del dossier pubblicato su Osserva, portale statistico della Camera di Commercio, scopriamo che nelle 882 imprese del settore ci sono tuttora 8.828 addetti, il che equivale a quasi il 10% del totale degli occupati nel manifatturiero varesino. Una parte importante del tessile in provincia di Varese è poi ancora rappresentata dall’artigianato, con il 44,5% delle unità locali. Resta la consapevolezza dei profondi mutamenti che, nel tempo, hanno caratterizzato questo settore, alle prese con trasformazioni di scenario molto rilevanti. Questo, in primis, per via della concorrenza dei Paesi emergenti e, poi, per i fenomeni di delocalizzazione che hanno avuto ripercussioni importanti sulle imprese (-21% tra 2008 e 2013) e sulla forza lavoro (-25% negli stessi cinque anni). Tale decremento non ha però avuto conseguenze sulla competitività delle nostre imprese sui mercati internazionali. Le esportazioni, dopo un calo nel 2009, hanno ripreso a crescere: ogni 100 euro importati, se ne esportano 205. Questo genera un saldo ampiamente positivo delle bilancia commerciale: considerando l’ultimo dato annuale disponibile (2013), il tessile varesino, se importa per 239 milioni di euro, esporta per 490 milioni. Dati che sono comunque destinati a migliorare ulteriormente, stante le cifre provvisorie relative al 2014, che parlano di un incremento del 7,5% nel periodo gennaio-settembre messo a confronto con gli stessi mesi dell’anno precedente. Un risultato ancor più significativo alla luce di un calo, seppur moderato, dell’export complessivo varesino in quei trimestri. Quali sono allora i nostri prodotti più apprezzati a livello internazionale? Al primo posto ci sono i tessuti a maglia (81 milioni di export nel 2013), seguiti dalla biancheria per la casa (37 milioni) e dai cosiddetti tessuti non tessuti (35 milioni), come i prodotti destinati all’edilizia per allestire o ricoprire soffitti e controsoffitti, ma anche alla sanità, è il caso per esempio di particolari camici chirurgici sterili, e all’agricoltura, come i teli per proteggere le piante. Sono comunque in forte e interessante crescita, anche per le imprese varesine, le opportunità offerte dal mercato dei tessuti non tessuti (box a seguire, ndr). I “Tessuti non Tessuti”: un Mercato Interessante per Varese - La Camera di Commercio e il consorzio varesino per l’internazionalizzazione Provex hanno realizzato un’approfondita analisi sul commercio mondiale dei “Tessuti non Tessuti”. L’interesse nasce dalla fatto che questo comparto offre alcuni dei prodotti maggiormente esportati dalle nostre imprese: studiarne le dinamiche a livello globale è quindi utile anche agli esportatori varesini. Dopo il picco negativo del 2009 (6,9 miliardi di euro di commercializzazione in tutto il mondo), il comparto dei “Tessuti non Tessuti” ha evidenziato una crescita molto intensa (+11,7%) nel periodo 2010-2013, fino ad arrivare agli attuali 10,5 miliardi di scambi. Tra i produttori ed esportatori di questo prodotto si afferma una forte specializzazione della triade Germania, Stati Uniti d’America e Cina che copre il 42% del mercato. Inoltre i primi 10 competitor coprono il 72% del commercio e l’Italia è il 4° Paese esportatore di “Tessuti non Tessuti” con una quota pari al 7,8% del commercio mondiale (pari 821milioni di euro). Rispetto alle quote di mercato tra il 2000 e il 2013 il Giappone ha quasi dimezzato la propria presenza sul commercio mondiale (da 8,4% a 4,6%). Anche i produttori tradizionali europei e statunitensi, stanno perdendo quote e, tra questi, l’Italia registra l’arretramento più evidente (da 11,1% a 7,8%), per gli Usa le perdite sono meno consistenti (da 16% a 13,9%) e la Germania sembra reagire meglio alla concorrenza (perde solo lo 0,9 della propria fetta di export). Nel frattempo la Cina avanza: da una quota del 2,3%, i cinesi arrivano a coprire il 13,8% del mercato mondiale affermandosi come leader mondiale in termini di volumi (insieme a Germania e Usa). Su scala decisamente più ridotta, guadagnano segmenti di mercato i produttori di Turchia, Repubblica Ceca, Spagna e Brasile. Tra gli importatori cresce, invece, il peso dei mercati dell’Est Europa (Polonia, Russia, Repubblica Ceca); Cina e India (tra gli altri Paesi Brics); mentre iniziano ad avere numeri interessanti i mercati di Vietnam, Turchia, Egitto e Arabia Saudita. I “Paesi Emergenti” molto spesso non rappresentano il mercato finale del prodotto ma costituiscono un polo di lavorazione della filiera. |
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